Ricordiamo…
La generazione dei preti che hanno vissuto il Concilio lentamente se ne sta andando. Questa volta salutiamo don Gino Piccio di Casale Monferrato e don Gianni Belotti della diocesi di Brescia.
Con Gino ci vedevamo ogni anno al nostro convegno di Bergamo al quale partecipavano anche suoi amici della cascina G di Ottiglio da lui abitata e centro della sua attività culturale e formativa. Aveva il look del patriarca e noi lo sentivamo tale. Ma aveva uno spirito leggero, gioioso, che ha conservato anche nei suoi 90 anni compiuti. Ha lasciato una traccia del suo passaggio che abbiamo potuto notare nei tanti volti che popolavano l’assemblea di addio. Venuti da diverse parti d’Italia. Più generazioni erano presenti a testimonianza che nella sua lunga vita aveva annodato sempre nuove trame relazionali. La celebrazione è stata presieduta dal card Poletto e le sue parole hanno lasciato ben trasparire la verità della vita di Gino.
Poi tutti insieme alla cascina G dove abbiamo consumato il pranzo all’aperto, come si è sempre fatto. E la vita continua: i semi gettati fioriscono e portano frutti.
Con Gianni non ci vedevamo da molti anni, da quando i PO di Brescia hanno scelto di continuare il loro percorso in autonomia rispetto al gruppo lombardo e agli annuali incontri nazionali. In diversi PO abbiamo partecipato al saluto ultimo assieme a moltissime persone e preti presenti.
Avevamo chiesto di poter leggere una breve testimonianza di Gianni sulla sua vita in fabbrica, che sotto riportiamo, ma i guardiani del tempio non l’hanno consentito, privando tutti i presenti di una testimonianza che vale mille volte più delle nuvole d’incenso vere e metaforiche con le quali si avvolge il mistero della morte e il ricordo della vita. In fondo anche al funerale a Gianni è stato riservato il trattamento che ha subito in vita. Infatti era solito dire: “Quando incontro amici preti in città. Mi chiedono come andava in Burundi che ho lasciato da anni, ma nessuno mi chiede della mia vita in fabbrica, da operaio: questa scelta non interessa minimamente alla chiesa bresciana”.