Per una memoria viva (4)


 


Firenze, 30 Settembre 2006

Carissimi amici,
non sono riuscito a spedirvi prima questa lettera, anche perché ero incerto se mandarvela o no!! Inoltre sono stato in Africa per un mese. Scusatemi sono sempre il solito bischero! Leggetela come una mia testimonianza personale: il pensiero di Bruno mi accompagna sempre!
Vi abbraccio.

Renzo Rossi prete


 

papà Bruno

Firenze, 15 Luglio 2006

Carissimi amici di Bruno e miei,
ai funerali di Bruno io non c’ero. Purtroppo l’aereo che mi riportava da Parigi a Firenze ritardò di due ore. Così il mio dolore per la “partenza” di Bruno divenne ancora più grande per non essere stato presente insieme a voi per l’ultimo saluto, accanto ad Agnese e al figlio Giovanni. Così ho sentito fortemente il bisogno di scrivervi, cari amici, per darvi la mia piccola testimonianza, che vi avrei dato a voce insieme a Renzo Fanfani: ve la mando mentre sono appena rientrato da uno dei miei soliti “deserti”.
In questi giorni ancora così vicini alla morte di Bruno, vivo continuamente nel pensiero di lui, uno dei miei più cari amici, se non il più caro, la cui presenza nella mia vita è stata davvero determinante. Senza Bruno sarebbe mancato al mio sacerdozio uno dei punti di riferimento più importanti. Se ho scoperto, nei lunghi anni della mia vita, tante cose belle, ma soprattutto il valore della solidarietà e dell’amicizia insieme all’amore per i poveri e il mettermi dalla loro parte, lo devo a lui.
Nonostante fossimo così diversi, ci volevamo un gran bene. La nostra amicizia era molto profonda… fin da quando divenni prete, nel 1948. Anche quando Bruno fece la sua nuova scelta, la nostra amicizia rimase intatta, anzi più intima e più bella. Avrei tante cose da raccontarvi della sua ricchezza interiore, della sua serenità, della sua lucidità assoluta, ma non me la sento di comunicarvi il segreto del nostro rapporto personale, del nostro volerci bene, dei nostri dialoghi silenziosi.
Bruno ebbe con me gesti di inaudita fiducia e di forte amicizia, che – a volte – andavano perfino contro il suo modo di vedere la realtà: la sua amicizia superava di slancio la nostra diversità. Insieme a Don Milani (oltre alle mie guide spirituali come Don Bensi e Don Bartoletti) Bruno, scusate se mi ripeto, è stato la persona che più ha influito sulla mia vita di prete. Il Milani e il Borghi furono per me due guide essenziali: senza di loro sarei stato terribilmente più bischero.
Naturalmente quando Bruno fece la sua nuova scelta (io ero in Brasile) ci soffrii molto, ma non gli chiesi mai il “perché”: mi fidai di lui. Fu lui stesso che, in una lunga chiacchierata – circa quattro anni fa – mi fece tutta la storia della sua vita e mi spiegò il perché della sua scelta. La sua fu soprattutto una crisi di fede nella Chiesa.
In quell’incontro stavo per fargli la domanda più importante: com’è oggi il tuo rapporto con Cristo Gesù? Non feci in tempo! Un nostro amico comune però mi aveva preceduto. Bruno rispose così: “Ora gli voglio più bene di prima”. Risposta di cui voi tutti aveste conferma la sera dei funerali, quando Agnese lesse una preghiera che Bruno aveva scritto la notte di Natale del 1976.
Forse un giorno potrei farvi leggere le lettere che Bruno mi scrisse, prima e durante il mio Brasile. Mentre scrivo mi rendo conto di dire cose superflue (o banalità, forse). Ma Bruno è stato così per me. Ve ne parlo a titolo personale. Forse a qualcuno di voi farò rabbia, ma io – con questa lettera ad amici comuni – intendo dare la mia testimonianza personale: non scrivo secondo il “vostro” Bruno, ma secondo il “mio” Bruno. E lui è il prete che si è staccato dalla Chiesa perché, secondo la sua visione di fede, essa non metteva in pratica l’insegnamento di Gesù.
Bruno amava la Chiesa, ma ne era deluso. Ed allora, almeno apparentemente, ne è uscito: non ce la fece a restarci. Non accettava l’affermazione di S. Ambrogio sulla Chiesa (“casta prostituta”), la voleva “tutta bella”. E, deluso, ha camminato per conto suo. A volte lo prendevo in giro perché nelle nostre chiacchierate mi domandava spesso notizie dei vari preti suoi amici e di tanti con cui aveva camminato insieme. Ed io, ridendo, gli dicevo: “Abbozzala! Proprio con te mi tocca a parlare dei preti!”.
Ma ecco che la fo troppo lunga e vi sarete già stufati. Forse un giorno vi parlerò di Bruno senza l’emozione di questi momenti. Scusatemi.
Prima però di concludere questa lettera desidero darvi la mia testimonianza sugli ultimi giorni della sua vita. Andavo spesso a trovarlo all’ospedale, sapendo che per lui non c’era più speranza. Il nostro era spesso un dialogo silenzioso, senza molte parole: ci sorridevamo a vicenda, con evidenti reciproche prese di giro. Un giorno gli dissi: “Bruno, sono almeno due anni che ti ho scritto una lettera, ma è così sciocca che non ho il coraggio di mandartela”. E lui: “Se me la mandi, la leggo”. Così gliela mandai. Alla fine aggiunsi questa osservazione: “Volevo sempre domandarti qual è il tuo rapporto con Cristo, ma ora non te lo domando più, perché so che a Cristo hai sempre voluto bene”. Agnese mi raccontò poi che Bruno le chiese più volte se era arrivata la mia lettera. E quando, la penultima volta, andai a trovarlo all’ospedale, Bruno mi disse, sorridendo con il suo solito sorriso ironico: “Ho ricevuto la tua lettera: non sapevo di essere stato così importante nella tua vita”. Queste sue parole mi commossero profondamente.
Ritornai a trovarlo per l’ultima volta lunedì 3 luglio: sei giorni prima che morisse. Fu il nostro ultimo incontro. Eravamo soli: io e lui! Bruno soffriva molto. Quando arrivai stava ad occhi chiusi. Aspettai… Appena riaprì gli occhi mi sorrise. Silenzio! Non ce la faceva più… Un lungo dialogo silenzioso! Ci sorridemmo senza dir niente. Poi ci stringemmo forte forte la mano senza deciderci – né io né lui – a lasciarla. Capii che era giunto il momento dell’addio. Così lo salutai: “Ciao, Bruno: ritornerò fra una settimana: vo a Parigi. Non fare il bischero, aspettami!”. Nuovo sorriso. Addio per sempre. Ci ritroveremo presto in Paradiso, pensai…

Così, carissimi amici! Vi abbraccio forte forte.

Renzo Rossi

Don Renzo Rossi è stato un amico carissimo di Bruno. È stato per più di 30 anni in Brasile a Salvador Bahia. È un altro dei “grandi vecchi” della diocesi di Firenze.


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