Editoriale 1
La radice dei mali sociali
“La necessità di risolvere le cause strutturali della povertà non può attendere, non solo per una esigenza pragmatica di ottenere risultati e di ordinare la società, ma per guarirla da una malattia che la rende fragile e indegna e che potrà solo portarla a nuove crisi. I piani assistenziali, che fanno fronte ad alcune urgenze, si dovrebbero considerare solo come risposte provvisorie. Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali della inequità, non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema. L’inequità è la radice dei mali sociali.” (Evangelii gaudium, 202).
Non fa problema a nessuno un cristianesimo rinchiuso nella spiritualità privata, nell’elemosina, anche quella più organizzata, nelle comunità parrocchiali chiuse in sé con i loro confini sempre più mobili, nelle varie forme associative dove si cerca rifugio a una solitudine che morde “il cittadino globale”.
D’altra parte chi può negare che storicamente nella chiesa cattolica vi sia un interesse reale e fattivo per i poveri?
Tutto questo, però non incide minimamente – l’Italia è un esempio – sulle iniquità strutturali e connaturate che generano emarginazione, povertà e distruzione della speranza. Si deve anche notare non di rado la mens che si può trovare negli ambienti cattolici si combina con il rifiuto a prendere in considerazione le cause strutturali che incidono pesantemente sulla vita delle popolazione. Si afferma che tocca agli individui cambiare, senza un minimo cenno a tutto il resto. Non manca poi una certa allergia a tutto ciò che puzza di sociale, quasi fosse l’eredità lasciata dall’antico anticomunismo.
L’afasia, se non lo squallore, del cattolicesimo politico degli ultimi decenni completano il quadro, per non parlare del ruinismo (sì, quello del card Ruini) che per un ventennio ha imperversato, impoverendo inesorabilmente l’afflato evangelico e messianico di una classe dirigente della chiesa con un centralismo non democratico che riduceva al silenzio anche quei pochi vescovi che avevano qualcosa da dire. Si è tollerato di tutto. Si sono passate sotto silenzio leggi inique e disumane, come quelle che regolano i flussi migratori, non si è parlato di giustizia – parola di cui si diffida – preferendo quella più trattabile di carità. Sradicata però dalla forza che essa possiede nel Nuovo Testamento e dal collegamento inevitabile ed essenziale con la categoria di giustizia, la più importante dell’Antico Testamento, come sostiene, in un classico studio biblico Van Rad.
L’intervento di papa Francesco evidenzia un radicale cambio di paradigma. Mettendo sotto tiro “l’autonomia assoluta dei mercati” e la carta libera concessa alla “speculazione finanziaria” , sostenendo inoltre che solo “aggredendo le cause strutturali della inequità” si potrà dare una speranza al mondo. Perché “l’inequità è la radice dei mali sociali”.
Stamattina, dopo la Messa, un anziano ospite del pensionato che frequento mi ha riferito di avere sentito accuse contro il papa perché marxista e comunista. Certo- gli rispondo – tutti quelli che sono contro “la radice dei mali sociali”, anche se sono persone tranquille, vengono fatti passare per “comunisti”. Non è necessario avere la memoria lunga per ricordarci del cavallo di battaglia del cavaliere, condannato al carcere, ma in libertà permanente. Tuttavia il suo è un fenomeno da baraccone in confronto di quello che si sta preparando su scala mondiale, e sul quale conviene svegliarsi alla svelta non perdendo troppo tempo sulle permanenti baruffe di casa nostra.
Il trattato transatlantico
Sono in corso delle trattative, circondate da scrupoloso silenzio, destinate ad avere una grandissima influenza sulla vita e sul futuro di vaste parti del mondo. Si tratta dell’accordo di partenariato transatlantico (Ttip) negoziato tra Stati Uniti e Unione europea, al quale si sta lavorando a partire dal luglio 2013 (Cfr. un documentato articolo comparso su Le monde Diplomatique, novembre 2013, di Lori Wallach: Il trattato transatlantico, un uragano che minaccia gli europei, tratto da www.attasctorino.org.)
