SULLA STRADA DEGLI UOMINI E DELLE DONNE
VIVERE L’OGGI… APRIRE L’AVVENIRE
Incontro internazionale PO / Strasburgo, 2-4 giugno 2001


Sull’incontro di Strasburgo hanno scritto

 

Si è tenuto in questi giorni, a Strasburgo, il primo incontro internazionale dei preti operai. Una realtà che sfugge ai mass-media ma che — ciononostante — è di grande interesse per comprendere quale sia lo stato di salute del cristianesimo e come e dove sussista l’eredità del Concilio Vaticano II. Si sono ritrovati insieme circa 500 preti operai provenienti da Francia, Italia (una cinquantina), Spagna, Portogallo, Belgio, Germania, Austria, Inghilterra, Egitto, Algeria, Cile, Canada, Giappone, Corea, Svizzera…
Presenti anche alcuni «Workers Priests» anglicani e protestanti. Tema dell’incontro: «Sulla strada degli uomini e delle donne: vivere il tempo presente, costruire il futuro».

Nel mondo, i preti operai sono circa un migliaio: condividono l’idea di «vivere la vita mettendosi sulla strada insieme a uomini e donne che fanno lo stesso cammino». Si dicono «ricercatori del senso dell’uomo, costruttori di umanità, cercatori di Dio».
«Prete operaio — come si precisa nella relazione introduttiva — esprime una modalità di incarnare il Vangelo nel mondo, nella vita reale di ogni giorno, nel sentirsi parte di una umanità lavoratrice e non lavoratrice ricca di valori esistenziali, ma crocifissa quotidianamente per essere sfruttata, usata e tante volte gettata via». Con gli «ultimi, del Vangelo.

Una visione ben precisa, dunque, e della società e della chiesa. Una società che non sia dominata dai palazzi e dal capitale, ma dagli uomini e dalle donne «della strada», dalla fabbrica alla cucina di casa. Una chiesa che non si allei con i dominatori ma che favorisca l’ascesa dei dominati e la loro conquista non del potere ma dell’eguaglianza. E un prete che non si trovi più — come quasi sempre nel passato — nelle sale del potere, ma per la strada, con i più poveri.

Una delle grandi intuizioni, quella dei preti operai, che seguirono la stagione rigogliosa del Vaticano II, ma che fu poi contestata duramente dall’autorità ecclesiastica perché troppo vicina alla sinistra rivoluzionaria. In seguito l’esperienza è sopravvissuta, anche se in forma ridotta (poche le nuove reclute), ma estremamente significativa, nonostante la crisi dello stesso movimento operaio.

A Strasburgo erano presenti anche i vescovi della Conferenza Episcopale francese. Un segnale, l’indicazione di una via. Oggi i preti operai sono coscienti dei rischi nuovi dello sfruttamento.
Ancora dalla relazione introduttiva: “Come preti operai questo stato di cose ci coinvolge e fa sentire Io sfruttamento e l’esclusione dal lavoro sulla nostra pelle e nella nostra vita e ci spinge, insieme a tutti i lavoratori, a ribellarci a questo sistema e a creare delle alternative che siano fonte di speranza per tutti noi e per il futuro dell’umanità… Come preti operai crediamo nella solidarietà, ma siamo inseriti in un movimento operaio che credeva in questo valore prima di noi, ce l’ha trasmesso e ci ha arricchiti con le sue lotte perché il bene comune prevalesse sugli interessi individuali».

Una lezione, insieme, di carità e anche di umiltà. «Se sentiamo la presenza di Dio e di Cristo in questa maniera ci rendiamo conto che questo Dio lo possiamo condividere con ogni essere vivente, con l’ortodosso, il protestante, l’ebreo, il musulmano, il buddista e l’ateo stesso perché la caratteristica principale di questo Dio è quella di amare l’umanità ed ogni singola persona».
I preti operai a Strasburgo hanno anche affermato, con chiara consapevolezza, che oggi l’avversario si chiama globalizzazione.

Filippo Gentiloni

Il Manifesto, 10 giugno 2001


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