Sguardi dalla stiva
1. Nel paesaggio lunare
Pochi anni fa c’era un paesaggio quasi naturale. Dei lavoratori potevano lottare perché si chiudesse il manicomio di S. Servolo. Vietnamiti e cileni erano fratelli. Persone semplici, nelle sezioni di partito, nei quartieri, nelle scuole, discutevano, proponevano convinti di un legame tra atomo e cellula nel grande organismo della democrazia. Nel sindacato un discreto movimento dall’alto verso il basso e viceversa nelle discussioni e decisioni. I lavoratori erano “classe operaia”. Il clericalesimo mollava la presa, nel Concilio: prima è il popolo di Dio, poi le sue articolazioni. Si poteva essere cristiani senza la condanna ad essere democristiani o altro.
Ora il paesaggio è lunare; già ci sono biblioteche sull’argomento. Ma qualsiasi persona lo sa: non solo gli scenari internazionali, ma anche quelli più concreti. Frantumazione della sinistra, quadri di riferimenti politici esplosi. Le persone semplici di cui prima si parlava si sono tutte ritirate da sezioni, quartieri… il sindacato è sentito, quando va bene, come un avvocato tra le parti, ma più spesso (con tutte le brave forze governative lì sul banco, quando ci sono gli attivi sindacali) come il rappresentante del governo e dei padroni presso i lavoratori. Cassa integrazione e licenziamenti. Eccetera. In più il sindacato procede senza più che i voti dei lavoratori (per esempio quelli di “essere sindacato”) valgono un po’ più su. Poi i salti di quaglia di Marini e Benvenuto non scandalizzano più. Si sente che da anni quelli erano ministri.
Non ne parliamo del famoso “popolo di Dio”. C’è una Grande Azienda gerarchizzata, dove tutte le operazioni (otto per mille, clero funzionario, nuovo concubinaggio con la DC e il governo) sono costruite senza il minimo di discussione. Prima c’era il comunismo, ora c’è la società malata, cioè il peccato originale. Dal popolo di Dio alla grande palude dell’opportunismo: grandi sdegni ma unità dei cattolici. Per un Papa che dice no alla guerra, subito dei Vescovi che dicono “etica – diritto – forza”. E i cosiddetti laici di CL, ACLI, Azione Cattolica? Cagnolini (premio Nobel della sciocchezza, il presidente delle ACLI: “Non è più tempo di Paolo VI alle acciaierie di Taranto, ora abbiamo un Papa operista”).
Ma nel paesaggio lunare non è questo l’amaro. L’amaro e il difficile è stato prima la guerra e poi l’assedio dei poveri. Non sono più i vietnamiti o i cileni lontani: sono qui. Si è presi allora dai morsi dei rimorsi. Se i semplici beni (casa, figli, tempo libero) che si acquisiscono con il lavoro, privano milioni di persone dell’essenziale, chi siamo noi? Verso dove ci muoviamo? Sembra che le regole, le idee con le quali ci si pensava esistenti e agenti, non valgono più.
2. Zoccoli di fango
Ciascuno cerca una direzione perché non c’è più “la” direzione. Ogni vita quotidiana cerca di vivere alla luce di qualche mito, di qualche racconto. Come tutti i miti forti, anche quello che qui si propone è a vertiginosa distanza. Ma per questo esso illumina o può illuminare. Esso arriva da un ricordo di una donna sopravvissuta ad un campo di concentramento. Ogni sera essa si imponeva di pulirsi gli zoccoli non perché servisse, in quel fango universale, ma come esercizio di disciplina personale, per non lasciarsi andare. Il lasciarsi andare era la sconfitta che si chiedeva e a questa bisognava resistere.
Qui di seguito, mettendo la propria vita quotidiana (che è l’unica cosa che si ha) sotto la luce di questo mito vertiginoso, si tracciano brevemente degli appunti per un “Manuale per pulirsi gli zoccoli”. Esso è rigorosamente personale, ma anche, almeno questa è l’intenzione, così aperto da permettere che altri lo proseguano per conto loro.
3. Capitolo sulla libertà
Diffidenza sugli educatori, su noi educatori. Molti di noi hanno fatto o fanno una vita da schiavi, come potremmo educare alla libertà?
