Svelare il tempo


 

Fra potere, menzogna e seduzione una speranza di giustizia?
L’Apocalisse di Giovanni

La sola parola “Apocalisse” rievoca alla nostra mente immagini di conflitto, di mistero e di paura, e parlare di visione apocalittica comporta già contenuti terrificanti. Lasciando in pace la terminologia corrente, ci sentiamo autorizzati a porci una domanda: l’Apocalisse dice qualche cosa di noi, del nostro mondo, della nostra realtà sociale? Tralasciando, per motivi pratici ed evidenti, tutta una serie di puntualizzazioni preliminari, dopo un’attenta lettura del libro possiamo affermare che l’Apocalisse ci offre non una previsione materiale di fatti che si svolgeranno nel futuro, ma una visione concreta di una realtà permanente, che trova riscontro anche nella nostra esperienza quotidiana. Lasciamo parlare il libro dell’Apocalisse in alcuni fra i suoi passi più significativi.



Il senso della storia e la sua comprensione: Ap. 4-5 e 12-13

Queste due coppie di capitoli ci presentano i preliminari essenziali per la comprensione di tutto il libro.

Ap. 4-5

Argomento principale dei due capitoli è l’intronizzazione di Cristo agnello. Dio interviene per giudicare come creatore (Cf. la presenza dei quattro viventi), signore della storia (Cf. i 24 anziani); davanti al trono si stende un mare tranquillo, cioè pacifico, libero da potenze ostili; Dio prende posto per il giudizio (Cf. il trono). I destini umani sono contenuti in un rotolo sigillato che solo Cristo agnello è in grado di prendere in mano e di aprire. I due inni compresi all’interno di questi due capitoli interpretano il senso di tutta la scena: tutta la creazione riconosce Dio creatore e ritorna a lui acclamandolo; tutta l’umanità riconosce in Cristo il redentore della storia, cioè di quel mondo che era stato rovinato dalla ribellione degli uomini; Cristo ha redento la storia non esercitando un potere distruttivo, ma attraverso la sua morte e risurrezione, che gli permettono di prendere in mano e di aprire il libro dei destini degli uomini (Cf. l’agnello sgozzato e ritto in piedi).

Ap. 12-13
Questi due capitoli preannunciano la fase dell’effettivo confronto fra il potere di Cristo e il potere del male, cioè di Satana, nella storia: il drago, scacciato dal cielo, si ferma sulla spiaggia del mare, dal quale esce la prima bestia, simbolo del potere politico assolutizzato, assistita dalla seconda bestia, o falso profeta, cioè la propaganda rivestita di carattere religioso. Tutto questo va letto come conseguenza dell’insieme delle scene descritte nel capitolo 12, che inizia con la presentazione della donna che partorisce il figlio maschio e prosegue con la scena del drago che viene gettato a terra. All’interno dei capitoli 12-13 sono evidenziati due poteri in conflitto: il potere della bestia e del falso profeta, che rappresentano il drago, e il potere di Cristo. Tutta l’attenzione è diretta alla storia, dove si realizzerà un confronto e un conflitto fra questi due poteri. “Guai alla terra e al mare, perché discese il diavolo a voi avendo grande furore, sapendo che ha poco tempo” (Ap 12,12).


