10 giugno 2017 / Bergamo
TERRA E POPOLI. FUTURO PROSSIMO
Interventi e risonanze (13)
Quando parliamo di storia o di storie, in generale, ci rivolgiamo al passato o prossimo o remoto e ci affidiamo al racconto pervenutoci, fidandoci di una certa oggettività; a meno che non si entri nel genere del favoloso.
Possiamo pensare che il racconto pervenutoci abbia anche qualche chiave per mantenerci nel sospetto, o nella ricerca di significati o finalizzazioni che gli autori del racconto volevano trasmetterci, forse a vantaggio di interessi particolari o di classi sociali che detengono il potere. Le storie tramandate non sono neutre, comprese quelle contenute nei libri dei testi scolastici; sono storie di vincitori e vinti. La ragione sembra appartenere ai vincitori ed al loro sistema politico – economico che li rappresenta.
Ci sono storie di vinti che rimangono magari negli archivi polverosi di paesi e città e narrano di una resistenza considerata retrograda e non degna di venire alla luce. Qualcuno ha tentato di rispolverare queste storie riscrivendo la storia dal basso: dalle classi subalterne. Federico Bozzini, professore nei licei di Verona, ha tentato queste narrazioni. Purtroppo è stato stroncato prematuramente mentre saliva la montagna.
La sua ricerca e narrazione riguarda tre periodi: la presenza di Napoleone a Verona e le Pasque veronesi (1795.1805); il periodo post napoleonico e la costituzione del latifondo agrario (dopo il1821); ed il periodo dopo l’unione del Veneto al Regno d’Italia (1866 – 1887) Il contesto della narrazione avviene in un ambiente contadino e di impostazione sociale clericale, quindi fuori dal contesto delle nuove idee ed istituzioni moderne. Non si tratta di dare un giudizio della modernità, quanto di leggere la vita della gente legata all’unico sostentamento di allora: la terra!
Già la Repubblica veneta, aveva incamerato parecchi beni ecclesiastici per poter sopravvivere al venir meno del commercio Europeo, dilapidando anche i beni comuni in favore dei possidenti. Napoleone portò l’incameramento dei beni agli estremi, abolendo i monasteri, gli ordini religiosi, le congregazioni laicali che gestivano i vari benefici. La conseguenza fu lo scompaginamento dell’ordine precedente, lasciando senza protezione il popolo delle campagne. Nella mia cittadina, è stato soppresso il monastero di S. Bartolomeo il cui beneficio era gestito dalla congregazione laicale formata da circa 50 famiglie e fungeva da ente assistenziale. Non ha toccato i beni della Chiesa della Madonnina perché era frutto di un voto popolare in cui non entrava la chiesa locale. Le Pasque veronesi , in cui i Francesi furono espulsi dalla città per un breve periodo, non sono frutto del solo scontro culturale e religioso, ma anche della fame in cui la massa dei poveri era precipitata. E’ una constatazione, non un giudizio sulla nuova storia. Napoleone abolisce le vecchie strutture ecclesiastiche e Maddalena di Canossa che lo ospitava, con altre amiche, soccorre i poveri della città e fonda le sorelle della Carità. La storia della solidarietà non si ferma.
Gli scontri più significativi avvengono però dopo che il Veneto entra nel Regno d’Italia. La popolazione delle campagne è cresciuta, e la concentrazione delle terre non permette il lavoro per tutti. Si scatena la rivolta dei braccianti affamati (1886). La borghesia della città accoglie la processione del Corpus Domini con provocazioni e perfino fucilate, costringendo il popolo a disperdersi. Nelle campagne i braccianti si sollevano, occupano alcune chiese, organizzano sequestri di generi alimentari dagli agrari e li distribuiscono alle famiglie. Passate le sommosse il governo fa arrestare poche persone dei vari gruppi e li tiene per alcuni giorni come monito per contenere le rivolte. Da questo momento nascono due fenomeni nella vita della povera gente. L’EMIGRAZIONE (cantata anche in vernacolo dai poeti locali) ed il BRIGANTAGGIO. Non è un fenomeno solo del Sud Italia. C’è chi ha preferito restare e risolvere il problema con la violenza.
Una storia, anzi storie, mai raccontate e che giacciono nella polvere degli archivi dei nostri comuni. Ogni cambiamento culturale, politico, economico, finanziario, tecnologico, inevitabilmente all’inizio allarga la fascia delle povertà, creando anche movimenti di solidarietà che sono un argine per recuperare il bene comune che, a sua volta,viene sconvolto dalla fase successiva.
Ed ora dove stiamo andando?