Narrazioni della parabola di Piero (7)
Caro Piero,
la tua bella, semplice, comprensiva, onesta umanità è stata per noi un dono stupendo e gradito.
Quella tua umanità che sapeva donare con serenità e sapeva suscitare entusiasmo. Quella tua umanità che affascinava i nostri cuori, riempiendoli di speranza in un contesto di profondo scoraggiamento diffuso di fronte al sempre più problematico vivere quotidiano.
“Quale bellezza salverà il mondo?” si chiedeva il cardinale Carlo Maria Martini, in una lettera pastorale rivolta alla sua città, Milano. Era una citazione dal romanzo “L’idiota” di Fëdor Dostoevskij. “Mettersi in ascolto delle domande vere del cuore umano vuol dire cogliere ogni nostalgia della bellezza, per camminare insieme con tutti, alla ricerca della bellezza che salva”, continuava Martini.
Caro Piero,
la tua amicizia, la gratuità dei tuoi doni ci hanno fatto vivere il dono della “Bellezza che salva”.
Il rigo 39 del salmo 105, dove si canta Dio che guida gli ebrei nel deserto, la Chiesa lo traduce: “Distese una nube per proteggerli”. Lo scrittore Erri De Luca invece afferma che va tradotto così: “Stese una nuvola come tappeto”.
Dio spiana in cielo il suo cirro, ed esso, per effetto dell’ombra che produce, forma in terra una traccia.
Dove dirigersi nell’uniformità dell’orizzonte delle banalità del nostro vivere quotidiano? Dobbiamo levare lo sguardo al cirro disteso, la cui ombra si stende in terra come un tappeto, dobbiamo affidarci alla segnaletica celeste.
Ciao Piero,
a me, in ogni caso, piace pensare a te come segno celeste, come visione di ciò che è bene.
Ogni colloquio con te era una sorpresa gradita. Con te vicino non avevo paura di uscire fuori da me stesso e vivere con scioltezza.
Lo so, ho imparato, amico mio. La vita non cambia di molto. È il nostro sguardo che cambia, diventa più largo, capace di scandagliare meglio il senso degli eventi. Confesso che di amici non ne ho molti. A Voghera ho incontrato te.
All’inizio ti ho guardato diffidente. Stupidamente mi sono chiesto: a cosa servono gli amici? Poi, piano piano, ho cominciato ad accorgermi che gli amici “non servono”, gli amici “sono”, e sono insieme a te.
Ed ecco che, quando riconosci con tutto te stesso, agli uomini e alle donne che ti affiancano, il valore infinito di “essere”, allora ti accorgi che non c’è più spazio per i fantasmi, che i problemi, pur seri e gravi, sono “cose”, non più fantasmi.
Ciao Piero,
il mio male mi pone in bilico nella vita. Potrei raggiungerti in ogni momento. Ti confesso però che non ho alcuna fretta…
Piero, ti voglio bene, ti vorrò sempre un gran bene. Ciao.
Salvatore Iacono