Le forze che dominano la storia: Ap. 6,1-8


Il confronto fra i due poteri è praticamente il contenuto del libro dell’Apocalisse. Di fatto, quando Cristo agnello incomincia a rompere i sigilli del rotolo, si presentano, con immagini incisive ed efficaci, anche se non di immediata comprensione per noi, i protagonisti della storia. All’apertura dei primi quattro sigilli entrano in scena quattro cavalli che percorrono la terra: sono le forze che agiscono nella storia. L’impressione prevalente della scena può sembrare terrificante: già i colori dei tre ultimi cavalli presentano una realtà molto fosca. Se poi si legge la descrizione dell’opera svolta rispettivamente dai tre cavalieri cresce lo sgomento. Il cavallo rosso e il suo cavaliere interpretano una realtà molto cruda della storia, che è anche storia di violenza, di guerra, di odio, di omicidio: Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace dalla terra perché si sgozzassero a vicenda e gli fu consegnata una grande spada (Ap 6,4). Il cavallo nero interpreta la presenza incalzante e incontrastata dell’arbitrio e dell’ingiustizia: Ed ecco, mi apparve un cavallo nero e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. E udii gridare una voce in mezzo ai quattro esseri viventi: “Una misura di grano per un denaro e tre misure d’orzo per un denaro! ma l’olio e il vino non toccarli” (Ap 6,5-6). Il cavallo verde e il suo cavaliere interpretano una realtà che pure condiziona la nostra storia, cioè la morte, la fame e le malattie: Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava morte e gli veniva dietro l’inferno (Ap 6,8). Tutte queste immagini compongono un quadro spaventoso della storia e della realtà sociale. Infatti, fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra. (Ap 6, 8). E il loro influsso sarà effettivo ed evidente, come apparirà nella successiva descrizione degli avvenimenti. Questa è un’immagine della storia vista dall’esterno. Però, il lettore accorto e sensibile, che nutre la sua fede nel Cristo risorto con l’ascolto della parola di Dio, non si lascia condizionare o impressionare dalla presenza o dall’azione dei tre cavalli negativi, né restringe ad essi la sua attenzione. Egli sa guardare all’interno della storia, e nota la presenza anche di un quarto cavallo, che è nominato per primo, al quale non è attribuita nessuna azione particolare, e tanto meno negativa, ma che fin dall’inizio è proclamato vincitore: Ed ecco, mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso e per vincere (Ap 6,2). L’insieme della descrizione, il colore bianco, la vittoria già conseguita e una vittoria definitiva alla quale è destinato, ci fanno vedere in questo cavaliere la presenza positiva del Cristo risorto. Con la sua morte e risurrezione Gesù ha inserito nella storia quelle energie positive che risulteranno vincenti alla verifica finale.
 

La ricomparsa dei tre cavalieri negativi


Tutti i mali raffigurati dai tre cavalli dai colori negativi ricompariranno, legati a quelle realtà della società umana che hanno ricevuto dal drago, cioè dal diavolo, il loro potere. Nel drago, nelle due bestie suoi emissari (cf. Ap 13-14) e nelle relative zone di influenza e di potere, sotto altre immagini ricompaiono la guerra e la violenza, l’odio e l’omicidio, l’arbitrio e l’ingiustizia, la morte, la fame e la malattia, cioè i tre cavalli che alla fine si dimostreranno perdenti. Sarà, quindi, sempre la realtà raffigurata dai tre cavalli quella in cui ci imbatteremo nel resto dell’Apocalisse: il drago, radice demoniaca del male, che si concretizza storicamente nella prima bestia, cioè lo stato che si fa adorare, e nella seconda bestia, cioè la propaganda che sorregge questo tipo di stato assolutizzato e divinizzato; in questa realtà agiscono i re della terra, cioè le strutture di potere perverso. Il tutto è concentrato in Babilonia, la grande prostituta, la città mondana e atea, edonista e consumistica, sorretta da uno stato assolutista, ateo e blasfemo (cf. Ap 17-18). Essa domina su popoli, folle, genti e lingue (Ap 17, 15-18), autosufficiente (Ap 18,7) e immersa nel lusso (18, 11); è la città omicida, che non può sopportare la presenza di una testimonianza del mondo di Dio, e perciò ebbra del sangue dei testimoni di Gesù (Ap 17,6). La sua fortuna è sostenuta dal vizio e dall’egoismo di tutti i potenti e dei mercanti che attingono al suo benessere e al suo lusso e in essa prosperano, potendole offrire strumenti di piacere e di lusso; anche le vite umane sono comprese nel suo commercio. Più che di un libro scritto 19 secoli fa sembra trattarsi di una pagina di cronaca attuale. In una tale città non può trovare spazio la giustizia, ma anche per lei giustizia verrà fatta. La sua potenza sarà il principio della sua disfatta e la giustizia dei suoi martiri sarà il principio della nuova realtà.
 

