Il Vangelo nel tempo (2)


 

Ci siamo concentrati nell’ultimo anno sul tema della salvaguardia del creato. È stato oggetto del convegno del 2017 e come credenti ha un riferimento importante nell’enciclica Laudato si’ . l’importanza del tema e la sua gravità non sono una novità. Alcune riflessioni.

  1. Anche di fronte a questo problema, ci siamo rivolti anche alle Scritture per cercare una pista di analisi e di interpretazione. Perché? Possiamo trovare fra le righe del testo sacro una risposta? Abbiamo evitato gli scogli del concordismo e del fondamentalismo: le Scritture non si pongono questo problema. Ma allora a cosa ci servono le Scritture?

  1. Ma perché ci rivolgiamo alle Scritture? Cosa andiamo cercando in esse? La Bibbia è “parola di Dio”, diciamo, ma in che senso?

Il genitivo “di Dio” può significare che Dio parla e quindi è lui il soggetto che agisce. Dio parla (viene chiamato genitivo soggettivo). Ma può anche significare che noi ascoltiamo quello che Dio dice e che è espresso nelle sue parole: siamo noi che ascoltiamo le sue parole (genitivo oggettivo). A questa proposta noi rispondiamo con la fede: è un sapere che ha per oggetto Dio e una fede che appartiene al credente. Parola di Dio è in tutti e due i sensi, ma sempre deve essere decodificata. Ecco cosa dice la costituzione Dei Verbum.

Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Questa economia della Rivelazione comprende eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto. La profonda verità, poi, che questa Rivelazione manifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la Rivelazione.” (n.2)

Dio che parla lo fa in eventi e parole intimamente connessi così che le opere compiute da Dio manifestano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto.
Questo sapere che ne deriva è legato necessariamente alla fede, al credere e il credente ha il compito di svelare il senso profondo contenuto in queste opere e parole di Dio.
Quel “in principio” che sta all’inizio delle Scritture ci obbliga a farlo diventare “in profondità”, come dice Angelo e a svestirlo delle ambiguità che la parola stessa trasmette, se letta con gli occhi del concordismo e del fondamentalismo.

Che cosa ci trasmettono le opere e le parole contenute nelle Scritture? A mio avviso non eventi storici nel senso moderno del termine e nemmeno leggi e precetti. Ci trasmettono il compito di interpretare, trovare il senso profondo, far emergere il significato e la comprensione della vita che contengono. Ci trasmettono la autocomprensione di un popolo, la sua identità e il suo destino. Rileggere quelle parole, alla luce della fede, ci permette di comprendere di nuovo la nostra storia e di investigarne il suo significato. Non negli eventi sta quello che Dio ci comunica, ma nel processo di interpretazione che il credente e la comunità dei credenti mettono in atto, affidandosi alla certezza che Dio si interessa all’umanità e che questa Gli sta a cuore, tanto da inviare il suo Figlio come messaggero fidato. La vita degli uomini è cara a Dio: questo è il messaggio che troviamo nelle Scritture e quindi diventa il filtro di lettura di ogni pagina.

Sto rileggendo in questi giorni l’Odissea. Mi chiedo: che differenza c’è fra gli eventi narrati in quel libro e quelli della Bibbia? Dal punto di vista del riscontro storico, le differenze sono poche: nella Bibbia possiamo trovare qualche riscontro storico in più, specie nella storia di Gesù. Ma in essa è il narratore che propone la sua visione dei fatti e li interpreta. Il credente sa che nelle Scritture trova la proposta di Dio sulla sua storia e su quella del creato e a quella si affida non per la verificabilità dei fatti narrati. È certo che la narrazione gli comunica una verità che lo trascende. È un affidarsi soggettivo, motivato dalla fede, che in quegli scritti è contenuto il progetto di Dio sulla storia: le narrazioni invitano a condividere un progetto di affidamento a Dio e alle verità che il credente trova nel racconto.

Ad esempio:

  1. I primi 11 capitoli della Genesi sono ormai da tutti classificati come narrazioni di miti: il loro senso non è narrare cosa è avvenuto, ma quale senso ha l’inizio dell’universo. Ci racconta che la vita è ciò che Dio vuole, deve essere sempre valorizzata. Lo dice proponendo immagini e storie pescate anche da altre culture: trovare in quei miti norme o leggi di valore universale è deviante.

