In preparazione al convegno di Bergamo 2012
“SERVIZIO E POTERE NELLA CHIESA”


 

Questa pagina era destinata al settimanale diocesano di Mantova “La Cittadella”. Ma, come è già successo in altre occasioni, “non c’era posto nell’albergo”. Pollice verso dunque. Non si vuole una vera opinione pubblica nella chiesa. Dopo il testo di Gianni, per affinità, riportiamo solo in parte un editoriale della rivista “Il Regno” (4/2012) nel quale si citano e commentano testi presi dalla sequenza di interventi di Benedetto XVI pronunciati nel recente concistoro, ispirati ai medesimi riferimenti evangelici di Gianni. La cifra fondamentale di ogni ministero è il servizio, in opposizione al dominio.

 
Parto dalla lettura di Marco 10,32-45. Il contesto è quello del viaggio a Gerusalemme, viaggio verso la passione e la croce: Gesù annuncia per la terza volta la sua passione e morte.
Al primo annuncio Pietro si era ribellato, rimproverando Gesù. Al secondo annuncio segue la disputa dei discepoli lungo la strada su chi fosse il più grande tra di loro. Al terzo annuncio, come risposta, i fratelli Giacomo e Giovanni fanno una questione di posti di prestigio: “ E gli altri dieci, avendo sentito, incominciarono a indignarsi “.
È come se Gesù per tre anni avesse parlato a vuoto: qui, infatti, ci troviamo non ai primi passi della sequela, ma quasi alla fine, e i dodici sembrano lontani anni luce dai pensieri e dagli orizzonti aperti dal loro maestro.
L’evangelista Marco non cerca nemmeno di oscurare il video per nascondere uno spettacolo tanto indecoroso. Oggi si tacerebbe ‘ per rispetto’; allora invece si aveva il coraggio, e c’era la libertà in Cristo, di dire che cose come quelle erano scandalose : e si era agli inizi, anzi proprio perché si era agli inizi!
“ Ma Gesù, chiamatili a sé, disse loro: Voi sapete come coloro i quali sono ritenuti capi delle nazioni le tiranneggiano, e come i principi le opprimono. Tra voi non sia così. Ma chi vuol diventare grande, sia vostro servo”.
Con questa parola Gesù dà la Carta costituzionale dei veri discepoli e della Chiesa. Come si fa a non capire? Oggi si fa un gran discutere della ‘differenza cristiana’! Eccola: “ Tra voi non sia così!” E’ la fedeltà radicale alla parola di Cristo, al Vangelo: essere servi, essere gli ultimi.
Eppure la malattia della ‘ logica mondana ‘ si rigenera nel tempo, nelle istituzioni: corsa ai primi posti, desiderio di apparire, che poi si colora, quasi fino a rasentare il ridicolo, di titoli, di vestiti e di orpelli.
Abbiamo dimenticato che la nostra identità di sacerdote è essere servi come Gesù lo è stato. Mentre nel racconto dell’ultima cena, così come è tramandata dai primi tre evangelisti, Gesù dice ai discepoli:” Fate questo in memoria di me”; Giovanni nel suo Vangelo sostituisce il racconto della istituzione del banchetto eucaristico ( non per oscurarlo o per metterlo in secondo piano, ma per indicare che i due gesti fanno parte dello stesso comando ) con il racconto della lavanda dei piedi. “ Ora quando ebbe lavato loro i piedi, si rimise a sedere e disse loro: Capite che cosa vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come io ho fatto a voi”.
Il sacramento dell’Ordine non sostituisce quello della ‘Diaconia’. Non sono bene al corrente di quale sia l’elemento che sta al fondo dell’attuale impegno di preparazione dei nuovi aspiranti al sacerdozio. Io posso testimoniare per i miei tempi: dal Seminario si usciva preparati e orientati a comandare, e non a servire; e l’aspirazione massima era quella di diventare parroco per poter aver il proprio spazio di autorità.
Comunque anche negli schemi di confronto, che sono stati distribuiti ai preti in vista del prossimo convegno sul Sacerdozio, si parla di paternità, di presidenza, di nuovi ruoli presbiterali data la nuova organizzazione pastorale, mentre il verbo “ servire “ è praticamente ignorato.
Perché questa omissione? L’unica funzione che Gesù si è sicuramente attribuita è quella di servo:” Io sto in mezzo a voi come colui che serve”.
Luigi Pintor, un cosiddetto ateo, scrisse che “ non c’è in un’intera vita cosa più importante da fare che chinarsi perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi”.
 

