L’ISOLOTTO (1)



Dopo l’occupazione della chiesa dell’Isolotto e la successiva espulsione degli occupanti si cominciò a dire la Messa della comunità in piazza, davanti alla chiesa. Anche in questa occasione Bruno prende decisioni radicali nel senso della solidarietà con la comunità e arriverà a dare le dimissioni di parroco di Quintale.
Riportiamo un intervento ed un commento al Vangelo come celebrante dell’Eucarestia. Riportiamo anche il testo delle dimissioni da parroco.

Assemblea dell’11.01.1969

Bisogna sottoporre ad una critica quello che avviene qui e siccome a Enzo, cioè a don Mazzi ho già detto il mio parere… non vorrei commettere questo peccato di dire a altri, così in privato, delle critiche che invece desidero siano dette a tutti voi. Delle critiche, intendiamoci bene, dettate da una grande stima e da un grande amore e affetto e amicizia fraterna con i preti e con gli altri, anche se non li conosco, della parrocchia dell’Isolotto e della Casella. Mi sono deciso finalmente a dirvi il mio pensiero. Perché? Perché – e forse io vi sto dicendo delle cose che non vi sentirete di accettare – d’altra parte, vi ripeto, quando uno vuol bene deve anche dire, proprio per questo amore che porta a colui che ama, delle cose spiacevoli.
E vi dicevo: mi sono deciso. Mi dicono di dire chi sono: sono un amico di don Mazzi. Le cose che vi dico vanno valutate per quello che sono e basta. E non mi sento neppure di imporvele. Questo è naturale e non importa neppure che ve lo dica, soltanto vorrei sottoporle a voi in modo che possiate discuterle. Mi sono deciso a parlare così, così in pubblico dopo averci pensato molto. E soprattutto. dopo la riunione di sabato scorso. Scusate se prendo un pochino più di tempo di quello che dovrebbe essere un intervento breve per dirvi questo.
Sabato scorso io non sono rimasto molto bene impressionato. Perché? Perché mi sono trovato di fronte a tre o quattro preti che sparavano a zero e non credo che voi abbiate bisogno di preti di questo genere. Tipi che sparano a zero contro il vescovo, il papa. È chiaro che il papa e il vescovo stasera sono fuori discussione. Non dico che si deve giudicare quello che hanno fatto. Quello che hanno fatto è ingiudicabile. È fuori di un rapporto umano, di un rapporto di amicizia, di un rapporto che dovrebbe esserci tra la gente che vive insieme. Quindi per me sono ingiudicabili. Per me sono al di là di un giudizio che si possa dare per loro. Quindi non credo che ci sia bisogno qui di venire a sparare a zero contro di loro perché sono ormai fuori di ogni nostro giudizio. Quello che ha impressionato, scusate se ve lo dico, è questo: che mi è sembrato – lo dico così a volte con un po’ di paura di dire delle cose troppo grosse – mi è sembrato che il popolo non si esprimesse, non dicesse quello che all’Isolotto si deve fare, e vorrei dire che in tutta la Chiesa si deve fare. Questo è il motivo principale.
Altre cose che io non riesco a capire, e quindi vi pregherei di spiegarmelo meglio, sono, per esempio, l’insistenza con cui si chiede al vescovo di venire qui e il non celebrare la messa. È evidente che di queste cose che dico due sono secondarie, un’altra è importante: cioè quella importante è che il popolo – forse è una parola troppo grossa – comunque la parte del popolo credente si esprima e trovi, riesca a inventare un mezzo per poter veramente essere portatore di un fatto rivoluzionario.
Gli altri due aspetti, il cardinale e la messa, sono secondari in confronto a questo ma che forse è necessario capire…. Non capisco, non voglio dire che fate male, non riesco a capire perché non si celebri la messa. La messa non è un fatto che ha valore se siamo uniti al vescovo. La messa è un fatto che ha valore se noi la vediamo come una cena a cui tutti i popoli sono chiamati. Se io dico la messa nonostante che nel Vietnam si uccida della gente, nonostante che i negri dell’Africa, che i negri d’America, siano segregati, nonostante che la classe operaia venga sfruttata, perché dovrei smettere di dirla se un vescovo leva un prete oppure non riceve o non ascolta un popolo? È molto più grave l’altro fatto che non questo. Quindi, io ho intenzione di dire anche quello che credo si dovrebbe fare e lo dirò. Per me, credo che il fatto della messa dovrebbe essere veramente capito in questa maniera, cioè non come un gesto, una riunione di popolo in comunione col vescovo – del vescovo non me ne frega nulla – ma come un gesto, una riunione, che ha valore se io veramente… apro questa a tutti i popoli, a questa liberazione di tutti gli uomini che sono invitati a questa cena messianica, cioè a questa cena che anticipa questa unione finale. Quindi, per me, dovreste o in chiesa qui oppure nelle vostre case o in piazza dire la vostra messa con i vostri preti. Io ho detto con i vostri preti. […]

