Narrazioni della parabola di Piero (3)
Osvaldo Galli, quando ha incontrato Piero, era già funzionario della Fiom Cgil. Nel suo libro, “Nonostante tutto”, ha inserito un racconto che narra proprio di “don Piero” e che inizia così: “Quando Piero sorride, i suoi occhi parlano più della sua bocca e, nonostante i grandi occhiali neri, il viso si accende di una luce serena e al contempo severa. Quella severità l’ha maturata più in fonderia che in seminario”.
Da quando l’ho conosciuto, nel 1980, la figura di Piero mi ha sempre accompagnato. L’ho incontrato in fabbrica. all’Arona di Voghera. Una fabbrica di motori con annessa la fonderia e lui lavorava proprio in fonderia, sicuramente il posto più duro e più pesante di quella azienda.
Io, in quegli anni, ero impegnato in Cgil e seguivo la zona dell’Oltrepò pavese come componente della segreteria della Fiom Cgil di Pavia. Era ancora in piena attività la Flm, la Federazione unitaria dei lavoratori metalmeccanici. Piero come tanti altri preti operai era iscritto alla Fim, la Federazione dei metalmeccanici della Cisl ed era un componente del Consiglio di fabbrica. Scelto e votato dai lavoratori, e convintamente coinvolto nel ruolo di rappresentante sindacale, non si è mai tirato indietro. È sempre stato in prima fila nelle vertenze, nelle lotte, nelle continue prove che la vita di prete operaio gli ha riservato in quegli anni. A differenza degli altri suoi compagni di lavoro, aveva una difficoltà in più e non secondaria: doveva fronteggiare un clero totalmente ostile alle scelte messe in campo da un gruppo di preti operai che, sull’esperienza di altri prima di loro, avevano maturato anni prima in Francia, una decisione nuova e coraggiosa; vivere la fede che li aveva coinvolti fin da ragazzi tra i lavoratori e farlo direttamente, lavorando in fabbrica.
Piero, questa scelta, l’ha compiuta quasi subito dopo la sua ordinazione a sacerdote. Non l’ha mai sconfessata, anzi, quando la sua esperienza all’Arona terminò in modo drammatico per via della chiusura della fabbrica, lui, a ribadire la decisione presa anni prima, decise di continuare, andando a lavorare ancora in una fonderia, una piccola fonderia, in un piccolo comune nelle vicinanze di Voghera. Era rimasto nei paraggi… quasi a voler visivamente dimostrare, in primo luogo a se stesso, la sua inalterata coerenza.
Prete operaio fino in fondo. Nessuna scappatoia, di nessun tipo.
Intanto il suo impegno nella società civile è continuato e si è sviluppato. Il mio ricordo va a quando, incontrandolo dopo la sua esperienza all’Arona, l’ho ritrovato diverse volte alla Camera del Lavoro di Voghera, ad informarsi e interessarsi dei tanti problemi che i primi immigrati si trovavano ad affrontare.
Già dalla prima ondata migratoria si è impegnato concretamente nell’aiuto a favore di questi nuovi arrivati. Dal suo comportamento non traspariva mai la sua condizione di sacerdote. Chi non lo conosceva non aveva motivo di associare la sua attività di aiuto ai più deboli a quella dell’essere un sacerdote.
Va detto che per molti che fanno riferimento solo alle apparenze, è quasi impossibile concepire che un prete possa vivere la sua fede e le sue convinzioni in un’esperienza laica, oserei dire completamente laica. È facile in questi casi che la gente non capisca e spesso rifiuti.
Piero ha sempre trasmesso fiducia, non come sacerdote, ma come uomo che agisce per aiutare gli altri. Un aiuto che, allo stesso tempo, è stato lezione di umanità e insegnamento che ha coinvolto chi si trovato coinvolto nel suo cammino.
Per me aver incontrato, conosciuto e frequentato Piero è stato un arricchimento: di valori e di insegnamenti. Non solo per quello che diceva ma anche, e forse sopratutto, per il suo agire instancabile, il suo entusiasmo, il modo di superare fragilità e difficoltà.
Essergli stato amico e, per un certo periodo, compagno di lotta, a difesa di diritti e valori, mi ha onorato. Il suo sorriso, dolce e severo allo stesso momento, il suo lavoro a favore dei più deboli mi è rimasto nella mente e nel cuore.
Osvaldo Galli