Frammenti di vita (1)


 

L’arte del vivere sta nell’infinita pazienza di ricominciare. E’ un pensiero di cui sono profondamente convinto: chi ama la vita sa sempre ricominciare. Quanta gente oggi, delusa e disgustata, ha abbandonato il gioco della vita; mentre il suo vero senso, ciò che la rende autentica, sta solo nella sua continua e appassionata ricerca.

I pastori di Giudea, che abbiamo incontrato la notte di Natale, non erano persone con qualità particolari, anzi non godevano di molta considerazione sociale, ma erano ‘svegli’ – “Vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge” – quando l’angelo è passato e, senza indugio, si sono messi alla ricerca del Bambino.

Questo loro atteggiamento insegna che solo se usciamo da noi stessi, solo se ci liberiamo dei nostri pregiudizi, solo se ci scrolliamo di dosso le nostre tristi rassegnazioni e lamentele; solo se accettiamo la fatica di camminare nelle notti della vita avremo la sorpresa di trovare.

L’arte (e non il mestiere) del vivere richiede pazienza, ascolto, obbedienza e fedeltà.

Pazienza: come passione per le cose che fai, per la vita che vivi, per le persone che incontri, perdendoti senza calcoli nei meandri quotidiani che spesso ti fanno perdere il fiato e il buon senso: non si può vivere sempre nell’illusione di non incontrare mai la delusione o la sconfitta!

Ascolto: come tensione verso ogni suono umano che ti disturba; ma proprio perché ti disturba, proprio perché ti risveglia dal tuo assonnato torpore, è segno di qualcosa che ha la forza di aprirti gli occhi del cuore per sentire nuovi sapori della vita.

Obbedienza: come ‘lasciarsi prendere’, senza resistenza, senza paura, senza difendersi da chi ti chiede di aprirgli la porta, senza il fastidio di dover interrompere le cose che hai programmato di fare.

Fedeltà: come ‘continuare fino alla pazzia’ . Quando decidi di ‘uscire di casa’ e ‘scendi in strada’ per confonderti e perderti con la folla, devi sapere che l’unica àncora che ti può tenere al sicuro è la fedeltà. Ricordo che Sirio diceva: “Quando si è posto mano alla pazzia la razionalità più consigliabile è cercare di essere pazzo del tutto”.

 

Abitanti della terra

La vita è il nostro unico serio mezzo di conoscenza. Come si fa a sognare un progetto , se ci si lascia imbrogliare da quanto viene oggi continuamente predicato, e cioè che non c’è più nulla di sicuro? Non è che oggi sia tolta la possibilità o la capacità di sognare in grande, è invece necessario svegliarsi dai sogni sbagliati che sono stati e sono messi ossessivamente in rete.

La speranza non è necessariamente legata e dipendente da particolari momenti, favorevoli o disatrosi della storia. Ma è fondamentalmente un permanere di una vitalità sempre presente, una provocazione tenace, che sta al di sopra dei fatti, delle vicende, delle persone. Perchè è alla radice, è dentro al tessuto connettivo del vivere e convivere umano.

Così quest’anno ho cercato di dare volto e parola al Natale 2018, che ho vissuto con le tre comunità dove abito, mettendo come manifesto e tema la copertina della nostra Rivista Pretioperai di aprile 2018. Ho unificato il cammino del tempo liturgico che va dall’Avvento all’Epifania con la frase con cui ho iniziato questa comunicazione: “L’Arte del vivere sta nell’infinita pazienza di ricominciare”.

E’ questa arte del vivere che caratterizza l’agire di Dio nella storia dell’umanità: un Signore appassionato di vita! Un Dio che viene nel mondo e lo guarda con gli occhi innocenti di un bambino. Un Dio che non smette di sognare per l’uomo; un Dio debole che non si arrende di fronte all’arroganza degli uomini; un Dio che non si scoraggia di fronte ai tanti flop che potrebbero sfiancare la sua infinita pazienza di ricominciare il suo impegno a favore dell’umanità.

Ma quando giunse la pienezza del tempo, Dio inviò il Figlio suo, nato da una donna, sottoposto alla Legge, affinché riscattasse coloro che erano sottoposti alla Legge” (Gal.4,4-5).

Quando Dio prende il sapore di uomo, assumendo la carne umana nel grembo di una donna, la storia dell’umanità cambia, il sorriso torna sul volto dell’umanità: “Tutti i popoli riprendono a sorridere nella stessa lingua”, come dice un proverbio indiano.

Questa mi è sembrata la buona notizia che noi pretioperai lombardi abbiamo ascoltato da Riccardo Petrella nell’incontro di novembre 2018:

“E’ possibile passare dalla rivolta alla costruzione di una umanità nuova, per un divenire della vita sulla Terra fondato sulla sacralità, sulla gratuità e la responsabilità di tutta l’umanità”.

In quell’incontro abbiamo ascoltato il racconto di uno che ha visto in anticipo quali sono gli effetti della globalizzazione neoliberista, della finanziarizzazione dell’econonomia e del sonno colpevole della politica: lasciato nelle mani della trinità ‘capitale-impresa-mercato’, il mondo si è trasformato in una giungla dove in nome della competitività le persone sono divenute pedine di gioco, usabili o scaricabili a piacere.

Questo mondo, che, mai come oggi, è stato capace di produrre ricchezze, non sa dare risposte alle crisi umanitarie ( provocate e volute da precise scelte politiche ) che ogni anno producono milioni di profughi, miseria crescente, impoverimento della classi medie.

Siamo tutti chiamati, come abitanti della Terra, ad agire insieme per modificare il divenire della Terra e dell’Umanità e farla così uscire dallo stato critico in cui tutti noi l’abbiamo ridotto. E’ necessario sostituire il “principio di utilità” (anima del mercato, che è ladro quotidiano di umanità) con il “principio della gratuità” che è l’unico capace di aiutarci a lottare insieme per elaborare una nuova ‘economia’ della vita.

Gianni Alessandria


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