Narrazioni della parabola di Piero (15)
Dopo aver partecipato all’incontro tenuto il 30 ottobre in memoria di Piero “Compagno di vita, operaio, prete, uomo”, ho provato a “rileggerlo” alla luce di alcune considerazioni che mescolano riflessione psicologica, esegesi biblica e persino la fotografia, per giungere ad una comune proposta conclusiva.
La prima considerazione parte dal fatto che nell’incontro di sabato 30 abbiamo assistito praticamente ad una elaborazione del lutto per la morte di Piero. Di solito parliamo di questa elaborazione in riferimento alla morte di congiunti stretti, come il coniuge o un figlio, avvenimenti che notoriamente rappresentano in termini psicologici ed umani, la maggiore disgrazia che una persona deve affrontare. Ma anche la perdita di un amico può rappresentare un lutto che dobbiamo superare affrontandolo sul piano psicologico.
Lo facciamo rileggendo la nostra esperienza con lui, con l’occhio critico nel ricercare il senso del legame che ci ha unito per trovare un quid, un motivo che ci consenta di proseguire, ritrovando il positivo nell’esperienza che con lui abbiamo avuto.
I diversi relatori che si sono succeduti hanno infatti riletto la loro esperienza con don Piero alla luce del legame che si era creato tra loro e lui, rievocando, non senza comprensibili momenti di emozione e dolore, momenti ed episodi che hanno messo in luce le multiformi qualità di Piero.
Una volta terminato l’incontro, mentre le persone si allontanavano commentando la serata, mi sono ricordato un episodio che compare nei Vangeli, quello dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35). Di solito questo brano è letto come una manifestazione del Gesù risorto, ma a me piace leggerlo da un altro punto di vista, quello che lo considera come un momento fondamentale nel rappresentare l’inizio della comunità cristiana, dopo la morte di Gesù.
Stiamo parlando di due discepoli, quindi non Apostoli, direttamente e strettamente legati alla vicenda umana di Gesù. Due discepoli che tornavano a casa pensierosi dopo la fine delle loro speranze e illusioni: Gesù era morto e tutto sembrava finito, così come è morto Piero e noi rimasti senza di lui. Il racconto biblico continua, come noto, con l’incontro con uno sconosciuto che spiega loro il senso di quanto era accaduto e viene poi riconosciuto dai due come Gesù risorto. La mia lettura è ovviamente diversa, perché ritengo che i due, ripercorrendo la vicenda di Gesù alla luce della loro esperienza, abbiano tratto motivi e ragioni per continuare il cammino che avevano iniziato con lui e che la sua morte aveva messo in discussione.
Anche noi oggi abbiamo ripercorso la nostra esperienza con Piero e questa rilettura, che ci ha rievocato le sue idee ed i suoi insegnamenti, fa parte di quella sua memoria che dobbiamo coltivare e ricordare, come qualcuno ha ricordato ieri, come lascito ed impegno della Comunità del Carmine.
Ricordare Piero non significa solo ripensare il passato. Dobbiamo tradurre il passato in qualcosa che ci aiuti, oggi e domani. È a questo punto che penso ad una fotografia di Piero che molti di noi hanno. Lo ritrae in una delle sue ultime salite al monte Boglia, mentre si volge sorridente al fotografo. Qualcuno ha inserito in quella foto la frase “io vi precedo, voi continuate il cammino”.
In queste parole, che possono apparentemente sembrare banali, c’è l’impegno che possiamo trarre da quanto abbiamo sinora detto: ricordare Piero vuol dire seguire il suo esempio nelle situazioni che oggi ci troviamo di fronte.
L’Arona, la sua fabbrica, non esiste più, ma ci sono tante altre nuove “Arona” nel mondo di oggi: un mondo tecnologico che ci presenta nuove sfide da analizzare ed affrontare, evitando di chiuderci nelle nostre sicurezze quotidiane. Seguire e capire i cambiamenti in atto ed agire a favore dei più emarginati, sono il testimone che Piero ci ha lasciato e che dobbiamo trasformare in gesti concreti, anche nel suo ricordo.
Angelo Gerli
(Comunità del Carmine)