Narrazioni della parabola di Piero (5)


Giorgio Bombelli, è funzionario del settore metalmeccanico della Cgil di Voghera e Oltrepò, che con Piero ha condiviso un rapporto molto intenso di cui ci parlerà. Voglio aggiungere che Giorgio è stato spesso il referente dell’associazione “Insieme”. Quando qualche immigrato aveva problemi di lavoro, per la nostra associazione era automatico far riferimento a lui.

Ho conosciuto Piero negli anni 90, allora ero funzionario sindacale alle prime armi, nella Fiom CGIL e mi occupavo del territorio dell’Oltrepò Pavese.
Quando convocai un’assemblea in una fonderia di Torrazza Coste, piccolo comune vicino a Voghera, mi accorsi di un lavoratore che, con la massima attenzione, seguiva il confronto e, intervenendo con pochissime ma chiare parole, aprì un dibattito molto interessante.

Non conoscevo Piero, non sapevo fosse un prete. Mi colpì tantissimo la sua personalità, che nascosta da una immagine di mitezza, mi trasmise un senso di forza interiore unita ad una profondità non comuni, attraverso le sue parole e il suo sguardo.
Uscito dall’assemblea chiesi al funzionario della Fim CISL che era con me, chi fosse quel lavoratore e a grandi linee mi spiegò chi era Piero.
Ne rimasi colpito, poco o nulla sapevo dei preti operai, inoltre stavo attraversando una fase di inaridimento nel mio rapporto con la fede.

Cominciai così a incontrare Piero. Si parlava del mondo del lavoro, di politica, di sociale.
Non si entrava mai in argomenti attenenti alla fede, alla Chiesa, io molto timoroso e molto attento alle sue parole e lui mai invadente.
Piano piano, ancor prima che come uomo di Chiesa, cominciai a vedere Piero come lavoratore attento al suo ruolo nella società, nelle contraddizioni che il mondo del lavoro proponeva.

Posso affermare con certezza che Piero per me è stato un formatore sindacale, una persona che davvero percepivo come tale, oltre che come amico.
Con il tempo, ed imparando ad ascoltarlo, guardando come si rapportava con i suoi compagni di lavoro, capivo sempre di più quale valore aggiunto fosse la sua presenza in quella fabbrica.
Un rapporto con il mondo del lavoro che viveva con lucidità contemporanea, attento ai bisogni dei lavoratori e con una chiara convinzione che la dignità sul luogo di lavoro passava attraverso i diritti ed i doveri di ciascuno.

Questo suo porsi con gli altri lavoratori, per alcuni di loro non era semplice, le dinamiche che riguardano tutti i luoghi di lavoro mettevano in difficoltà chi non viveva e non esercitava con chiarezza il proprio essere consci del ruolo che si aveva in quel contesto.
Da questo punto di vista, fu esemplare il suo relazionarsi con i lavoratori stranieri con i quali condivideva le fatiche quotidiane del lavoro in fonderia e fu di insegnamento anche per gli altri operai che vivevano con difficoltà il rapporto di lavoro quotidiano con quei compagni di lavoro così uguali nella fatica ma così diversi nel comportamento culturale.
Piero come uomo, come operaio, come portatore di esperienza e comprensione delle situazioni che quel contesto creava, fu veramente ponte tra questi soggetti. La sua umanità e la sua disponibilità erano un volano per affrontare con più consapevolezza il proprio cammino.

Alla fine del 2003 cambiai mansione e fui trasferito alla Camera del Lavoro di Pavia. Il mio timore, oltre che per un totale cambiamento di lavoro nel Sindacato, era anche accompagnato dalla consapevolezza che sarebbe stato difficile mantenere un rapporto costante con Piero.
Tra l’altro, l’azienda in cui lavorava chiuse e lui andò in mobilità e intraprese altri lavori.

Ci sentivamo saltuariamente ma il nostro essere lontani non andò ad intaccare il nostro rapporto di amicizia.
Così, nel 2013 quando ritornai con altro incarico a Voghera, Piero venne quasi subito in sede a salutarmi. Fu come se ci fossimo visti qualche giorno prima; lo trovai ancora come l’avevo sentito l’ultima volta, lucidamente attento alle dinamiche sindacali del mondo del lavoro e senza fatica alcuna riprendemmo il nostro cammino comune, per me intenso e denso di profondo significato interiore.

Fu in quel periodo che trovai il coraggio di dire a Piero che grazie a lui avevo rielaborato il mio rapporto con la Fede, grazie a lui il mio inaridimento spirituale era stato ristorato dalle sue parole. Dico e sottolineo grazie a lui perché, per tutto il tempo che avevamo passato insieme, mai Piero tentò di sollecitare questo argomento. Da lì in avanti il nostro cammino divenne comune su molte questioni e su altre ci confrontammo con molta lucidità e passione.

Sono convinto che chi ha avuto la fortuna di incontrare Piero come uomo, come lavoratore, come sacerdote, ha avuto in dono una grande ricchezza. Per ciascuno di questi ambiti Piero ci ha lasciato un segno distintivo della passione, del senso di giustizia, dell’essere soggetti attenti al prossimo e a quanto di buono o di incongruente si incontra nella propria vita. Sono certo che i valori fondamentali che lui ha praticato, restino fondanti per chi voglia cogliere il senso vero di queste scelte.

Giorgio Bombelli


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