Incontro Europeo dei PO 2016
2) Sintesi dei temi trattati


 

La riflessione si è concentrata sulla analisi e sulle proposte sul tema: oggi siamo tutti invitati, soprattutto a livello Europeo a lasciarci coinvolgere e a esserci responsabilmente con tutte le organizzazioni, che operano a favore degli immigrati, ma nella prospettiva di una politica europea e mondiale, in vista di una civiltà responsabile verso le altre realtà mondiali e l’intera umanità: “Andare verso la liberazione da tutte le forme di schiavitù nel nostro mondo attuale”. L’analisi delle situazioni vissute di dipendenza e di travaglio, di emigrazione e di crisi economica con i tristi effetti sui lavoratori, ci ha fatto scoprire la necessità di fare i conti con la precarietà, l’incertezza, la mancanza di diritti umani fondamentali, la relatività delle nostre proposte: non è sufficiente parlare di integrazione, magari sfruttando il fenomeno, perché il nostro futuro dovrà essere diverso da quello che abbiamo in mente e che dovrà essere costruito concordemente con l’apporto di tutti. Più che di integrazione dobbiamo riparlare di fraternità, di comune cittadinanza e soprattutto di comune umanità, che fa i conti con i problemi comuni e pensa fondamentalmente sull’armonia delle diversità, accettando di fare a meno dei nostri piani e delle nostre ideologie, per restare in ricerca di strade solidali e concordate. Ridiventa centrale fare a meno di tante sicurezze e di tante progetti costruiti a tavolino. Solo le relazioni, il dialogo, il senso profondo spirituale che induce all’incontro dell’altro, diverso da me e dalla mia visione di vita legata alla appartenenza a un popolo, a una nazione, a una religione. Facciamo l’esperienza della terribile mentalità coloniale, dell’imposizione, dello schiavizzare le prospettive e i sogni di chi viene da esperienze tragiche e disumane. Siamo sollecitati a ripensare alla “relatività della verità”, che nessuno ha in proprio, che richiede di essere servita, approfondita, accolta e messa a servizio della nascita di una nuova umanità, del Regno, del progetto del Padre, della sua prospettiva di indurre sia chi sbaglia, sia chi non accoglie (vedi parabola del Padre misericordioso di Lc. 15,11-31) a ridiventare “figli” e “fratelli”, in vista di una sola umanità. Cosa fare quindi per costruire un mondo vivibile? Le diverse relazioni delle nazioni partecipanti (Inghilterra, Francia, Germania, Italia, Spagna, Catalogna) convergono in una convinzione fondamentale: serve solidarizzare, schierarsi con tutti i tentativi, le organizzazioni, le riflessioni di tutti coloro che sono direttamente implicati in questo immenso problema della accoglienza, dell’assumere una attitudine paritaria, di effettiva giustizia, di uguaglianza, di carità, che condivide efficacemente, che rinuncia ad assiomi e affermazioni dogmatiche, alla ricerca di strade sempre nuove di comune umanità, di condivisione di vita, che toglie anche al cristianesimo la sua aria di religione organizzata e definitiva, di cultura esclusiva dell’Occidente, ma lo umanizza e lo rende rapporto vivo con Cristo vivente oggi nel mondo e oggetto di ricerca verso l’umano e capace di farci restare testimoni di speranza, di ottimismo, di sempre nuove scelte, e di convergenza verso una “globalità”, che sarà fatta solo di relazioni e di realtà convissute e condivise. I P.O. di Caen (Normandia) affermano per tutti “abbiamo preso atto delle schiavitù di oggi, la precarietà, lo smantellamento del codice del lavoro e dell’ambiente, l’emigrazione e le ideologie razziste, le prigioni a cielo aperto in tante parti del mondo e in Palestina. Tuttavia non abbiamo perso la speranza e la fede e la fiducia, la stessa di Cristo, per l’umanità. Ciò che importa è darci dei mezzi concreti, continuando a credere che questo può cambiare, per vivere nella prospettiva del Regno, cioè un mondo, rimesso dritto dove è all’inverso. È nostro imperativo rimetterci in strada e prendere il nostro posto nelle organizzazioni, civili, politiche e soprattutto sindacali (anche se pensionati), per partecipare a costruire un mondo diverso, altro, che non è quello della schiavitù, dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, della distruzione del nostro pianeta terra”. Gli emigrati e anche altre realtà possono passare dall’essere motivo di paura e di preoccupazione a essere “doni”, “provvidenza” (papa Francesco), risorsa e prospettiva di una civiltà interculturale e interreligiosa, fondata sulla pienezza umana, progetto del Padre.

Giancarlo Ruffato


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