Menzogna e seduzione come dinamica del potere


L’Apocalisse parla di un potere positivo nella storia degli uomini: è il potere di Dio sulla creazione e sulla storia. Cristo, con la vittoria su Satana conquistata a prezzo del suo sangue (Ap 12, 10) ha ricevuto da Dio il potere sulle genti, potere che egli promette ai suoi seguaci “vincitori” (Ap 2, 26-28).
In opposizione a questo potere, che viene da Dio ed è esercitato sulla terra, Satana spodestato dal cielo, esercita il potere sulla terra e sulla storia mediante i suoi rappresentanti. La lotta che ne segue è questione di potere. Il drago dà potenza, trono e potere grande alla prima bestia, e l’intera terra adora il drago perché ha dato il grande potere alla bestia, e adora anche la bestia, il cui potere si estende su ogni tribù (cf. Ap 13,2.4.5.7). Il potere della prima bestia viene sostenuto e propagato dalla seconda bestia, la quale viene definita in seguito come falso profeta (Ap 16,3; 19,20; 20,10), ma anche questa seconda bestia esercita un potere che è il potere della prima bestia (Ap 13,12-18); fa adorare la prima bestia, inganna mediante prodigi, è intollerante, fa mettere a morte chi non la adora, esclude dalle relazioni commerciali chiunque non porti il marchio con il numero della bestia. È un potere delegato in funzione del potere politico, esercitato mediante l’inganno e la seduzione. Il falso profeta è l’incarnazione della menzogna, diventata atteggiamento interiore costante, quasi costitutivo della persona, e che si esprime in varie manifestazioni: egli scimmiotta l’agnello (cf. Ap 13,11: apparenza di agnello ma linguaggio di Satana), inganna mediante prodigi, simili a quelli prodotti dai testimoni di Cristo (cf. Ap 13,13s con 11,5), fa parlare la prima bestia ferita e rivivificata (Ap 13,14-15), impone un marchio di discriminazione (Ap 13,16) in contrapposizione al segno distintivo degli eletti (cr. Ap 7,3; 9,4; 14,1), e il boicottaggio economico (Ap 13,17): sono tutti segni di inganno e di costrizione. La menzogna, tratto fondamentale della persona che è alla base di tutte le espressioni della vita, ha una sua dinamica, che è la seduzione. Infatti, fin dalla prima presentazione il drago è definito “colui che seduce tutta la terra abitata” (Ap 12,9). Egli agisce prevalentemente mediante il falso profeta, che utilizza gli strumenti menzogneri appena ricordati: ostentata somiglianza con l’agnello, segni straordinari, facile introduzione al benessere e al successo, allo scopo di formare una classe ben contrassegnata e caratterizzata, che dedica al potere assolutizzato tutte le proprie energie e la propria vita, strumentalizzando il bene per l’affermazione del potere. Un’altra via per esercitare la seduzione sono gli incantesimi esercitati da Babilonia, la grande prostituta, la città atea e consumistica che, poggiata sul potere politico (Ap 17,3), domina su tutta la terra, condizionando chi esercita il potere (Ap 17,18), alimentando il commercio e il benessere di chi ha come ideale la ricchezza (Ap 18, 3.15.19), fonte inesauribile di tutto ciò che si possa desiderare, e commerciante anche di vite umane (Ap 18,11-14). È l’immagine perfetta di ogni città e società consumistica, che concentra ed esaurisce i suoi interessi nel possesso della ricchezza, del benessere, del piacere, sicura e soddisfatta di se stessa, senza nessuna apertura al trascendente o a un mondo comunque superiore (Ap 18,7). Sono tutti strumenti di seduzione per chi si lascia incantare dalle sue ricchezze e dallo sfarzo. È una necessità vitale saper leggere all’interno delle apparenze seduttrici per poter vedere la realtà che esse nascondono. L’autore dell’Apocalisse, illuminato dalla parola di Cristo e dalla propria esperienza di Dio, è in grado di penetrare all’interno di questo mondo satanico, distinguendo la realtà dalle apparenze, scoprendo qual è la forza vincente della storia.

