Scritti di Carlo Carlevaris (4)


Uno scritto pubblicato su Itinerari nel marzo 1999.

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Il superfluo è ciò che è in più, il non neces­sario, ciò di cui si può fare a meno, che in realtà non serve più: può persino essere di ingombro, può anche infastidire, da buttare.

La classe operaia e il movimento operaio

Per molte persone, paiono essere superflui, non contano. non servono, infastidiscono; certo se ne può fare a meno.
“Ognuno per sé. Dio per
tutti quelli che ci credono”.
Come proporre la militanza se non è più di moda? Se non si crede più ai partiti, al sindacato?

La Chiesa

Un tempo per molti era un avver­sario da battere perché alleata di altri nemici. Per alcuni era lo spazio unico, privilegiato, un rifugio e la sicurezza.
Ora è un’istituzione forte,
ricca, rappresentativa. Il suo capo, il Papa, radu­na folle oceaniche.
Padre Pio “salva la pace”, cosparge di miracoli la società.
E la gente la domenica va in montagna, si sposa in municipio, anzi non si sposa più.
La pri­
ma Comunione è la festa della “sposina” e il funerale è l’occasione per reincontrare amici e parenti che non si vedevano più.
E la fede…? E le sue leggi morali…? E le nor­me del magistero…?
“Forza dell’istituzione, debolezza della fede”. Sarà un “superfluo” anche la Chiesa?

I preti operai

“Gli operai non ci sono più”, dice qualcuno. Forse anche loro sono superflui. Almeno sono innocui.
Lavorerà solo più il 20% della popola­
zione. E gli altri?
I preti operai sono sempre stati superflui per la Chiesa ufficiale, che ora li guarda estinguersi senza rammarico.
Si torna alla parrocchia; torna ad essere “mediatore” anche chi non credeva nella “mediazione.
Non hanno “figli”… qualcuno prende moglie… “non c’è più religione”, dicono i ben­pensanti.

Mi chiedo se anche i preti operai sono superflui.
Se guardo me… qualche volta ho l’impres­sione di esserlo: ma non voglio essere super­fluo.
Non mi considero superfluo…

… quando penso che non sono solo: ci siete voi, ci sono molti amici, c’è la gente con cui fac­cio cammino e il compagno che mi riconosce per strada e ricorda allora… “ti ricordi, Carlo?”.
So anche che il Signore non mi considera superfluo: sono io che non devo esserlo.
Devo trovare un mio spazio per non esserlo:
– uno spazio dentro di me: rinnovare la mia fede che è messa in crisi dagli avvenimenti:
– uno spazio nella mia ricerca di senso nella
vita della gente.

Mi rendo conto:
– che il mondo della nostra vita è profonda­mente trasformato;
– che gli schemi interpretativi del passato non sono più sufficienti: devo trovare altre analisi della situazione, altre soluzioni del conflitto sociale.

Quali contenuti alla lotta?

Rinunciare a qualcosa, a qualche diritto per condividere quello che ho?
Questa ricerca devo farla con tutti, ma credo ancora una volta che devo farla con i più deboli, con i poveri di oggi.
Non so se ne sarò capace, se saremo capaci.
Resistere e sognare nel tormento di oggi è difficile, è possibile, è necessario.

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Non vogliamo essere un superfluo;
forse nessuno è superfluo fin quando è capace a trovare motivi per sognare.

Carlo Carlevaris


 

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