Editoriale (2)
Celebro sempre con gioia la festa di San Giuseppe lavoratore, il 1° maggio, festa degli uomini e delle donne del lavoro in tutto il mondo. Mi ricorda la mia identità di operaio e di credente, di presbitero operaio di uomo del lavoro e cercatore del volto di Dio.
Da molto tempo coltivo nel cuore un sogno, un’aspettativa che esprimo cosi: sono fiero di essere discepolo di Gesù “il Figlio dell’Altissimo che Giuseppe addestra all’umile arte del falegname”, come recita l’inno della festa di San Giuseppe,
Ecco allora il sogno: quando la festa liturgica di San Giuseppe lavoratore diventerà anche la festa di Gesù operaio nella bottega di Nazaret?
FIL1US DEI FABER celebrare/contemplare Dio che si è fatto uomo e uomo che ha conosciuto la bellezza e la responsabilità di vivere “con il lavoro delle mani”. Anche Gesù a Nazaret ha cantato il Salmo 127 e lo ha vissuto nella concretezza/materialità del quotidiano.
Certamente non solo così ma anche così ce lo presenta la Gaudium et Spes (a cinquanta anni dalla fine del Concilio) quando al N° 22 scrive: “Gesù ha lavorato con mani d’uomo..,”, al N° 32: “Volle condurre la vita di un artigiano del suo tempo…”, al N° 43 “Gioiscano i cristiani, seguendo l’esempio di Gesù che fu artigiano…”, al N° 67 “Cristo ha conferito al lavoro una elevatissima dignità lavorando con le proprie mani a Nazaret…” ecc,
L’evangelo non annota che abbia rivestito abiti sacerdotali ma che è riconosciuto come “figlio del falegname” (Mt 13,55), “falegname” lui stesso (Mc 6,3); nell’ultima cena “si legò un grembiule attorno ai fianchi (Gv 13,4).
In Cristo, l’Adamo secondo il disegno del Padre, c’è questa dimensione della vita: il lavoro ha dato uno stile all’uomo Figlio di Dio. In Cristo, uomo nuovo, spingo lo sguardo verso un umanesimo pieno e mi chiedo: la mancanza di lavoro oggi oltre ad essere grave menomazione della dignità dell’uomo e della donna, non e anche una grande provocazione sul piano della fede?
Attendo con impazienza e con fiducia il Convegno di Firenze: “In Cristo, un nuovo umanesimo”
Gianpietro Zago
presbitero
10.05.2015