Ancora una volta ci incontreremo al Paradiso di Bergamo dal 15 al 17 settembre. Non ci sarà il convegno con il tema predefinito sul quale concentrarci con l’intervento di persone competenti che aiutino la riflessione. Sarà un incontro tra noi – un piccolo resto – e le persone che in questi anni ci sono state vicine perché interessate ai nostri discorsi.
Sarà un incontro. Guarderemo i nostri volti, ciascuno dei quali ha una lunga storia originale, unica nel tracciato, che porta a monte la decisione efficace di cambiare profondamente la quotidianità, la vita intera, entrando nel mondo “altro” del lavoro: la fabbrica, nel mio caso il servizio sanitario nazionale, con i costi che un tale vincolo comportava. Un’esperienza durata tutta la vita lavorativa, fino al pensionamento. “Ogni esperienza è al contempo creatrice e parziale… descrive un itinerario spirituale… indica un mutamento della strada… essa segnala, come un superamento effettivo nell’apostolato e nella conoscenza, una modificazione del terreno socioculturale che non cessa di essere il luogo dell’appuntamento del Dio incarnato…Il superamento si esprimeva come un’uscita” (M. De Certeau).
Nell’invito abbiamo delineato il compito del nostro incontro: “Non partiremo, ancora una volta, dalla narrazione delle nostre storie. Anche se, ovviamente, ciascuno porta con sé la propria unicità vissuta. Piuttosto ci diremo quello che sta al centro del nostro cuore in questo momento, dopo i tanti anni trascorsi. Cuore inteso non tanto nella sua dimensione affettiva, ma nel senso biblico che in sostanza equivale al nostro termine coscienza: dove ciascuno è profondamente se stesso, anche dinanzi a Dio. Forse abbiamo filtrato qualcosa di prezioso da mettere in comune con gli altri, oppure ci portiamo dentro interrogativi che ci premono e che vorremmo socializzare e verificare.”
Ecco alcuni elementi comuni che ci caratterizzano, pur nella originalità dell’interpretazione di ciascuno:
- Siamo tutti partiti avendo già scelto in precedenza il ministero ordinato nella chiesa cattolica. La scelta del lavoro quotidiano dipendente o artigiano, è stata la nostra interpretazione e sviluppo dell’evento del concilio Vaticano II. L’aggiornamento di cui allora si parlava per noi ha significato la modificazione della struttura della nostra vita, anche nel senso corporeo. Inoltre l’automantenimento ha consentito di mettere in luce la gratuità della nostra pratica ministeriale e la fuoriuscita dal sistema di finanziamento concordatario vigente in Italia.
- Siamo entrati nel mondo del lavoro nella sua alterità, rispetto al sistema chiesa. Allora era la classe operaia e le sue organizzazioni alle quali noi pure appartenevamo. Grandi modificazioni sono intervenute su questa essenziale componente della vita economica, sociale e umana, ma ancor oggi, per certi aspetti più di ieri, guardando le cose dal basso, sono ancora all’ordine del giorno la precarietà diffusa, l’insufficienza delle retribuzioni, la discriminazione del lavoro femminile, gli incidenti sul lavoro, anche mortali. Nella nostra quotidiana frequentazione abbiamo appreso “il passaggio dal fare-la-carità al fare-la giustizia” (M. De Certeau).
- Un altro punto che mi preme sottolineare è la differenza che noi abbiamo rappresentato rispetto all’organizzazione ecclesiastica e al mondo dei preti. Ora questa differenza, di solito trattata come abuso o disobbedienza, per noi aveva come base di riferimento la Scrittura alla quale il Vaticano II rimandava. L’identificazione di Gesù come il falegname, figlio di Maria (Mc 6,3), la testimonianza di Paolo che lavorava con le proprie mani per poter annunciare il Vangelo gratuitamente…hanno fatto balenare nella nostra mente un modo altro di incarnare il ministero. Ed è successo qualcosa nella coscienza di ciascuno: l’irruzione di qualcosa d’altro che si imponeva. “Nell’esperienza individuale come nella storia ci sono momenti che fanno dire ‘Dio è là’ “(M. De Certeau). E si rischia quello che viene percepito come evento per la propria vita [1]. Non è che allora si capisse tutto, anzi. E ’nel dipanarsi dell’esistenza vissuta che si fa strada il senso. Si arriva dopo a capire quello che si è fatto. Anche gli errori compiuti. Nel Nuovo testamento vige la pluralità, non l’omogeneità. La comunità che nasce è costituita da soggetti differenti. Vedi la narrazione della Pentecoste che troviamo agli inizi degli Atti degli apostoli. Non credo che la chiesa italiana abbia fatto un guadagno, mettendo da parte, la differenza da noi rappresentata. In questo momento è diventato più chiaro che nella situazione policentrica nella quale ci troviamo, solo l’incontro delle differenze e la loro accoglienza, potrà rivitalizzare la chiesa. E questo avverrà soltanto con modificazioni profonde, rendendo davvero plurale la concezione e l’esercizio della dimensione ministeriale della chiesa. Nessuna parte può ancora osare di presentarsi come il tutto che insegue l’omogeneità.
Quello che vogliamo fare nella tre giornate di settembre penso che si possa riassumere con il titolo di un libro di G. Gutierrez, teologo della liberazione: “Bere al proprio pozzo. L’itinerario spirituale di un popolo”.
Ora un’informazione: chiuderemo la pubblicazione stampata della nostra rivista Pretioperai, che per 35 anni ha raccolto le nostre storie e riflessioni adempiendo al compito che don Sirio Politi ci aveva assegnato poco prima di morire, invitandoci a tenere sempre sul tavolo una pagina bianca. “Questa pagina bianca è come la polvere della piazza sulla quale Gesù scriveva col dito. E’ come la strada sulla quale il camminare dei piedi descrive, racconta, l’avventura del proprio destino”.
Contestualmente con l’aiuto delle Acli Provinciali di Milano apriremo un nuovo sito web che da un lato diventerà un grande archivio dei pretioperai italiani, dall’altro sarà uno spazio che potrà ospitare in forma agile alcune tematiche sulle quali possiamo ancora dare un nostro contributo.
Articolo scritto da Roberto Fiorini per Adista
[1] M. De Certeau, Mai senza l’Altro, Ed. Quiqaion 1993, p. 118 “L’evento è colto solamente se entra in una storia personale; svela il suo senso solo nella misura di una risposta che modifica la vita. Lungi dall’essere offerto come spettacolo, ‘parla’ solamente se impegna”