Oggi tutto tende a gelarsi in stili, ruoli, abitudini fisse. E molti vivono di attività che non producono libertà. Da un lato le libertà che si hanno (moltissime in proporzione a quelle dei “topi” ricordati da Bobbio) devono essere limitate perché i beni del mondo siano distribuiti equamente, dall’altro lato la totalità della vita del singolo, che ha la morte accanto, ha dimensioni infinite e presenti. Questo spazio dovrebbe essere rispettato dalle religioni. Esse dovrebbero essere come Giovanni Battista o come Socrate, ostetriche del “Bambino che nasce”. Si perdono invece nei moralismi e nei calcoli concordatari. La religione cattolica, almeno.
4. Capitolo sul non dimettersi da niente
Non c’è modo di ritirarsi dalla politica per inseguire chissà quale tana del privato. Famiglia, movimenti, sindacato, associazioni… restano il campo di sempre. E se lo facessimo, comunque l’assedio dei poveri ci sniderebbe.
Certo si sta in una azione che è più oscura e limitata. Questo seme nascerà o no? Non si sa. Dopo il tempo in cui la politica era una tensione, in un certo senso felice, verso esiti di fraternità e di giustizia, in un certo senso naturali e quindi ravvicinati, ora si scopre che la politica è l’arte di mettere insieme persone e progetti che naturalmente non convergono. Il singolo e la sua azione non vengono più iscritti e trascinati via dalla Storia, dal Progetto…
Ma, appunto, c’è un tempo per vivere e uno per morire, uno per seminare e uno per raccogliere.
5. Capitolo sul tempo
Né il sole dell’avvenire, né i progetti universali e nemmeno il paradiso possono prosciugare il presente come un pezzo travolto nel fluire della catena di montaggio.
C’è un tempo lungo, il tempo della responsabilità, nel quale si semina senza raccogliere, lavorando per progetti e generazioni che non vedremo. E c’è un tempo presente nel quale, poiché singolo e presente accendono la storia, accade la totalità sconosciuta ai linguaggi delle convivenze. Tre libertà stanno intorno alle persone anche più dimenticate: libertà della grazia, del singolo e del loro incontro, unico per ciascuno.
Guai a chi, per potere, vuole controllare questa unicità riducendola ad ordine umano.
6. Capitolo sulla meraviglia
L’Altro è tra noi. Il poco o tanto che assieme a lui si può fare, è quello che appartiene ai progetti politici. Ma questa azione, per non diventare mutua omologazione, è bene sia circondata dalla meraviglia. Non sappiamo se il futuro del mondo sarà un “mescolarsi”, un “opporsi” o chissà cosa. Eguaglianza e differenza come staranno insieme? Intanto si può stare nella conoscenza di civiltà e mondi che sono lontani.
P.S. – Izutsu, Unicità dell’esistenza e creazione perpetua nella mistica islamica, ed. Marietti; Abdel Kader, Libro delle soste, ed. Rusconi; Naghib Mahfuz, Premio Nobel egiziano, nelle edizioni Pironti; Al-Hallaj, Diwan, ed. Marietti; Ben Jelloun, Creatura di sabbia, ed. Einaudi.
7. Capitolo sulla felicità assente
Forse i tempi felici della politica degli ideali erano tempi dove la felicità stava vicina all’azione, anche all’azione difficile. Ora l’azione è lotta per acquisire beni, spazi, e per assicurarli a tutti nel mondo. Qui non c’è felicità.
Forse questo è il tempo nel quale bisogna staccare la felicità dalla politica.
La felicità non è un bene, essa si dà, forse, nel regime della grazia e dell’istante.
Piano anche con tutte le odierne cioccolate della crisi, ecc”. Innanzitutto il dolore del mondo alita solo sopra “certe” zone: non è decente che ogni nostro dolore ci faccia martiri troppo facilmente. Attenzione piuttosto perché molti (chiesa cattolica in prima fila) intingono i loro biscotti nelle cioccolate del mondo.
Com’era quella canzone di Dario Fo su di un contadino del Medioevo che affermava non si dovesse piangere perché il pianto del povero faceva male al re?
P.S. – Rileggere (altro che la scoperta dell’acqua calda della Centesimus annus!) il testo di Berlinguer sull’austerità.
