Testimonianze nella chiesa del Carmine nei giorni del commiato (2)
Ricordare don Piero significa rivedere una parte importante della nostra vita e della nostra Comunità.
Se con don Giuseppe Massone abbiamo vissuto la giovinezza e la fase giovane della nostra esperienza, con don Gianfranco Maggi, dopo di lui, abbiamo vissuto una fase che chiamerei intermedia, legata soprattutto alla formazione dei nostri ragazzi. Quando il Vescovo nel 1997 destinò don Gianfranco ad altri incarichi, don Piero prese il suo posto. Lo conoscevamo da anni, decenni direi. Stessa età di don Massone, nati in località tra loro vicine, don Piero aveva esercitato il suo ministero in alcune parrocchie, prima di scegliere di diventare prete operaio lavorando in una fonderia. Un lavoro pesante, che gli aveva fatto conoscere la dura realtà del lavoro in cui si era impegnato anche come sindacalista, seguendo la sua inclinazione verso l’impegno sociale a favore delle classi più emarginate, che trovava alimento sia nella sua formazione cristiana sia nel suo innato senso civico.
L’ANPI, di cui era socio, ha ricordato un suo scritto di tanti anni or sono in cui raccontava la sua testimonianza di bambino ai funerali, a cui aveva partecipato con suo padre, di alcune vittime del massacro della Benedicta, un tragico episodio della guerra partigiana avvenuto a pochi chilometri da casa sua. Questo funerale è stato per lui un’esperienza indimenticabile. Più volte ha partecipato alla commemorazione annuale alla Benedicta e ha sempre testimoniato la sua avversione verso ogni aspetto di violenza, sopraffazione, mancato dialogo, prevaricazione.
Come sacerdote, aveva fatto sue numerose istanze e promesse scaturite dal Concilio Vaticano II, maturate sull’esempio di diversi teologi e pensatori alla cui opera e testimonianza si ispirava. Ne cito alcuni: da De Foucauld e Bonhoeffer, da Küng a Mancuso, da Spong a Lenaers.
Con lui, in questi 24 anni, la nostra Comunità ha vissuto la fase matura, sia come esperienza sia in termini anagrafici di ciascuno di noi. Don Piero è stato un esempio in tutto: sereno, ma allo stesso tempo deciso e determinato, ha sempre coniugato, nelle parole e nei fatti, impegno religioso e impegno civile. Si è battuto per una Chiesa più conciliare, a fianco delle Comunità di Base, con il gruppo “Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri “e l’adesione al movimento Noi Siamo Chiesa, ha sempre partecipato agli incontri dei Preti Operai, di cui andava fiero, ha appoggiato la nascita e la crescita dell’Associazione Insieme, volta a favorire l’integrazione degli immigrati in Voghera, ha sostenuto lo sviluppo del Gruppo Interreligioso, aprendosi al dialogo con Ortodossi, Musulmani, Bahai, Buddisti.
Quando lo ha ritenuto ha alzato la voce, anche contro confratelli di fronte a gesti che riteneva non cristiani: ricordo il suo “io non ci sto” scritto in stampatello al Vescovo di Tortona nel 2010 in segno di protesta per un convegno organizzato dalla Lega Nord con il sostegno di altri sacerdoti o quando, con altri 40 preti, è stato censurato dal Vaticano per aver sottoscritto l’appello di Micromega per la “libertà sul fine vita” nel 2009.
È stato per noi un testimone e un seminatore, prezioso compagno di viaggio anche nelle gite sulle montagne che lui amava e che condivideva con noi. Se mi dicessero di descriverlo con una parola, potrei dire, parafrasando Primo Levi: “Sì, è stato un uomo”.
Grazie Piero, ti sia lieve il cammino sulle vette del cielo in cui ora ti trovi, sorridente e felice.
Angelo