Bergamo 11 giugno 2016
Convegno nazionale PO e amici
CAMBIA LA FIGURA DELLA CHIESA?

Interventi (8)


Già nel Nuovo Testamento viene affermata la possibilità della salvezza non in base alla fede, alla adesione alla verità della Chiesa, e neppure in  base alla “buona volontà” ( che è una traduzione errata di san Girolamo dal greco), ma in base alla “benevolenza” divina: “pace sulla terra agli uomini che Dio ama” (così la Bibbia di Gerusalemme).
La mia conversione intellettuale è stata questa: dal tomismo, che avevo assimilato e che puntava sulla buona volontà umana, al mettermi a studiare la Bibbia  e scoprire che qui c’è la vera conoscenza di Dio. Faccio l’esempio di uno dei testi più belli del NT: al giudizio universale Gesù dirà:  “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho auto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto,  nudo e mi avete vestito , malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. E poi aggiungerà: “Tutto quello che avete fatto a uno solo dei miei fratelli, l‘avete fatto a me” (Mt 25, 31ss.).
Allora il mio principio è diventato che nella carità, cioè nell’amore come agàpe, c’è il dono di se stessi agli altri nei loro bisogni. Ma l’agàpe non è una virtù umana, bensì la virtù divina per eccellenza  (Un altro testo dove questo viene affermato  è il cap. 13 della prima lettera ai Corinzi: “La carità è magnanima, benevola è la carità…”)
Raccogliendo tutti questi testi  si coglie come nel Nuovo Testamento, aldilà in qualche modo della dimensione della fede (nel senso del credere in ciò che i vangeli raccontano),  c’è invece l’agàpe. E questa può essere dei cristiani come può essere degli atei, perché non dipende dalla fede; può essere di chi appunto fa il bene, di chi dà da mangiare agli affamati ecc. anche se non ha conosciuto Gesù.
La mia conversione dalla filosofia e dalla teologia che avevo studiato e aveva il suo centro nel tomismo, è stata una conversione alla lettura biblica e alla sua riformulazione attraverso il Vaticano II.  Così sono arrivato a dire che quello che conta è vivere l’agàpe, è dar da mangiare agli affamati, da bere agli assetati ecc., anche da parte di coloro che non credono in Gesù e neppure nel  Padre, quindi  anche da parte di coloro che sono atei.

Armido Rizzi


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