La ricomparsa del cavallo bianco e il confronto finale: Ap. 19, 11-21


La verifica definitiva del peso effettivo e del rapporto che sussiste fra le varie forze presenti nella storia, con la conferma del ruolo vincente che esercita nella storia il cavallo bianco e colui che lo cavalca, cioè l’energia del Cristo risorto, la troviamo nella scena che inaugura la sezione conclusiva dell’Apocalisse, quando ritorna il cavallo bianco, con il cavaliere che si chiama “Fedele”, “Verace”, “Verbo di Dio”. Egli ricompare accompagnato da una schiera di altri cavalieri vincitori, vestiti di lino bianco: sono gli uomini riscattati dalla terra, che sono rimasti vergini, cioè integri e incontaminati dalla menzogna (cf. Ap 14,1-5), sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide nel sangue dell’agnello (Ap 7,14). Ed è proprio la presenza di questo cavaliere, impercettibile dall’esterno, che costituisce l’anima e il senso della storia. Anche se non appare superficialmente, ma proprio perché interna alla storia, la forza redentrice e liberatrice di Cristo risorto raggiunge la sua pienezza con il trionfo finale di tutta la schiera che è al seguito di Cristo. A partire da questo intervento definitivo le potenze maligne vengono eliminate in ordine inverso alla loro comparsa: prima Babilonia, quindi i re della terra, poi la seconda e la prima bestia, per finire con il drago. La stessa costruzione letteraria di questa sezione finale è particolarmente significativa ed efficace: alla distruzione della città pagana e corrotta, la grande prostituta, contrapposto il trionfo della Gerusalemme celeste, la città sposa. Fra la descrizione di queste due figure contrapposte è collocato l’intervento o il ritorno trionfale del cavaliere sul cavallo bianco. Il vero senso della storia, quindi, va visto dalla sua conclusione che rende palese ciò che prima era nascosto all’interno. Ma tale visione sfugge a chi non sa cogliere la presenza di Cristo risorto nella realtà di ogni giorno.
 

L’APOCALISSE LETTA OGGI


Forse siamo sorpresi per l’attualità del messaggio dell’Apocalisse, tanto da pensare che si tratti di una lettura forzata. Se questa è la nostra convinzione, significa che siamo rimasti all’esterno sia del linguaggio che del messaggio di questo libro misterioso. Alcune considerazioni possono concludere le riflessioni proposte.

Il cristiano nella storia


La vita cristiana è una scelta di fronte alla verità e ad ogni sua alternativa, questa scelta è illuminata dalla purificazione attraverso l’ascolto della parola di Cristo e della voce dello Spirito (è questa la funzione delle lettere indirizzate alle Chiese nei capitoli 2-3 dell’Apocalisse). Il cristiano, illuminato dalla parola di Cristo, sa leggere la realtà attuale senza chiudere gli occhi in un falso ottimismo, ma la sa collocare in un contesto più ampio, individuandone le varie componenti, sa vedere la presenza sia del bene che del male, senza lasciare influenzare il suo giudizio dalla voce del più forte (cf. Ap 6, 3-8). Nella realtà sociale che lo circonda vede anche al perpetua realizzazione della città di Babilonia (cf. Ap 17-18), ma scorge insieme chi le sta alle spalle: l’incanto di Babilonia è la profezia del falso profeta, che in questa città ha trovato il suo vero campo di azione e si esprime:
– nella propaganda del potere, che sembra neutra e disinteressata;
– in tutte le forme di maldestro compromesso, che con parvenze di bene riveste realtà malefiche e sataniche;
– in tutte le strumentalizzazioni del bene per l’affermazione del potere, tramite alleanze, imitazioni;
– in tutte le classificazioni e discriminazioni, che producono divisione, eliminazione, boicottaggio;
– in tutti i condizionamenti di carattere economico e sociale: sono tutte forme di inganno e di seduzione, attraverso le quali il male viene presentato come buono e conveniente (una combinazione che raramente convince). Ma il cristiano sa che questa non è “la storia”, ma solo un suo aspetto; assieme ai tre cavalli negativi, che rappresentano Babilonia, sa scorgere la presenza del cavallo bianco, destinato ad essere il vincitore (Ap 6, 1-2). Il cristiano non ha paura di essere in minoranza.


