Ricordando Emilio Coslovi (3)
Il saluto a Emilio, letto nella liturgia di commiato celebrata nella chiesa di San Luigi in Trieste, il 19 gennaio 2002
Ho parlato con Emilio l’ultima volta ai primi giorni del dicembre scorso: era per invitarlo a una festa di comuni amici in casa nostra. Una mia precedente infelice espressione, affidata alla segreteria telefonica, l’aveva turbato e così non ci siamo lasciati da buoni amici; e il telefono non è più squillato. Con Emilio non era facile corrispondere… Ma oggi, in questa liturgia di commiato, può compiersi, credo, la riconciliazione anche nella forma del sacramento, quel sacramento che Emilio ha sempre continuato a donare ai fratelli.
Nelle Confessioni di Agostino d’Ippona leggiamo: “Ci hai fatto per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”. L’inquietudine: ecco, questa mi pare l’espressione che meglio d’ogni altra può rappresentare Emilio.
– Inquietudine per la sua chiesa, di cui era presbitero, e che lui esigeva santa e che non si capacitava di vedere peccatrice;
– inquietudine per l’unità delle chiese cristiane, che lui non si capacitava di osservare così pervicacemente divise;
– inquietudine per la giustizia nella società civile, che lui non si capacitava di costatare così discriminatoria, emarginante ed aggressiva, soprattutto nei confronti della povera gente che occupava un posto privilegiato nel suo cuore;
– inquietudine per la pace nelle relazioni tra gli uomini e tra i popoli, che lui non si capacitava di osservare così reciprocamente ostili e minacciosi.
“Io non capisco… vorrei che qualcuno mi spiegasse… ecco, spiegami tu perché non può essere diversamente”… Sono le sue parole con le quali iniziavano i nostri conversari, spesso defatiganti. E la sua vita era diventata un frenetico vagare e peregrinare in cerca di corrispondenze e non trovava un posto dove posare il capo. La sua colpa (e l’amara ironia è rivolta a noi che invece abbiamo capito tutto) la sua colpa era quella di non voler capire che santità, unità, giustizia, pace – il Regno si potrebbe dire con espressione di fede – sono un processo storico che ha da compiersi e che a noi è data solamente la ventura di partecipare alla sua costruzione per un frammento temporale impercettibile nell’eterno fluire del tempo. Ma lui aveva fretta e voleva cogliere qualche segno già adesso, o almeno in tempi umanamente ragionevoli.
La fede, non la ragione, ci dice che oggi la sua inquietudine è cessata e che il suo capo ha trovato un posto dove posarsi. Oggi, in Emilio, si sono compiute le Beatitudini annunciate da Gesù di Nazaret sul monte di Galilea.
E noi ti rendiamo grazie, o Dio dei viventi, per questo nostro fratello che abbiamo incrociato sulla strada della nostra vita e ti rendiamo grazie anche per il dono che i pretioperai fanno alla chiesa, con il loro esserci; e ti ringraziamo per questa assemblea liturgica così composita di amici e confratelli della chiesa di Trieste, ma anche delle chiese di Momiano d’Istria, di Gorizia, di Venezia, di Treviso, di Vicenza, di Verona, di Padova, di Mantova e — presenti in ispirito — di Firenze e di Roma, segno della molteplicità dei doni che lo Spirito suscita nella chiesa ed espressione di comunione e di fraternità.
Ed ora così preghiamo:
“Sante e santi del paradiso accogliete questo amico e fratello e prete di Dio e con lui cantate al Signore e benedite”.
E infine io ti prego, o Dio, di far continuare nei nostri cuori almeno un po’ dell’inquietudine di Emilio.
E così sia. Amen. Alleluia, alleluia.