Il fatto del cardinale. Io mi auguro che il cardinale non venga all’Isolotto. E dovete, ma mi sbaglio a dire dovete, e credo che voi dovreste veramente pensare se sia il caso di insistere a chiedere che venga qui. Mi sembra una commedia il fatto che lui venga qui. A fare che cosa? A consacrare, a dare la benedizione ad un fatto che ha un valore in sé, indipendentemente dal cardinale. Cioè voi portate avanti un discorso autentico, diciamo pure rivoluzionario. Questa autenticità, questa grandezza dell’esperienza che voi avete qui all’Isolotto ha valore in sé? Sì, per me sì. È un popolo che si esprime, una parte di popolo che si esprime. Deve esser finita con i poveri e con il Popolo di Dio che vanno a chiedere qualcosa alla gerarchia, riconoscimenti a Roma o a Firenze perché la loro esperienza sia benedetta, sia approvata. Voi dovete, secondo me, essere coscienti che siete Chiesa e che dovete portare avanti il vostro discorso anche senza cardinale, anche senza l’approvazione del cardinale, anche contro quello che il cardinale dice o scrive. Questo per la dignità che voi possedete.
Il discorso principale, cioè, quello del popolo che decide, che si esprime, credo che deve essere ancora più chiaro. Cioè non pensate, – e questo senza voler criticare e tanto meno offendere questo gruppo che sono anche miei amici, – non pensate che se non siamo capaci… di rinnovarci, di inventare un modo diverso, più vivo, più profondo, più autentico, di portare avanti questo fatto noi rischiamo di gestire, di amministrare un fatto rivoluzionario ma che finisce di essere rivoluzionario? È un interrogativo che pongo. La mia paura è questa.
E allora voi mi potreste domandare: e allora che cosa suggerisci? Ecco le cose che io suggerisco:

Prima proposta: che come è stato fatto, per esempio, in altre parrocchie – cioè non in altre parrocchie, in una sola purtroppo – che si trovi il mezzo di fare esprimere in modo più chiaro, in un modo più partecipato il popolo su tutti i problemi che questo caso, che questo fatto, che questa esperienza dell’Isolotto ha suscitato. Quindi riunioni strada per strada o blocco per blocco in modo che non si arrivi alle assemblee, si approvino, così, soltanto con una partecipazione più o meno diretta, quella dell’alzata di mano, le decisioni. Ma che si ritorni alla base, proprio alla base per rinnovare dalle origini questa esperienza.
Inoltre: che si studi per esempio che dall’Isolotto parta una iniziativa di questo genere: una assemblea, o qui o fuori di qui, a cui sono invitati teologi, parrocchie, laici, gruppi per esprimere con chiarezza la loro posizione. Perché, vedete, a Firenze sono cinquecento i preti, e quando parlo di preti mi sembra che sia lo stesso per i laici, perché non si parla mai di loro. Quanti di questi cinquecento con chiarezza si sono espressi? E quanti gruppi di laici hanno inventato, hanno trovato delle iniziative capaci di portare avanti, in un modo che rientri un po’ nel senso della storia dell’umanità, una specie di lotta di classe, questa vostra esperienza?

Seconda proposta: non chiedere più al cardinale di venire qui all’Isolotto, ma di sentirsi Chiesa anche senza il cardinale, di uscire magari di qui, di restituirgli la chiesa che è stata costruita come dicevate anche dai ricchi e continuare a vivere questo fatto di essere Chiesa nelle vostre case, nelle strade, nelle piazze, con i vostri preti. Questo è un fatto rivoluzionario, non che il cardinale venga qui.
L’altra proposta, e poi ho finito, è questa: che si riesca in qualche maniera a fare in modo che questa vostra vita, questo periodo di vita diventi un modo di vita che si agganci a tutti gli altri problemi della vita degli uomini, cioè di evitare che un Diritto Canonico si opponga ad un altro Diritto Canonico alla rovescia, cioè che si cada nella legge. Io non voglio, non voglio punto leggi.
Io non voglio obbligare il cardinale a fare delle cose di cui non è convinto perché io voglio la libertà di fare quello di cui io sono convinto in coscienza. Quindi se mi sento Chiesa anche contro i suoi scritti, di fronte alle sue condanne, io sono Chiesa e perciò voglio questa libertà di essere Chiesa, di vivere la mia vita in modo come credo giusto e come credo che in coscienza sia giusto. Quindi non voglio nessuna legge, perché l’unica legge è la legge dell’amore, che poi non è una legge perché è una persona: è Cristo Signore. Perciò vi inviterei da amico, da persona che vive, anche fuori da qui, la vostra stessa esperienza e che ha una grandissima stima e amicizia con i vostri preti a sapere uscire da certi schemi, a sapere uscire da certi aspetti giuridici, se no si cade di nuovo in una Chiesa che è autoritaria, che è giuridica, che è la Chiesa del Diritto Canonico.
Capisco che questo è un discorso, quello che ho fatto, un po’ difficile; difficile nel senso che non va secondo tutti gli altri discorsi che sono stati fatti. Però, vi ripeto, mentre l’ho fatto, sono stato spinto da una adesione assoluta, completa, senza riserve sulla sostanza di quello che voi avete fatto. Le critiche che ho fatto le ho fatte per un grande amore, perché mi dispiacerebbe che tutti quei valori, quella grandezza che questo fatto racchiude in sé, dovessero svanire, sciuparsi e dovessero ridursi soltanto a una contrapposizione giuridica e legale.

 

Bruno Borghi


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