10 giugno 2017 / Bergamo
TERRA E POPOLI. FUTURO PROSSIMO
Interventi e risonanze (5)
La Laudato si’, ad un certo punto, parla di “accanimento diagnostico”: si continuano a fare analisi e non si agisce. Confesso di correre questo rischio: io sono uno che legge, si informa e poi, però, nella prassi è un po’ latitante. Non in tutto, fortunatamente!
L’ambito in cui muovo qualche piccolo passo è quello educativo. Perché il sentirsi parte della terra, la consapevolezza dell’interconnessione dei fenomeni, il sostenere un’attenzione complessiva alla realtà, mi sembra che sia una grossa sfida educativa, rispetto alla quale fatichiamo, noi che siamo schiacciati sul presente, ognuno sul proprio vissuto singolare. In particolare, mi sembra urgente lavorare sulla “perdita dei sensi” (Ivan Illich) che ci affligge. Ovvero, i nostri sensi hanno perso sensibilità, subiscono un ottundimento che provoca la perdita del mondo ed il ripiegamento su di sé. Di qui l’urgenza di un lavoro educativo teso a favorire l’ascolto, a rendere attento lo sguardo, in modo tale che i sensi siano in grado di cogliere le connessioni, di sentirsi parte di una storia più ampia, che presenta scenari differenti da quello fotografato dai nostri occhi.
C’è una sapienza storica che ci manca, secondo la quale “quel che è stato, sarà”. Kierkegaard parlava della “ripresa”, di un fare memoria che non sia solo reminiscenza ma possibilità di far udire nel presente una parola del passato. Tutto questo per uscire dal ripiegamento su di sé e per acquisire di nuovo un principio di responsabilità che ci faccia andare oltre il personale interesse immediato. L’ecologia integrale domanda un lavoro educativo; e in termini di fede, richiede una conversione.
Partiamo da noi per maturare uno sguardo diverso, attento, che nasce da una grandezza d’animo, tutta da coltivare. E per battere questa strada educativa, è decisivo far udire una parola straniera, a noi esterna, che ci faccia vedere il presente in maniera differente. La Bibbia si presta a questo lavoro. La consapevolezza dell’interconnessione ognuno se la gioca a partire dalla sua parzialità. Io scommetto su questo Libro, ben sapendo che esistono altre ricchissime tradizioni. E ne propongo una lettura dialettica, che sappia tenere assieme poli opposti.
Come si cura lo sguardo semplificante, in modo tale che sia in grado di diventare più profondo? Io lavoro in questa direzione. La mia non è una classica posizione militante che, sul tema dell’ambiente, si mobilita, fa battaglie. Anche questo. Le chiese protestanti si stanno spendendo su questo tema. Ma a mio giudizio la crisi, più che ambientale, è educativa. Come abitiamo questa terra? Come la fede può diventare quello sguardo che ci aiuta a radicarci in questa terra, in modo tale che non sia più “oppio dei popoli” ma “occhio dei popoli”? In questa fase storica, le Scritture ci aiutano a leggere più in profondità il nostro rapporto con la terra, perlopiù strumentale. Favorirne la lettura, promuoverne l’approfondimento è il mio piccolo contributo nei confronti di questa nostra terra desolata.