Interventi



“Né su questo monte, né in Gerusalemme… adorerete il Padre in Spirito e Verità…” (Gv.4,22). È la dichiarazione profetica, è la promessa di liberazione dal culto strutturato che Gesù affida alla Samaritana, persona estranea al culto ufficiale degli Ebrei: particolare di grande significato per la teologia giovannea. Prostitute e samaritani vi precederanno nel Regno dei Cieli!
Questa promessa del culto in Spirito e Verità, in assenza cioè di vincoli rituali, è da attendere come dono finale? O è un progressivo cammino di liberazione, di spiritualizzazione? Un dono già operante, da rendere visibile, storico anche durante il tempo della chiesa? “Viene l’Ora; anzi è già venuta…” (Gv.4,23). Con la lacerazione del velo del tempio l’antico culto mosaico è superato. Con la morte di Cristo e la sua risurrezione gli uomini hanno libero accesso alla salvezza. Il costato squarciato (sostituzione del velo) di Cristo crocefisso diventa il riferimento indiscusso della nuova alleanza, della vita comunitaria e cultuale: è il simbolo della chiesa e dei sacramenti. Inizia da lì, corpo trafitto, ma vivificato dallo Spirito, il cammino pasquale della chiesa: un processo dinamico di liberazione, di doni e carismi, di fede adulta, di culto nello Spirito, di comunione e di condivisione.
Durante la “parentesi” storica la chiesa vive in attesa che si compia (è la prima liberazione pasquale) la fase ultima del cammino che porta al superamento di ogni mediazione e di tutte le forme gerarchiche.

Vino nuovo in otri vecchi

Se questa attesa è figura, se si “resiste” alla spinta innovativa dello Spirito, allora il passaggio, sia pure graduale, della Chiesa da società gerarchica a comunità del popolo di Dio è seriamente ritardato. L’impressione è che la Chiesa stenta a liberarsi da modelli organizzativi che offuscano lo splendore pasquale della comunità.
E così la parrocchia rimane l’unico modello di organizzazione della vita “ufficiale” della Chiesa. Essa incarna l’espressione concreta, storica della forma gerarchica, sacerdotale e sacramentale della Chiesa – istituzione, perché evidenzia il ruolo di persone deputate al sacro e vive di riti canonicamente stabiliti. La vita della parrocchia è scandita da celebrazioni (anno liturgico, sacramenti e relativa catechesi) che portano un chiaro marchio di culto centralizzato, basato sulla mediazione.
Nei fatti, poi, la parrocchia è anche cinghia di trasmissione della dottrina e della morale ufficiale. Pochi o del tutto assenti gli spazi ai carismi, alla ricerca teologica “dal basso”, al confronto paritario, comunitario sulla Parola di Dio; inesistenti le forme concrete di affermazione del sacerdozio universale. Questa prassi di Chiesa che nel piccolo e territorialmente si concretizza nella gestione – parrocchia, è la prova evidente che essa rimane ancorata alla concezione giudaizzante di comunità, di sacerdozio, di culto. Il vino nuovo della comunità del Cristo risorto e del culto pasquale “riposa” negli otri vecchi!

Senza parrocchia si può

Anche la parrocchia, con le sue forme organizzative, cultuali, pastorali è una fase storica della Chiesa (una lunga stagione!); così come le comunità degli Atti, come la Chiesa delle catacombe, come la Chiesa della pace costantiniana. Ad ognuno il compito gioioso di non frenare, ma di accelerare la stupenda realtà della Chiesa di tutti i redenti in Cristo e di tutti i figli di Dio!
Non possiamo lasciare incompiuta la profezia di Gesù alla Samaritana. La verità di una profezia si misura con la verifica storica. Un contributo reale al superamento della parrocchia può forse venire anche da chi concretamente non la considera indispensabile e da chi valuta l’organizzazione parrocchiale come marginale nell’impegno comunitario di testimonianza, di carità e di prassi sacramentale.
Nei piccoli gruppi e in altre esperienze simili:
– la comunità è il luogo storico dell’ascolto della Parola e della celebrazione della salvezza;
– costante è la ricerca e lo sforzo di storicizzare il messaggio di salvezza e di celebrarlo in forma viva, partecipata, senza ruoli specifici, né spazi riservati;
– viva è l’attenzione alle diversità, ai carismi, al sacerdozio comune;
– centrale la condivisione, la comunione.
Queste caratteristiche sono più consone ad un cammino di liberazione e danno risalto all’azione dello Spirito: “Saranno guidati dallo Spirito e dalla verità di Dio” (Gv.4,23).
La richiesta di rinnovamento – superamento della struttura parrocchiale viene anche dai bisogni e tendenze attualmente diffuse. Chi vive oggi nelle grandi città sente sempre meno il legame con il “proprio” territorio: si lavora in una zona, si vive in un’altra. Per organizzare il tempo libero, per vivacizzare relazioni, la vicinanza spaziale non ha nessun peso. Costretti ad utilizzare le strutture territoriali, si ricorre ad esse solo per motivi giuridici, o per comodità (circoscrizioni, Usl di appartenenza, sedi Inps…). La rete di relazioni si intreccia con scelte motivate da conoscenza, affinità, interessi comuni.

Un futuro per la chiesa o per il regno?

Il granello di senape che diventa un grande albero non è la storia della Chiesa che si propone agli uomini come passaggio obbligatorio, indispensabile riferimento teologico e cultuale. Il granello di senape è la prospettiva dinamica del Regno di Dio che abbraccia Chiesa e mondo, i credenti e tutti i figli di Dio. Con rispetto, con gioia ammiro in questa crescita silenziosa la pienezza della nuova alleanza e del nuovo culto in Spirito e Verità, che abbandona tutte le mediazioni di lingua, di etnie, di persone, di riti, per porci liberi ed insieme dinanzi a Dio e chiamarlo Abba – Padre. […]
Per i credenti è ancora lontano il giorno in cui possano verificare la verità del messaggio che l’Angelo dell’Apocalisse porta alla chiesa: “Io (Gesù) sono il germoglio e la splendida stella del mattino” (Ap.22,16)? A quando la gioia di constatare che “la città non ha bisogno di sole né di luna, perchè la illumina lo splendore di Dio e l’Agnello è la sua luce… (Ap.21,22)? Allora ammireremo soddisfatti la portata storica della profezia affidata alla Samaritana: “Non vidi nessun santuario nella città perché il Signore Dio onnipotente e l’Agnello sono il Santuario” (Ap.21,23).

Umberto Cirelli


 

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