  2. I libri storici della Bibbia non raccontano eventi, prima di tutto, ma riletture ampliate e finalizzate a esprime la volontà di Dio di proteggere il debole e l’indifeso che a Lui si affida. Sono prima di tutto interpretazione soggettiva di chi vuole esprimere l’idea che Dio guida la storia anche contro i potenti. È il punto di vista del narratore che continua a leggere la storia insignificante di un popolo e che dà il marchio divino a fatti poco verificabili.

  3. Ancor più i libri profetici sono letture fatte con l’occhio di chi crede che la sua storia sia la storia della vita che Dio intende salvaguardare, anche quella dei deboli. L’esilio diventa una punizione, il ritorno in patria una ricompensa divina: tutto viene letto con queste due chiavi interpretative e tutto diventa un invito al popolo perché rispetti i precetti di Dio funzionali in quel momento per la sua identità.

  4. La narrazione del Nuovo Testamento è una dichiarazione della necessità di superare una religione codificata in norme e leggi che ingabbiano gli uomini. Dio non le vuole e la testimonianza di Gesù, espressa nei suoi atti e nelle sue parole arrivate a noi sempre interpretate, è la chiara volontà a superare ogni regola e a osservare solo della legge che impone di salvaguardare la vita degli uomini, delle donne e di tutto il creato. Gesù che risorge è il modo di dire che Dio vuole la vita anche dove gli uomini hanno portato la morte.

  5. Il tema della fine dei tempi è un altro argomento che dimostra come si tratta sempre di interpretazioni dettate dalle circostanze contingenti. Paolo dice che la fine viene subito (I Tessalonicesi); poi siccome questa non viene, si adatta e cambia (II Tessalonicesi.). L’idea di fondo è sempre la certezza che tutto è nelle mani di Dio che vuole la vita e che invita tutti a salvaguardarla.

  6. Il libri sapienziali sono una continuazione di questa lettura soggettiva per cui la storia del mondo ha un senso e gli uomini la ricercano continuamente. Ancora una volta quel “ in principio” diventa “in profondità”.

  7. Quindi le Scritture non sono una raccolta di eventi narrati e documentati e nemmeno un codice di leggi morali. Sono riflessioni e impressioni di coloro che credono che il creato e la storia degli uomini abbiano un senso. I vari libri sono una continua riscrittura di questa idea di fondo e anche il lettore di ogni tempo è chiamato a proporre la sua riscrittura. Dentro le storie della Bibbia si trova anche la storia di ciascuno di noi e tutti. È “parola di Dio” questa? Sì, per coloro che credono che ci sia un “profondo senso” della vita che ci è stata data e il senso non dipende da noi, ma è suggerito da un Dio definito sempre in maniera diversa nei vari libri della Bibbia. Oserei dire che la lettura sapienziale, che alcune pagine della Bibbia ci offrono, è un modo per superare i libri della legge e quelli dei profeti. Il credente legge le Scritture e vi trova in controluce la sua storia. Scopre che lo attende un finale personale e universale che solo colui che dà senso alla storia gli potrà dare. È la fiducia in questo Dio alla base, è credere che l’universo ha un senso e decidere, con le nostre scelte, di opporsi alla forze distruttive che si oppongono a questa vita. La lettura delle Scritture ci offre un metodo di lettura dei problemi dell’oggi.

  8. Nella Bibbia quindi non vanno cercate leggi di comportamento. Il problema della salvaguardia del creato, di cui non si parla nella Bibbia, (come non si parla della bomba atomica, del fine vita personale o della contraccezione ecc.) è uno dei tanti problemi che è affidato alla ragione e alle valutazioni del credente e di ogni uomo. Dio vuole la vita, dicono le Scritture, e anche se gli uomini producono morte con le loro decisioni, Dio sarà più grande. Il grande rischio del XXI secolo, che ci chiama alla responsabilità oggi, è quello di distruggere il creato e rendere la vita impossibile: tutto ciò dipende dalle scelte che gli uomini faranno. Il credente non ha suoi progetti: si unisce a tutti coloro che, anche per certezze che esulano dalle sue, vogliono che la vita continui sulla terra e pongono la salvaguardia del creato come decisione ineludibile.

Giancarlo Pianta


Share This