Testimonianze



Dalla Francia, una testimonianza di resistenza della durata di una vita intera.
Ce l’ha raccontata con estrema semplicità Aldo Bardini, durante il nostro ultimo convegno nazionale (Salsomaggiore 1992).

 

Io non sono prete: ho fatto i miei studi a Parigi nel seminario della Missione di Parigi, terminando la teologia negli anni ‘50. Dopo, aspettavo l’ordinazione sacerdotale: mi hanno chiesto di andare in parrocchia, ma mi sono rifiutato e sono andato subito a lavorare con i miei compagni.
È poi arrivata da Roma la condanna dei pretioperai nel ‘54, e il seminario della Missione di Parigi è stato chiuso: c’erano una ventina di seminaristi che dovevano ricevere il sacerdozio e non hanno mai potuto riceverlo.
I PO erano ottanta – ottantacinque: metà ha ubbidito, l’altra metà non ha voluto sottomettersi. Io sono sempre stato tra questi ultimi.
Nella mia fabbrica c’erano già due PO; io ero diacono, ma ero considerato dai miei compagni di lavoro come un preteoperaio, e anche dopo la condanna sono sempre stato considerato tale: un preteoperaio.
Uno dei miei compagni ha sofferto molto per questa condanna, tanto che ne è morto: era un amico formidabile. Il suo vescovo non l’ha capito, la sua famiglia non l’ha capito.
Tre giorni dopo la sua morte, ho scritto al cardinale di Parigi (era il cardinale Feltin) spiegando che il mio amico era morto e io volevo rimpiazzarlo, e volevo essere pienamente preteoperaio: gli dissi che ero pronto per essere ordinato prete. Mi ha risposto dicendomi di andarlo a trovare: sono andato da lui e mi ha detto che bisognava ritornare in seminario, che bisognava sottomettersi, bisognava ubbidire, bisognava lasciare il lavoro.
Io avevo le mie responsabilità in fabbrica: ero stato eletto dai miei compagni nel consiglio di fabbrica, e non volevo lasciare tutto. Allora ho di nuovo rifiutato: non potevo “ritornare in chiesa”; ho detto che io avevo fatto voto di restare tutta la mia vita in mezzo alla classe operaia. Infatti, quando avevo ricevuto la tonsura ed ero stato incardinato a Parigi, questa promessa l’avevo fatta al cardinale Su hard: è lui che mi aveva tonsurato assieme ad altri due.
Il cardinale Suhard ci aveva detto: “sapete che è molto difficile, perché non è un’esperienza che vi domando di fare per un anno, due anni, tre anni, ma per tutta la vita”. E io mi ricordo sempre di queste parole: in fondo al mio cuore c’è questa promessa che ho fatto al cardinale che mi ha incardinato: non potevo più tirarmi indietro. Ho promesso di dare alla classe operaia tutta la mia vita e l’ho fatto e ne sono contento.
Di fronte a questi fatti i miei compagni della Missione di Parigi – in quel momento erano ancora settanta pretioperai – hanno scritto al cardinale per perorare la mia causa: il cardinale non ha mai risposto alla loro lettera, alla loro domanda sul perché ero stato gettato via dalla chiesa.
Dopo ho continuato a lavorare: sono stato impegnato nell’attività sindacale e per questo mi sono trovato senza lavoro; ho avuto molte difficoltà: in quel periodo era impossibile trovare lavoro in una fabbrica metalmeccanica dopo essere stato licenziato per attività sindacale.
Su consiglio di un responsabile sanitario sono andato a lavorare come muratore in un altro dipartimento dove c’erano molti italiani. Allora ho domandato una seconda volta il sacerdozio, dopo sedici anni dalla prima richiesta. Nel frattempo avevo aderito al Partito Comunista Francese, perché mi trovavo in una situazione in cui la vita sindacale, la vita di lotte era negata: il partito era l’unica struttura attiva e io pativo molto il fatto di essere senza vita militante. Dicevo che essere preteoperaio non vuol dire soltanto andare al lavoro, ma anche essere tra quei compagni che entrano nella lotta di classe, che lottano per gli altri: essere in fabbrica e non avere contatto serio con gli altri lavoratori è una falsità.
La vita del militante mi è stata necessaria per essere preteoperaio. E sentendomi senza aiuto sindacale mi sono orientato verso il P.C.F.; e nel partito ho trovato un vero stimolo per continuare in una vita difficile, tra gli stranieri. E stato in quel momento che ho scritto una seconda volta al vescovo per chiedere ancora il sacerdozio: e mi è stato rifiutato una seconda volta.
Il gruppo dei nuovi pretioperai, quelli ordinati dopo il Concilio (cioè Jean Perrot con la sua équipe) intervenne presso il vescovo. Ho visto due volte il vescovo, Mons. Haubert: mi ha detto che non poteva darmi il sacerdozio, mi ha spiegato che ordinarmi voleva dire riconoscere il nostro gruppo, voleva dire riconoscere i pretioperai condannati… Sono stato due o tre mesi in attesa; poi, finalmente, una sera è venuto a trovarmi a casa e mi ha detto: “Aldo – mi ha abbracciato – non posso”… ed è scappato via.
Da allora non l’ho più visto. E da allora non ho più chiesto il sacerdozio. Ecco perché non sono prete.

Aldo Bardini

(convegno nazionale dei pretioperai / Salsomaggiore 1-3 maggio 1992)


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