Bergamo, 27 aprile 2013 / gli interventi (8)
“Parola incatenata …alla carne”
(confrontandoci con la Dei Verbum del Concilio Vaticano II)
E’ qualche anno che non partecipiamo, al Convegno Nazionale, ma abbiamo seguito sempre i lavori attraverso la rivista “Pretioperai”, grazie a Roberto Fiorini.
Questa volta ci siamo liberati da tutti gli impegni, familiari, associativi, sociali, ecclesiali, vacanzieri.
Vorremmo approfondire il tema del convegno e ampliamo la prima parte del titolo in questo modo: “Parola incatenata…alla carne”.
L’incatenamento evoca la schiavitù, ma anche la solidarietà, la protesta, la danza, la poesia, la rete…l’incarnazione.
Scrivendo di questo, sullo schermo bianco del computer vediamo scorrere storie e persone: la carne e il sangue che tessono la trama delle nostre esistenze.
Ci facciamo portavoce del fiume che continua a fluire nella quotidianità e nella profondità di tante vite che per vari motivi non possono o non vogliono fare emergere dal silenzio la parola che tinge questi fogli.
Riteniamo questa una scrittura collettiva, il cui redattore si è impegnato, almeno, ad una rilettura con alcune delle persone coinvolte, pienamente o di striscio.
Gli anni del seminario hanno operato un processo di disincarnazione, riducendo l’umanità a semplice supporto per la costruzione dell’immagine del funzionario del sacro. Lo svuotamento, preso sul serio, ha predisposto il terreno al linguaggio della radicalità e dell’ascesi, al limite della nevrosi.
La solitudine, il celibato, hanno scarnificato il cuore per prepararlo all’incontro.
Gesù è stato il primo a presentarsi. Non so se lui personalmente o un riflesso dell’ego trafitto dall’abbandono. Fatto sta che, convinto di averlo conquistato, da lui sono stato sedotto.
La buona notizia ha fatto il suo corso, prima permeando le strutture istituzionali, poi travolgendole.
L’amore per i poveri, per gli ultimi e gli esclusi ha scalzato i parapetti e i bastioni costruiti con laboriosità e fatica fino a chiedere al Vescovo di guadagnare la vita condividendola con gli operai.
A Viareggio, Sirio, Rolando, Beppe , Beppino, Luigi, Maria Grazia, Mirella sono state le sette porte che hanno dischiuso il mondo, l’umanità oltre i veli dei riti e dei ruoli. Il lavoro nei cantieri navali, le lotte operaie, le amicizie (senza se e senza ma) sono esperienze condivise con voi. L’analisi marxiana della realtà non ha intaccato lo spessore dell’interiorità che è andata radicandosi in vissuti contraddittori, accogliendo il conflitto come una componente ineludibile della relazione. La condivisione della casa con molti emarginati, per vari motivi (psichici, dipendenze, handicap fisici, contestatori e contestatrici radicali) ha messo a soqquadro anche l’assetto affettivo/emotivo.
La rilettura della sessualità (Parola liberata) ha permesso la ricomposizione dell’immagine di un Dio uomo/donna.
E’ arrivata Lida.
Risalire la china del maschilismo è un lavoro arduo che dura tutt’ora dopo quasi 40 anni di convivenza coniugale.
I figli e le figlie naturali e in affidamento hanno plasmato la nostra spiritualità, abbandonando immagini divine mitiche e lasciandoci penetrare dalla religiosità del vivere semplicemente, quotidianamente.
La salute che nasce dalla natura attraverso il percorso omeopatico, la coltivazione della terra e la custodia del bosco, il sogno di un villaggio senza strutture gerarchiche, un’associazione medicina naturale (Raphael) aperta agli apporti di altre culture (Induismo, Buddhismo, Taoismo, Islam, Nativi delle Americhe), la Rete Radié Resh di cooperazione internazionale, la fraternità/sororità di lettura popolare della Bibbia, la partecipazione al Distretto di Economia Solidale, il servizio con il gruppo Caritas dell’unità pastorale, sono tentativi per permettere alla Parola di liberarci (Parola che ci libera) continuamente dalle angustie del pensiero unico e totalizzante. e aprirci al sogno di una umanità nuova fatta di sorelle e fratelli.
E’ arrivata Agata 28 mesi fa e ci ha fatto nonni. In questa nuova dimensione scopriamo un ulteriore sfumatura del volto di Dio come nonno/nonna, che ama con grande libertà, con gioia e con il distacco giusto che aumenta l’intensità della tenerezza.
Le persone che condividono il percorso, anche in una sua piccola parte, sono per noi compagni e compagne di viaggio.
Mario e Lida
Pasqua 2013
IMPRONTE
Impronte di piedi
su dune ondulate di storie, mosse da venti
liberi, potenti, leggeri , silenti,
che spazzano via, parole, una sull’altra,
a rotolare in cassetti di arnesi graffianti
per selezionare, dividere, assemblare.
Impronte di mani
che toccano il corpo, strumento a corda
teso da fatiche, ricordi, emozioni,
abbracci:cerniere che serrano
mondi distanti
resi prossimi da spinta vitale di una molla
che preme da dentro verso un incontro
che ha l’ampiezza del mare.
Impronte di occhi
negli occhi acuti e brillanti
ammansiti dagli anni
perduti nel vuoto del consumato lavoro,
trasparenti di misteriosa luce che invade cortei
corsie d’ospedale
catene di montaggio,
scantinati di leggende mai dette.
Impronte di labbra
che imprimo baci, pronunciano frasi
echi di racconti lontani, presenti e vividi,
alimenti di fiumi carsici
invisibili e fecondi.
Impronte pesanti
che affondano sotto il carico
di compagni e compagne, caricate in groppa
di bambini e bambine sollevate in braccio
di credenti e non credenti portati sul cuore.
Il vento della storia
spazza e ricopre.
L’onda di spiaggia
spiana pulisce.
La divina Ruah conduce al silenzio
spazio di perenne presenza.
Àphantos