Gianni Alessandria


 

Il rinnovamento spirituale. Di fronte alla mondanizzazione della Chiesa

 
La dolcezza dello sguardo, l’eleganza dei modi, la pacatezza dei toni che contraddistinguono la personalità di Benedetto XVI non fanno velo alla fermezza delle sue parole. Nella sequenza degli interventi pronunciati per il suo IV concistoro ordinario (Roma, 17-19 febbraio 2012), egli colleziona una serie di riferimenti spirituali e dottrinali inequivocabili dopo la recente stagione dei veleni in Vaticano. Non poteva che essere così. Il clamore mediatico creatosi dapprima attorno alla divulgazione delle lettere riservatissime scritte dall’ex segretario generale del Governatorato, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, ora nunzio negli Stati Uniti, al papa e al segretario di stato vaticano card. Bertone su casi di cattiva gestione degli appalti in Vaticano; poi l’uscita del memorandum sull’Istituto per le opere di religione (IOR); infine quell’appunto «farneticante» nel quale si riferiva di una chiacchiera su un possibile attentato al papa entro il 2012 avevano creato sconcerto nella Chiesa e nell’opinione pubblica mondiale.
Il fatto che si sia ricorsi alle fughe di documenti riservati, di diverso livello e importanza, per alimentare uno scontro interno alla curia che arriva a mettere in discussione il ruolo e le capacità del segretario di stato offre l’immagine di una crisi morale e istituzionale grave interna al principale strumento di governo della Chiesa: la curia vaticana.
Nel concistoro che crea cardinali un gran numero di curiali, la curia ne esce provata sul piano dell’immagine e della sostanza. Chi voleva la sostituzione di Bertone per il momento non ha vinto, ma il segretario di stato dovrà rimettere ordine. Una crisi siffatta ha lambito il papa stesso, lasciando intravvedere una più profonda crisi d’autorità nella Chiesa. Non a caso la fase finale delle polemiche ha anche messo in campo l’ipotesi di dimissioni dello stesso pontefice.
Nei tre giorni che hanno accompagnato il concistoro, il papa ha toccato tutti i temi. A cominciare da quelli cheegli ritiene decisivi in questo momento della vita della Chiesa. Egli legge questa ulteriore fase critica come una conferma e un’accelerazione di quella che di fronte alla curia romana, nel Natale scorso, ha definito una «crisi della fede». Una crisi che attraversa l’intera cristianità. Particolarmente il cristianesimo europeo. Ma accanto agli scandali sessuali e finanziari e agli scontri di potere ci sono anche nuove testimonianze in luoghi dove la Chiesa è oggi martire a motivo della fede. Ed è a questo insegnamento che il papa guarda.

Un’istituzione mondanizzata

Nell’allocuzione durante la celebrazione del concistoro che ha creato i 22 nuovi cardinali, il papa è intervenuto sul tema della mondanizzazione della Chiesa e sulla logica del potere che l’attraversa.
Una logica propriamente antievangelica. Così ha rammentato ai cardinali che sull’esempio di Cristo «è chiesto di servire la Chiesa con amore e vigore, con la limpidezza e la sapienza dei maestri, con l’energia e la fortezza dei pastori, con la fedeltà e il coraggio dei martiri». Poi commentando il brano di Marco sulla domanda a Gesù dei figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, circa la possibilità di sedere nella sua gloria, alla sua destra e alla sua sinistra, Benedetto XVI ha risposto con le parole di Gesù:
«Voi non sapete quello che chiedete». «Giacomo e Giovanni con la loro richiesta mostrano di non comprendere la logica di vita che Gesù testimonia, quella logica che (…) deve caratterizzare il discepolo, nel suo spirito e nelle sue azioni. E la logica errata non abita solo nei due figli di Zebedeo perché, secondo l’evangelista, contagia anche “gli altri dieci” apostoli che “cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni”. Si indignano, perché non è facile entrare nella logica del Vangelo e lasciare quella del potere e della gloria».
Quell’episodio narrato dal Vangelo di Marco (cf. Mc 10,37-45) si chiude con il monito a tutti i discepoli a farsi servi, anzi «schiavi di tutti». Un monito inequivocabile nel giorno del concistoro. A stigmatizzare un male che ha preso nuovamente la Chiesa: «Dominio e servizio, egoismo e altruismo, possesso e dono, interesse e gratuità: queste logiche profondamente contrastanti si confrontano in ogni tempo e in ogni luogo – ha concluso il papa –. Non c’è alcun dubbio sulla strada scelta da Gesù: egli non si limita a indicarla con le parole ai discepoli di allora e di oggi, ma la vive nella sua stessa carne. Spiega infatti: “Anche il Figlio dell’uomo non è venuto a farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto di molti”. Queste parole illuminano con singolare intensità l’odierno concistoro pubblico. Esse risuonano nel profondo dell’anima e rappresentano un invito e un richiamo, una consegna e un incoraggiamento specialmente per voi». Alla curia in generale e alle varie camarille interne, il papa chiede di cessare lo scontro. Non è detto che il suo messaggio venga ascoltato (…)

GIANFRANCO BRUNELLI

(da “Il Regno” 4/2012)


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