Narrazioni della parabola di Piero (16)


Ho voluto molto bene a Piero, ma non gliel’ho mai detto fino all’ultima telefonata e lui, con un filo di voce, mi ha risposto “Grazie”. Questo affetto nasceva dal fatto che Piero sapeva ascoltare e accogliere senza mai giudicare. Aveva la capacità, semplice e straordinaria, di presentare un punto di vista diverso che molto spesso diventava il tuo. Questo succedeva perché riusciva a mostrarti quella parte che si tiene nascosta per paura della sentenza degli altri. Succedeva perché era un uomo capace di coniugare la schiettezza e la sincerità con un sorriso composto da mille parole. Una volta gli ho chiesto, da ateo praticante, dove trovasse la forza e la sicurezza della fede e come riuscisse ad affrontare la montagna di un mistero per me insormontabile. “Vedi Giuseppe – mi rispose – forse non ci crederai, ma non sono molto diverso da te perché tutte le domeniche (allora lavorava e celebrava durante le festività a Ponte Nizza), quando vado a dire la Messa, sono attanagliato da dubbi e insicurezze”.

Tuttavia questa sua dubbiosa umanità non gli impediva di essere granitico e deciso nelle sue valutazioni che lo portavano ad esprimere un giudizio. Una volta, eravamo nei boschi di Pietragavina con la mia compagna Isa e si parlava di persone anziane che convivevano con molti acciacchi e producevano risposte diverse: chi si lamentava e schiavizzava i suoi cari e chi riusciva addirittura ad essere di conforto agli altri. Quando è intervenuto non ha prodotto le solite stantie battute che ognuno reagisce in base alle proprie caratteristiche e che tutti meritano una giustificazione, ma ha “sentenziato” che ci sono comportamenti buoni e comportamenti cattivi e che questi sono espressi dalle persone che ne hanno la piena responsabilità.

Piero si presentava come un uomo bonario, ma non apparteneva alla categoria dei bonaccioni perché aveva il coraggio delle proprie scelte.
Una sera, al tramonto, ero a Voghera in visita alle mie origini e stavo passeggiando con la mia compagna quando, arrivato in piazza del Carmine, ho trovato vecchi amici e fra questi Piero che ci ha chiamati: “Isa e Giuseppe, venite qui, devo dirvi una cosa. Vi presento Luciana, è la mia donna, stiamo insieme da diversi anni, davanti a Dio, non davanti a questa”, indicando con il dito la chiesa che gli stava alle spalle.

Piero mi ha insegnato che si può essere soldati di Dio praticando l’obiezione di coscienza, opponendo il dubbio alla certezza, la fragilità alla forza e scandagliando giorno dopo giorno il labile confine fra vero e falso, fra normalità e diversità, fra dubbi e certezze.
E tante volte ha messo in crisi il mio radicalismo, non convincendomi ad avanzare al centro contro gli opposti estremismi, ma soffiando parole lievi e diverse capaci di filtrare attraverso la ragnatela del pensiero dell’altro.

Adesso non so dove sia, e non mi interessa, perché la cosa importante e incancellabile è che ci sia stato.

Giuseppe Callegari


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