Riprende una materia già trattata nel progetto di accordo multilaterale (Mai) negoziato dai 29 paesi dell’organizzazione dello sviluppo economico (Ocse) tenuto segreto e poi accantonato per le vibrate proteste seguite alla sua pubblicazione. Il punto è che si vogliono sottomettere tutte le legislazioni in vigore sulle due coste dell’Atlantico alle regole di “libero scambio” a favore delle grandi aziende europee e statunitensi, sotto pena di gravi sanzioni commerciali per il paese trasgressore. Se dovessero entrare in vigore, i privilegi delle multinazionali avrebbero valore di legge per i singoli paesi e potrebbero essere modificate solo con il consenso unanime di tutti i paesi firmatari. I governanti presenti e futuri avrebbero le mani legate e le alternanze politiche a nulla servirebbero per cambiare le cose.
Il Trattato transatlantico andrebbe ad aggiungersi al già operante Accordo di partenariato transpacifico (Tpp) in corso di adozione per il dodici paesi firmatari. il Ttip e il Tpp Insieme comporrebbero un impero economico capace di imporre le proprie condizioni anche al di fuori delle proprie frontiere. Infatti qualunque paese volesse intessere relazioni commerciali con questo nuovo mercato comune, dovrebbe sottostare alle sue regole.
Cittadini e giornalisti sono stati tenuti fuori dalle discussioni per “mantenere un certo grado di discrezione e confidenzialità” (Ronald Kirk ex ministro del commercio statunitense), in compenso le delegazioni statunitensi contano più di seicento consulenti delegati dalle multinazionali con libero accesso ai documenti preparatori e ai rappresentanti dell’Amministrazione.
E’ già previsto che i paesi firmatari dovranno procedere alla «messa in conformità delle loro leggi, dei loro regolamenti e delle loro procedure» con quanto prevede il trattato. Non c’è settore di interesse pubblico che non sia sotto tiro per essere scarnificato dall’interesse privato. “Sicurezza degli alimenti, norme sulla tossicità, assicurazione sanitaria, prezzo dei medicinali, libertà della rete, protezione della privacy, energia, cultura, diritti d’autore, risorse naturali, formazione professionale, strutture pubbliche, immigrazione: non c’è una sfera di interesse generale che non passerà sotto le forche caudine del libero scambio istituzionalizzato”.
La novità assoluta contenuta in tali trattati è la possibilità delle multinazionali di denunciare i paesi sottoscrittori che in qualche modo impedissero il pieno sviluppo del loro commercio. Quello che ha fatto il Wto, che ha inflitto all’Unione Europea “penalità di centinaia di milioni di Euro per il suo rifiuto di importare organismi geneticamente modificati (Ogm)”, potrebbe ripetersi in diversissimi settori su iniziativa delle multinazionali. Sono infatti previsti tribunali extragiudiziari composti da tre avvocati che sulla base dei trattati possono condannare gli stati al risarcimento delle compagnie qualora le loro legislazioni frenassero “i futuri profitti sperati da una società”.
In Europa operano 14.400 compagnie statunitensi con una rete di 54.800 filiali, mentre sul suolo statunitense vi sono 3.300 aziende europee con 24.000 filiali. Immaginate che razza di contenzioso sono in grado di scatenare contro gli stati per fare incetta di tesori pubblici. Naturalmente dietro gli stati ci sono i cittadini che pagano. Non solo in denaro, ma in salute, inquinamento, condizioni di lavoro ecc. ”Gli stati firmatari si vedranno costretti non soltanto a sottomettere i loro servizi pubblici alla logica del mercato, ma anche a rinunciare a qualunque intervento sui fornitori stranieri di servizi che ambiscono ai loro mercati. I margini politici di manovra in materia di sanità, energia, educazione, acqua e trasporti si ridurrebbero”.
Qualche esempio ci può dare con chiarezza la posta in gioco. Lo scorso anno l’Equador è stato condannato a pagare l’enorme somma di 2 miliardi di euro a una compagnia petrolifera; Il gruppo farmaceutico americano Eli Lilly ha aperto un contenzioso con il Canada, per aver favorito un sistema di brevetti che rende più accessibili alcuni medicinali. Il fornitore svedese di elettricità Vattenfall pretende dalla Germania diversi miliardi di Euro per la sua svolta energetica.
“I tribunali riconoscono anche il diritto del capitale ad acquistare sempre più terre, risorse naturali, strutture, fabbriche, ecc. Non vi è nessuna contropartita da parte delle multinazionali: queste non hanno alcun obbligo verso gli Stati e possono avviare delle cause dove e quando preferiscono. Alcuni investitori hanno una concezione molto estesa dei loro diritti inalienabili. Si è potuto recentemente vedere società europee avviare cause contro l’aumento del salario minimo in Egitto o contro la limitazioni delle emissioni tossiche in Perù, dato che il Nafta serve in quest’ultimo caso a proteggere il diritto a inquinare del gruppo statunitense Renco”. E potremmo continuare.