8. Capitolo sulla necessità della distanza
In nessuna comunità o progetto storico il singolo è biodegradabile, intendo
qui il singolo non come individuo ma come cifra che annulla le categorie dello storico, aprendo uno spazio assoluto.
La crisi dello politica, come pretesa di sciogliere il singolo in sé, nel suo progetto, mostra questo. La politica rinasce come responsabilità che chiede l’assolutezza del donare ma senza la pretesa della presenza del progetto compiuto.
Il tempo però è aperto. Può accadere che la felicità dello stare assieme accada istantaneamente. Anche un poeta dice:
“L’amore passato
è un giardino nel quale
si può stare sempre”.
Ma sono grazia, questi istanti. Non si possono riprogettare.
La chiesa sarebbe rivoluzionaria non se proclamasse, come fa ora, la necessità dell’amore, ma la necessità di pagare le tasse.
P.S. – Zambrano, Chiari nel bosco, ed. Feltrinelli.
9. Capitolo sul comico e sull’amaro
E se il woitylismo fosse un enorme bluff? Sia per lui, il Grande Padre che fa tutto nella chiesa, sia per noi che siamo i suoi pigri creatori. Un marziano vedrebbe la stranezza che una istituzione, la cui essenza è (a pieno tempo come Tognazzi nel film “Il colonnello dorme in piedi”) proclamare i valori per tutti nello spazio e nel tempo, è poi in concreto una specie di monarchia con tutte le autorità che nascono per cooptazione, con preti e laici trattati peggio dei consumatori di un supermercato. Eccetto qualche eccezione sulla legge dell’obiezione di coscienza, fatta saltare dal “Patriota”, tutti zitti, in questa società. Tutti zitti, in questa società, si sono infilati in due catastrofi. Il clero mantenuto trasforma i testimoni in funzionari e il sacro in un servizio e in una merce, e il nuovo matrimonio chiesa – DC – governo schiaccia tutto assieme: Vangelo – Regno di Dio – valori – DC – governo, in una stretta infernale. Questo è l’amaro.
Il comico è lo pretesa di avere anche la botte piena, cioè presentarsi (addirittura nei cortei dei lavoratori contro i licenziamenti) come difensori della civiltà e dei valori di questa società disumana. La Carne che non soffre parla e chiacchiera alla Carne che soffre. È Fedro o Esopo che racconta della mosca cocchiera che incita e rimprovera i buoi che tirano il carro? Basta con i lamenti. Invece che fare i cagnolini, i laici e non, non sarebbe meglio che cominciassero a riflettere ancora: Vangelo o Evangelizzazione?
Oggi la Carne soffre di disoccupazione, di ingiustizia fiscale, di incertezza anche su che cosa debba fare un cittadino. La Carne che chiacchiera non chiama a raccolta le energie migliori del soggetto di fronte a sfide così grandi; “Il governo è peccatore, ma se si pente noi lo assolviamo: tu votalo!”
10. Capitolo sull’ “ora e nell’ora”
Ora tutti i funerali sono civili. Chiesa e società usano la morte e il nostro averla accanto (la morte che è l’assoluta unicità per ciascuno) per seppellire i morti. Usano i morti per ottenere o rinforzare dal loro mutismo regole della città dei vivi. Prima che anche la nostra morte subisca questo uso “politico”, che fare? La paura della morte, che non è la nostra, rinvia ad un grado zero della realtà, zero di tutte le categorie del politico, comprese quelle cosiddette religiose (come Dio, mondo…), che la religione inventa per motivi politici.
A questo rinviano le pagine della Bibbia e dei mistici.
P.S. – Hoffmansthal, Lettera a Lord Chandos, ed. Rizzoli.
11. Capitolo sulla necessità dell’ateismo in politica
I progetti politici per le convivenze, dalle più piccole alle più grandi, non devono avere l’avallo di nessuna religione. Le religioni sono dure, rendono assoluto ciò che la giustizia e la fraternità umana esigono diventi leggero. Le religioni sono dure e creano teste dure e rapaci. Così nascono le Cause. Se l’etica senza religione è lenta a nascere, come sono evidenti le follie delle religioni anche e soprattutto quelle che esibivano un Padre di tutti gli uomini.
