Renato in fabbrica: memorie di una dura lotta


 

Don Renato Pipino ha difeso un lavoratore durante una violenta rissa con il direttore dello stabilimento

Un prete-operaio torinese, ex segretario del vescovo di Ivrea Bettazzi, il sacerdote che da anni si batte per i poveri e gli emarginati e che si è schierato in prima linea in difesa dei lavoratori del Vallesusa, è stato licenziato in tronco perché ha difeso un delegato di fabbrica durante una violenta discussione con il direttore.
Don Renato Pipino, 38 anni, vive nella Fraternità Carmelitana di Lessolo, un paese della provincia di Torino: è professore di morale ma, come altri suoi colleghi, ha scelto di lavorare con gli operai e come gli operai. Da anni infatti è impiegato presso la Wierer (dove ha un incarico di responsabilità), una fabbrica di San Giorgio Canavese con una quarantina di dipendenti.
Nella ditta, legata a una multinazionale e che produce tegole in cemento, don Pipino è stato eletto delegato proprio per l’equilibrio dimostrato in varie circostanze e per la fiducia che gli hanno accordato i compagni.
La vicenda che ha portato al licenziamento del prete e di un altro delegato e alla lettera di ammonizione per cinque operai, si è innescata in una situazione già incandescente, mentre cioè erano in corso scioperi per una vertenza cominciata due mesi fa sull’occupazione, la mensa, l’aumento del premio di produzione e l’ambiente di lavoro. I dipendenti denunciano il rischio di malattie professionali come la silicosi. Ma l’azienda alle richieste dei lavoratori ha risposto picche, non lasciando granché spazio alla trattativa.
Nei giorni scorsi si è verificato l’episodio che ha provocato il licenziamento di Renato Pipino e di cui si sta occupando la magistratura. Secondo i sindacati il direttore dello stabilimento, ing. Stuani (già protagonista di altri scontri per il suo comportamento con i dipendenti) avrebbe aggredito con un pugno un delegato che ha poi dovuto farsi medicare (dieci giorni di guarigione). Don Renato sarebbe intervenuto per ristabilire la calma. L’azienda fornisce una versione esattamente opposta.
Il giorno successivo comunque, due delegati hanno ricevuto una lettera di sospensione per cinque giorni. Scaduto il termine, la direzione ha annunciato il licenziamento per entrambi con la motivazione «minacce e percosse». Altri cinque operai, i testimoni del fatto, sono stati ammoniti e sospesi.

S. Mi.

“Paese sera”, 15 giugno 1977

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