Ci scrivono
A Roberto Fiorini
Carissimo,
le idee che (intenzionalmente o senza consapevolezza) giustificano (o cercano di giustificare) la situazione esistente, sono le idee dei conservatori. Queste idee non sono manifestate in modo aperto e brutale (e in questo caso è più facile respingerle), ora invece si presentano in modo soft, o camuffato (e in questo caso sono più pericolose, perché entrano nella tua testa e nel tuo cuore senza che tu te ne accorga).
Questa riflessione mi è suggerita dalla lettura di un articolo pubblicato sulla rivista PRETIOPERAI (numero pagine 34-45): Bruno Anastasia, “L’impatto della recessione sul mercato del lavoro”.
Che la svalutazione della moneta favorisca le esportazioni e sia “il volano della ripresa dell’attività produttiva” (pag. 34) è una tesi degli economisti del padronato. Certamente, quando un paese svaluta la sua moneta, crescono le sue esportazioni, ma bisogna chiedersi: a chi vanno i vantaggi di questa crescita? I vantaggi vanno sicuramente ai padroni dei paesi esportatori, perché aumenta la quantità delle merci vendute; e vanno anche ai padroni dei paesi importatori, perché si acquistano le merci a un prezzo inferiore a quello precedente. I lavoratori dei paesi che svalutano la loro moneta subiscono invece una perdita assai gravosa, perché il potere di acquisto dei salari e degli stipendi si abbassa, provocando il peggioramento del tenore di vita (il che deriva anche dal fatto che le merci prodotte dai lavoratori del paese che svaluta, sono acquistate dagli importatori a un prezzo ridotto).
Con la svalutazione della moneta i lavoratori ricevono per le merci da loro prodotte un equivalente monetario inferiore. La dimensione dello sfruttamento cresce: alla componente interna di questo sfruttamento si aggiunge una componente esterna.
Sulla legge Treu del 1997 e sulla legge Biagi del 2003 l’autore dell’articolo dà indicazioni inaccettabili (pag. 40-41). Egli sostiene che queste due leggi:
a) rispecchiano la situazione oggettiva cioè le trasformazioni esistenti;
b) incanalano la situazione oggettiva e le trasformazioni esistenti “in modo da massimizzare gli aspetti positivi e minimizzare gli aspetti negativi” (pag. 41).
Secondo me l’elaborazione di Tiziano Treu e quella di Marco Biagi rispecchiano e incanalano (orientano e coordinano) le esigenze e i gretti interessi dei padroni. Treu e Biagi infatti con le loro elaborazioni teoriche cercano di santificare, stabilizzare, rafforzare le irrazionalità e le iniquità dell’oggettivo processo produttivo.La razionalità e la moralità di chi lavora poggiano invece sopra una convinzione diversa: sulla convinzione che sia possibile modificare “ab imis fundamentis” l’oggettivo processo produttivo.
Le leggi e le regole che rispecchiano la situazione oggettiva sono sempre state (e sono) le leggi e le regole volute ed accettate dai dominatori: assai diverse invece sono (e sono sempre state) le leggi e le regole presenti nel cuore e nelle menti dei dominati (quando i dominati non sono obnubilati e addormentati dai dominatori, ma sono intellettualmente ed emotivamente emancipati, svegli, appassionati).
Secondo l’Anastasia, nella vita produttiva gli “assetti post-fordisti … tendono a massimizzare le differenze individuali nelle capacità” (pagina 42). Anastasia usa in modo errato il termine capacità (capacità significa valore, competenza, saggezza, equilibrio, lealtà, generosità, abilità lavorativa…).
Io ritengo che le differenze individuali che stanno a cuore e ricevono un trattamento privilegiato dal post-fordismo non riguardano le capacità di ciascuno, ma riguardano particolari caratteristiche quali l’amoralismo, l’indifferenza per le azioni prepotenti e per la menzogna, l’impudenza, la tollerabilità dei comportamenti tra loro contraddittori (e altra roba di questo stesso spregevole genere).
Carissimo Roberto, se vogliamo liberare gli uomini, se vogliamo intraprendere l’ESODO, il nostro parlare, il nostro scrivere e il nostro agire non possono essere doppi e ambigui.
Questa mia lettera nasce dalla rabbia che mi soffoca davanti alla corsa verso il peggio. Tuttavia sono convinto – e anche tu ne sei convinto e lo testimoni con la tua vita di ogni giorno – entrambi siamo convinti che gli uomini riusciranno a rialzare la testa e guarderanno al cielo senza un briciolo di paura.
Un abbraccio da
Francesco Paolo Magno
PS: negli anni ’60 del Novecento pubblicammo a Palermo la rivista DIALOGO. Non usavamo censure selettive, ma pubblicavamo anche gli articoli e le argomentazioni del diavolo. In calce ad ogni articolo però, quando era necessario, c’era una nota di chiarificazione e di riflessivo, pacato dissenso.
Il dialogo unifica gli uomini a un patto: accanto ai punti d’incontro bisogna dichiarare anche quelli di scontro. L’irenismo ad ogni costo rende faticoso e lento l’esodo.
Palermo 21 ottobre 2010
Francesco Paolo Magno
via Liguria 37
90144 Palermo
Caro Paolo,
Il numero di Pretioperai a cui ti riferisci riportava le relazioni del Convegno di Bergamo dello scorso anno e alcune riflessioni emerse nei lavori di gruppo che si sono tenuti nei due giorni precedenti il convegno stesso. Non abbiamo potuto, per i limiti oggettivi della rivista, fornire informazioni sul dibattito che è seguito alle relazioni, in particolare a quella a cui tu ti riferisci. Sono emerse posizioni diverse rispetto a quelle sostenute da Anastasia che noi avevamo invitato come relatore. Personalmente ho ritenuto molto più utile, nell’economia della nostra rivista , cogliere l’attualità di quanto stava avvenendo e mettere in evidenza riflessioni critiche sui fatti di Pomigliano d’Arco, sulla relazione di Marchionne al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, la cui applicazione si è poi vista nel diktat del referendum alla Mirafiori. A conti fatti e a distanza di tempo, credo sia stato giusto così. Penso che dall’insieme della rivista, e anche nell’economia del numero 87-88, emerga con sufficiente chiarezza l’orientamento presente nei preti operai, e anche la consapevolezza dell’enorme difficoltà nella quale ora si trova il mondo del lavoro. Con questo atteggiamento, finché avremo respiro, dedicheremo una quota rilevante del nostro tempo per mantenere l’attenzione e la continuità con il nostro inserimento storico nel mondo del lavoro a cui abbiamo dedicato “i migliori anni della nostra vita”. Anche quest’anno nel convegno del prossimo 2 giugno dedicheremo l’intero pomeriggio a riflettere su quanto sta avvenendo ai lavoratori. Ci darà una mano Daniele Checchi, economista e amico storico dei pretioperai. Ciao e buon lavoro.
Roberto Fiorini