Parole di Piero: orizzonti (3)
Voghera, città capoluogo dell’Oltrepò Pavese, riesce a mantenersi al di sopra dei 40 mila abitanti grazie ai cittadini stranieri residenti che, nell’arco degli ultimi 25 anni, hanno raggiunto la quota di 5.032 persone, di cui 2.655 femmine e 2.377 maschi (dati del 24 settembre 2016). Appartengono a 70 nazionalità extra UE 3.474 persone (Marocco – Albania – Ucraina – Cina – Senegal le più rappresentate), e a 18 nazionalità UE 1.558 persone (di cui Romeni 1.388).
Sorge subito una domanda: come si spiega questa costante crescita di immigrati, dal momento che negli ultimi decenni a Voghera le possibilità di lavoro sono drasticamente crollate?
Negli anni 60 e 70 del secolo scorso a Voghera erano attive molte aziende metal meccaniche, tessili, alimentari… che oggi non esistono più.
C’era l’Ospedale Neuropsichiatrico Provinciale, che è stato chiuso. C’era una grande Officina Ferroviaria, che è stata molto ridimensionata. Come vivono allora oltre 5.000 migranti?
Da un lato essi sopperiscono all’invecchiamento della popolazione.
Dal punto di vista lavorativo, una parte lavora in aziende produttive con regolari contratti di lavoro. Ma una percentuale notevole di loro si deve adattare a lavori precari e malpagati (piccole imprese, agricoltura, badanti, lavori saltuari).
Lavoro precario vuol dire povertà, che sta diffondendosi sempre più anche tra la popolazione italiana. Ormai agli sportelli della Caritas, delle parrocchie, delle associazioni di volontariato, italiani e stranieri sono al fianco per chiedere un pasto, o un aiuto per pagare le bollette, o un alloggio per far fronte ad uno sfratto…
Il prossimo mese di gennaio ci sarà il ballottaggio per l’elezione del sindaco (ripetuto dopo otto mesi per brogli elettorali). La destra, come dappertutto, agita il problema della sicurezza mettendolo a carico della presenza dei migranti. In realtà sembra essere più grave il problema della legalità.
Sono state appena arrestate il mese scorso otto persone con l’accusa di attività attinente alla ‘ndrangheta. Tra loro c’è un sostenitore dell’ex sindaco di centro destra, candidato al ballottaggio, già inquisito per corruzione.
CAMERON
Azienda italo-americana che produce grandi valvole per gasdotti e oleodotti. Sorta a Voghera negli anni 60, è andata sempre più espandendosi. Attualmente in Italia forma un gruppo di tre aziende: due a Voghera con 653 dipendenti complessivamente, una a Colico con 250 dipendenti.
La crisi è arrivata quando sono venute a mancare le commesse della Russia per effetto delle sanzioni economiche per i fatti dell’Ucraina.
Il 16 settembre scorso l’azienda inizia una procedura di mobilità che coinvolge 160 lavoratori: in alcuni casi marito e moglie si vedono minacciato il posto di lavoro. Si scatena una lotta molto dura, che vede la partecipazione della stragrande maggioranza dei lavoratori, che coinvolge la città, le autorità, le forze politiche. Durante un picchetto un camion della ditta travolge in retromarcia uno dei manifestanti: episodio increscioso, che però viene archiviato come incidente fortuito, senza gravi conseguenze.
La vertenza si sblocca con l’intervento del Ministero del Lavoro, che minaccia l’azienda di recuperare le agevolazioni per le assunzioni dovute al Jobs Act.
L’azienda scende a più miti consigli: sembra che si vada verso un accordo che preveda 100 lavoratori in mobilità (anziché 160), con un consistente incentivo per ciascuno. Ma ai nostri tempi non si sarebbe mai accettato di svendere posti di lavoro per denaro!
PIROLISI
Il progetto della Ditta IET denominato Pirolisi è legato a una struttura industriale dismessa sita nel territorio del comune di Retorbido, a circa 6 Km da Voghera, a ridosso delle colline coltivate a vite.
La pirolisi consiste nella combustione di pneumatici fuori uso, operazione che produce energia in forma di CO2, polveri e ceneri che vengono disperse nell’ambiente. Il progetto prevede il trattamento di 100 t. di pneumatici al giorno, con l’impiego di circa 30 persone, più indotto, e la circolazione di un numero imprecisato di TIR sul territorio.
Si venne a conoscenza di questo progetto nella primavera 2014, quando aveva ottenuto l’approvazione del sindaco di Retorbido e della Regione Lombardia. Furono mobilitati numerosi tecnici che avviarono approfondite ricerche.