“Non vi sono limiti alle pene che un tribunale può infliggere a uno stato a beneficio di una multinazionale…e anche quando i governi vincono i processi devono farsi carico delle spese giudiziarie…con l’ammontare di circa 8 milioni di euro al caso”.
In questo quadro il settore della finanza va a nozze. I timidi tentativi di una regolamentazione della materia, emersi in maniera velleitaria dopo la crisi dei subprime del 2007, si sciolgono come neve al sole dinanzi all’offensiva intercontinentale in atto, mentre la politica degli stati arranca dinanzi alla potenza di questa globalizzazione.
Abbiamo riportato queste informazioni perché, come è successo negli anni ’90, noi possiamo insorgere, e muovendo l’opinione pubblica, mettere i bastoni fra le ruote contro questa perversione della dittatura del mercato che intende mettere sotto ricatto stati e cittadini. E’ possibile fermare questa sfacciata aggressione che svuota totalmente lo stato di diritto e il diritto alla vita, per trasferirlo al “profitto di diritto”. Quello di usare ed abusare senza alcun limite e controllo.
Le nostre traballanti democrazie subirebbero un colpo mortale, mentre le conflittualità interne agli stati sarebbero destinate ad aumentare perché alla fine sono i cittadini che dovrebbero far fronte ai crescenti prelievi fiscali. Mentre le oligarchie finanziarie e le grandi società imprenditoriali sarebbero libere da qualunque vincolo correlato con il bene comune.
Il negoziato Mai, nell’ambito Ocse; condotto segretamente tra il 1995-1997 è stato respinto attraverso la divulgazione delle informazioni, mettendo a nudo la logica oscena di questo liberismo feroce. Occorre denudare il re e mettere al centro della politica e degli interventi culturali il tema della umanizzazione della vita e l’oscenità della sua mercificazione totale che si sta tentando. E’ possibile. E’ possibile togliere il velo alla stupidità intrinseca a questo progetto, che intende il mondo come un’enorme miniera da sfruttare sino a farla diventare una discarica a cielo aperto, abbandonandola poi a un destino desertificato. Con i cittadini sottomessi come schiavi ai diktat delle Corporations, snervati di qualsiasi speranza. E’ possibile insorgere e fare quadrato per salvare il processo di umanizzazione della vita.
La promessa messianica: riscoperta di un senso
Che cosa sono queste forze che vogliono impadronirsi di tutte le risorse del mondo e garantirsi per il futuro l’impero incontrastato praticamente su tutta l’umanità, non avendo altro fine che la moltiplicazione dei profitti, a qualunque costo e per di più nella linea della legalità? Non incarnano esse un ricatto senza limiti, praticato con un’ottusa forza distruttiva, incurante della disumanizzazione che producono nel mondo e dell’illimitato dolore che da esse causato? Possiamo usare alcune espressioni della Evangelii Gaudium per definirle: “una nuova tirannia invisibile” “una corruzione ramificata” “interessi del mercato divinizzato trasformati in regola assoluta” (56) “sistema sociale ed economico ingiusto alla radice” “è il male cristallizzato nelle strutture sociali ingiuste” (59).
E quale è il compito della Chiesa, di tutte le chiese cristiane, di fronte a questo dominio totalitario e incontrastato che si sta cercando di imporre a tutti?
Iniziando da quest’ultima domanda, riporto un pensiero di Ernesto Balducci che mi pare davvero chiarificatore, attualissimo nonostante scritto 30 anni fa. Esso costringe a scelte chiare, senza le quali si presenta un cristianesimo complice e scollato da Gesù Cristo, e dunque un cristianesimo fallito.
“In realtà il compito mio e della Chiesa è di mettersi al servizio della giustizia. Se noi smarriamo questo orientamento messianico su cui così fortemente insiste la Parola di Dio, allora, sotto gli involucri sacri ( e perciò più invincibili, perché creano una falsa coscienza contro cui nulla può la polemica, nulla può la ragione critica) sotto falsi simulacri della religione, si alleano le forze del male, le stesse che invece, come cristiani, dovremmo debellare ogni momento…
Noi siamo autentica Chiesa di Cristo nella misura in cui in noi rivive la dedizione al compito di giustizia, che è l’oggetto dell’alleanza di Dio” (E. Balducci, Il mandorlo e il fuoco, pp. 81.85).