Quante sciocchezze abbiamo ascoltato nell’anniversario della “conquista dell’America”! Quando si faranno uscire gli scheletri dentro gli armadi del cristianesimo? Togliatti (vedi lettera in L’Unità del 15 febbraio 1992) ricorda che il veleno del fascismo aveva intossicato gli italiani così da farne degli aggressori della Russia. La chiesa concordataria del 1929 è capace di una critica sulla sua complicità? Quando ci si pentirà? Certo che la fede incide sulla storia, ma per sovrabbondanza di generosità, sconosciuta alla mano che la fa.
L’educazione cattolica è corruttrice: nella sua ricerca e mitizzazione delle “robe cristiane”, come la famiglia cristiana, ecc., in realtà ha paura della libertà e cerca la “mercede” come da qualche parte il Vangelo vieta di fare.
P.S. – Bartolomeo de las Casas, Brevissima relazione della distruzione delle Indie, ed. Cultura della pace.
12. Capitolo sul leggere
È tempo di leggere la Bibbia, nel senso di starci dentro come dentro ad un albero senza fine. Per molti anni, forse, per vedere che cosa accade. Altrimenti resterà tra i denti la segatura che di questo albero hanno fatto teologi di corte e preti funzionari.
E la grande tradizione, come dimenticarla? Come disintossicazione dal cristianesimo concordatario si può cominciare dalla lettera a Diogneto. Sia Quinzio che Ceronetti sono feroci risvegliatori dal sonno catechistico. Sono nelle edizioni Adelphi.
P.S. – Cominciare ora a leggere Marx, Maryla Falk, Il mito psicologico nell’India antica, ed. Adelphi; Suzuki, Misticismo cristiano e buddista, ed. Ubaldini; Watts, La via dello zen, ed. Feltrinelli.
13. Capitolo sulla gatta paziente
Ora chiesa, società e famiglia, identificando educazione e iniziazione alla fede, sono gatte impazienti. Tutto, della verità e dei sacramenti, è fatto inghiottire in pochi anni. Per questo i gattini di questa gatta frettolosa sono ciechi. Dai 15 anni in poi sono atei e bigotti quanto serve.
Leggere il Fedro di Platone o la parabola delle perle e dei maiali.
Sopportare la solitudine dei figli e quella dei genitori. Non si è solo macchine educanti e materie da educare. Bruciare i catechismi che sono equivalenti a “La lingua russa in 15 giorni”! Leggere per anni il Vangelo, ma tenerlo lontano dai bambini. Evangelizzare è riscaldare indirettamente, perché non possiamo assistere al Fuoco quando si accende.
14. Capitolo sul restare nella memoria
Stare nella memoria quotidiana dei morti dimenticati ma che devono tornare, come i soldati morti nel film “I sogni” di Kurosawa. Ciascuno con quelli che più li premono dentro: gli irakeni seppelliti vivi nella sabbia, i ragazzi dell’Intifada uccisi, gli anonimi che sono trovati morti dopo essersi imbarcati in navi o containers per venire in Europa.
Nel veneziano ricordiamo Mohammed Ammani Salem, tunisino, clandestino a bordo di una nave che viene a Marghera nel novembre 1991. Il suo corpo è ritrovato nel febbraio 1992 nel canale dei petroli.
15. Capitolo sul nulla
Se il mercato tende a rendere mondo e uomini come pura materia trasparente per la serie “produzione – consumo – distruzione”, non poca forza ha questo modello nell’inconscio collettivo, dato che per tutti (bigotti, credenti, laici, atei… ) alle spalle di questo mercato stanno di rinforzo le grandi categorie di “Dio, “Al di là”, “Mondo”, ecc. Si pretende vengano dalla Bibbia, vengono invece dal Faraone. Così si ha una Suprema Prigione per la storia, resa insignificante, e per il singolo, umiliato. Dio è l’idolo garante della schiavitù chiamata provvidenza. Contro questa prigione bisognerebbe evocare il Nulla dell’agonia di Cristo o quella dei mistici. Tutti i dittatori sono provvidenti.
Contro la Roba e l’Idolo che Dio è diventato, opporre la Brezza dell’Esodo e il Grido del Gethsemani.
P.S. – Sestov, Sulla bilancia di Giobbe, ed. Adelphi; Eckart, Sermoni tedeschi, ed. Adelphi. H. S. Hisamatsu, La pienezza del nulla, ed. Il Melangolo.