Quando furono noti gli effetti inquinanti dell’aria, dell’acqua e della terra, che il progetto avrebbe prodotto, è partito un movimento di protesta collettiva, che è andato crescendo fino alla grande manifestazione del 22 maggio scorso di oltre 8 mila persone con l’adesione delle autorità, delle forze politiche e di personalità della cultura e dello spettacolo (R. Vecchioni, Giobbe Covatta, Dario Fo…) La preoccupazione è certamente quella di salvaguardare un ambiente in cui l’agricoltura rimane una risorsa importante per la produzione del vino, la frutticoltura, l’orticoltura.
Ma più ancora siamo preoccupati della salute della popolazione già pesantemente penalizzata dall’amianto dell’industria cementifera, con percentuali record di mesotelioma e di tumori dell’infanzia.
Ad oggi non c’è ancora una decisione definitiva, ma sembra che in Regione stia prevalendo l’intenzione di bloccare questo progetto, che invece è sostenuto dalla Confindustria.
BRACCIANTI
Nelle campagne attigue a Voghera, al confine tra Piemonte e Lombardia, continua il lavoro nero, lo sfruttamento e lo schiavismo.
Dopo la vicenda, non ancora risolta, dei 40 marocchini che nell’estate 2012 si ribellarono per le condizioni disumane di lavoro e di vita a cui erano costretti nella raccolta dei prodotti dell’orticoltura (vedi Pretioperai n. 99-100 febb. 2013 “Una Rosarno al Nord”)… è stata scoperta quest’anno un’altra situazione da brivido, a seguito di un blitz dell’Ispettorato del Lavoro e dei Carabinieri.
Si tratta di una cooperativa di braccianti marocchini senza permesso di soggiorno, che venivano impiegati in nero nelle campagne dell’alessandrino e del pavese. Il risultato è che oggi i ragazzi sono senza lavoro, senza quella misera paga da super sfruttati, che non sempre percepivano, e con il rischio concreto di essere rispediti in Marocco.
Mentre i padroni se la cavano con il fermo dell’attività per un giorno e una multa. Poi le aziende continuano a lavorare con nuovi migranti da sfruttare, continuando a rifornire la Grande Distribuzione. Funziona anche un’organizzazione per il trasporto di migranti a mezzo pullman verso il Sud, quando diminuisce il lavoro negli orti e bisogna cominciare a raccogliere le arance.
RIFUGIATI
Sono circa un centinaio i richiedenti asilo ospitati in due strutture alberghiere e due appartamenti nel comune di Voghera. Un altro centinaio è ospitato in diversi paesi dell’Oltrepo e nel comune di Stradella. La prefettura di Pavia gestisce la collocazione di queste persone con la collaborazione di cooperative sociali, in attesa che sia esaminata la loro richiesta di asilo. Nel frattempo non possono essere impiegati in attività lavorative, ma frequentano i corsi di italiano nella scuola pubblica.
Molti non intendono rimanere in Italia e appena possono ripartono per nuove destinazioni. A rendere meno pesante la loro condizione di isolamento e spesso di inedia, sono soprattutto i volontari delle associazioni locali. C’è chi si presta per l’apprendimento della lingua. Chi li aiuta a compilare un curriculum. Chi progetta con loro una “ciclofficina” per riparare le biciclette che vengono reperite per i loro spostamenti. Chi organizza tornei di calcio “senza barriere” con squadre delle diverse etnie. Qualche volta si fa una cena aperta a tutti, per favorire la loro socializzazione con i cittadini residenti.
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Di fronte a queste situazioni (mi riferisco in particolare ai migranti e ai richiedenti asilo), si potrebbero sollevare importanti questioni sugli errori umani da evitare (le guerre, per esempio) e sui provvedimenti legislativi che sarebbero auspicabili (abolizione del reato di clandestinità, modifica della legge Bossi-Fini, sveltimento delle pratiche per il riconoscimento del diritto di asilo…)
Voglio però concludere con una domanda semplice: il fatto di “essere umano” è un diritto o un privilegio?… Un mio amico risponderebbe così:
“I privilegi sono gli avversari dei diritti: se si vuole introdurre un diritto, bisogna ridurre un privilegio.
È la ricchezza che genera la povertà, sono i poveri che mantengono i ricchi.
Per migliorare la condizione degli sfruttati, è necessario diminuire la ricchezza degli sfruttatori. Non c’è via di mezzo”.
(Giuseppe Dunghi).
Piero Montecucco
Articolo pubblicato in PRETIOPERAI N. 115-116 del 2017