Per rifarci il palato ai sapori della vita e per metterci un collirio che dia forza visiva ai nostri occhi, facciamo un intermezzo, sostando su un testo della liturgia del battesimo di Gesù. E’ un bellissimo brano di Isaia che ci orienta verso una lettura messianica della storia:
“Ecco il mio servo che io sostengo,
il mio eletto di cui mi compiaccio.
Ho posto il mio spirito su di lui;
egli porterà il diritto alle nazioni.
Non griderà né alzerà il tono,
non farà udire in piazza la sua voce,
non spezzerà una canna incrinata,
non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta;
proclamerà il diritto con verità.
Non verrà meno e non si abbatterà,
finché non avrà stabilito il diritto sulla terra,
e le isole attendono il suo insegnamento (Is 42, 1-4).
Vi è un abisso incolmabile tra questo messaggio e la logica e la pratica neoliberiste. L’economico domina tutto. Il suo impero ha raggiunto forme spaventose. Occorre considerare che i meccanismi di tale potere agiscono nella clandestinità, nella latitanza. Se l’attività dei parlamenti in qualche modo segue delle regole, hanno una certa visibilità, le decisioni che riguardano ancora più seriamente la nostra vita, la vita di tutti gli umani, vengono sottratte, alle nostre possibilità di conoscenza. E’ la strutturazione rigida della “inequità” che papa Francesco indica come “la radice dei mali sociali”.
Una chiesa seria non può non affrontare questi mali, basandosi sulla Parola alla quale deve obbedire e che è l’unica forza che lo Spirito di Dio le dona.
In concreto:
1. La chiesa deve sciogliersi e liberarsi da qualunque legame che la vincoli ai sistemi di potere che producano l’inequità strutturale. A livello centrale pensiamo a quello che è stato lo IOR. sperando ora che l’azione di bonifica attivata da papa Francesco sia davvero efficace. Ma anche a livello di chiese locali vi sono alleanze di potere che dovrebbero essere sottoposte al discernimento evangelico. E poi, lo sappiamo, c’è altro ancora…
2. La chiesa deve recuperare una lettura messianica della storia sulla base dell’unico Messia che le ha consegnato il mandato di testimoniare secondo il suo stile, avendo come riferimento l’umanità tutta nel suo bisogno di liberazione da oppressioni che sono ben visibili, con la forza della parola e con la reale e sincera condivisione.
3. Se la speranza cristiana non porta con sé la passione messianica da investire dentro la storia concreta, nelle relazioni quotidiane, nella capacità di lottare contro tutto ciò che genera disumanità, perde il nerbo e la forza. Un testo di Bonhoeffer mi sembra molto efficace: “L’essenza dell’ottimismo non è guardare al di là della situazione presente, ma è una forza vitale, la forza di sperare quando gli altri si rassegnano, la forza di tener alta la testa quando sembra che tutto fallisca, la forza di sopportare gli insuccessi, una forza che non lascia mai il futuro agli avversari, ma lo rivendica per sé” (Resistenza e resa. Lettere e scritti dal carcere, p.72),
4. L’inequità va colpita anche nella chiesa e nei suoi simboli, per l’esemplarità che deve offrire. Penso che da S. Marta Francesco offra un messaggio chiaro ai vescovi: uscire dai palazzi più rappresentativi e prestigiosi delle città italiane. Un loro trasferimento di massa a piccole S. Marta sarebbe un bel colpo per la chiesa italiana e un bell’invito a cambiare. Perché è davvero possibile.
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Questo quaderno riporta gli atti del convegno e dell’incontro dei pretioperai e amici tenuto a Bergamo nell’aprile dello scorso anno, ispirato al documento del Vaticano II “Dei Verbum”, Parola di Dio. Oltre alle relazioni troverete parte degli interventi e delle testimonianze. Nel 2013 tre amici, che per molti anni hanno condiviso la nostra storia di lavoro, ci hanno lasciato. Abbiamo riportato una loro parola. Troverete anche la presentazione del programma del prossimo convegno e incontro nazionale dei p.o. e amici a Bergamo che si ispira al documento conciliare Gaudium et Spes e un esempio della riflessione che stiamo portando avanti in preparazione dell’evento