Rivedere il concetto di giustizia


La giustizia è la fedeltà alla verità e alla parola di Dio in un mondo in cui prevalgono principi completamente diversi. Bisogna abituarsi a parlare di giustizia senza calcolatori che misurino le cose trascurando di prendere in considerazione le persone, senza bolle o equilibratori che mirino solo a mantenere i livelli attuali, e senza leggi che sanciscano la volontà dei più forti o dei più numerosi. Giudicata dal mondo di Dio, la giustizia è tutt’altro che la conservazione o difesa di una situazione esistente, anzi, normalmente ne esige il capovolgimento. Siccome è figlia della verità, la giustizia si attua non quando tutti o gran parte degli uomini sono uguali fra di loro, o quando il dimenticato o l’oppresso hanno la rivincita, ma quando il male e la menzogna sono debellati e regna la verità e l’amore. La giustizia, perciò, non può mai venire regalata, a piacimento, poiché non è mai sottoposta all’arbitrio, e non può essere determinata esclusivamente in base a una legge: anche la legge è sottoposta alla giustizia, e non può esserne la fonte. Per questo, l’Apocalisse ci parla di una lotta per la giustizia, coronata dalla vittoria. Ma di quale lotta e di quale vittoria si tratta? Cristo ha ottenuto la vittoria macchiando le sue vesti con il proprio sangue; anche l’operatore della giustizia del regno di Dio si può macchiare solo del sangue della propria donazione e del proprio sacrificio. Fare giustizia agli oppressi non significa ribaltare le sorti sociali con un semplice cambio dei ruoli, dando all’oppresso la spada dell’oppressore, ma instaurare un ordine nel quale la volontà di Dio è il punto di riferimento e la dignità di ogni persona è la costante preoccupazione.


Una speranza per l’attuale situazione sociale?


La ricomparsa del cavallo bianco per la vittoria finale autorizza una fondata speranza e invita all’impegno per inserirsi in maniera significativa e determinante nella storia. Sperimentando il pericolo di seduzione e di incanto di Babilonia, il cristiano ascolta la voce dal cielo: uscite, o popolo mio, da essa (Ap 18,4). Non è tanto un invito all’evasione o al disimpegno, quanto un impegno a non viverne i valori, quali il potere assolutizzato, l’inganno, la seduzione, contrapponendo ad essi la fedeltà, la perseveranza e la testimonianza. Come Gesù, il testimone fedele e veritiero, il cristiano propone la verità attraverso la sua vita e la sua esperienza. Con queste premesse è giustificata la speranza. Il cristiano si accorge che la storia è in mano a Cristo e, nel suo impegno, sperimenta la presenza di Cristo come una forza invincibile e vincente. La sua coerenza gli fa scorgere la giustizia là dove c’è la verità, e non dove c’è l’equilibrio del compromesso, per questo motivo non ha paura di essere in minoranza, sarà pure paziente e lungimirante nel giudicare le situazioni, sapendo che anche se la giustizia si realizza in questo mondo, la sua suprema manifestazione non fa parte di questa storia. Solo chi vede un mondo che non è di questo mondo può credere al messaggio del Vangelo e dell’Apocalisse.
La storia ha un’anima, e non solo dei fatti, ha una sua interiorità, e solo attraverso la scoperta di questa interiorità ogni persona può riconoscere e realizzare lo scopo fondamentale della propria esistenza.

Tecle Vetrali

docente di esegesi biblica all’Istituto Ecumenico “S. Bernardino” di Venezia


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