“1992: Precarietà e nuove solidarietà”
Nel numero precedente abbiamo già dato notizia dell’incontro avvenuto a Pentecoste ‘90 tra i PO europei, riportando alcune brevi note di presentazione e di valutazione; e riproducendo le comunicazioni dei PO portoghesi e spagnoli.
(Noterella a margine: rileggere oggi l’intervento dei PO portoghesi permette di capire meglio come mai la FIAT abbia dichiarato di avere pronto il progetto per un nuovo stabilimento in Portogallo, qualora il sindacato italiano non avesse accettato le condizioni di lavoro prospettate per i futuri nuovi stabilimenti in Sud Italia).
In questo numero ci sembra opportuno offrire alla lettura anche le comunicazioni dei PO belgi e francesi: possono servire a completare sufficientemente il quadro su cosa vuol dire per gli operai andare verso l’Europa del ’92.
Intervento della delegazione belga all’incontro di Basilea
A. VEDERE
1. Insicurezza e mancanza di solidarietà: è ciò che immediatamente si nota.
2. Andando più a fondo:
* il sindacato deve affrontare nuovi ostacoli, diversi dal passato. Le multinazionali favoriscono
i licenziamenti e il trattamento ai livelli più bassi;
* l’aumento di paga è riservato ai circoli di qualità e all’impegno di partecipazione;
* le nuove tecnologie (di cui abbiamo già parlato nell’incontro dell’anno scorso);
* si favorisce il sindacato d’impresa che raggruppa operai e impiegati..
3.
a) Aumenta l’individualismo non solo come mentalità ma anche nelle tecniche (ad esempio,
la ristrutturazione del salario);
b) aumenta l’emarginazione (povertà);
c) annullamento progressivo del ruolo del delegato sindacale (non c’è sociale in un deserto di uomini che preferiscono rivolgersi al capo del personale piuttosto che al delegato sindacale)..
4. La Chiesa:
a) i vescovi belgi dicono che non c’è più mondo operaio e nemmeno mondo popolare (hanno chiuso il seminario fondato dal card. Cardijn;
b) il sociale si abbandona e ci si orienta verso l’etica. E verso l’Europa (tre dichiarazioni dei vescovi: vocazione dell’Europa; responsabilità dei cristiani verso l’Europa di oggi e di domani; una nuova evangelizzazione)..
B. GIUDICARE
1. È vero che la classe operaia sta cambiando. In Belgio:
Ma il cambiamento avviene in una comune situazione di sfruttamento. .
2. Il non-lavoro ha preso sempre più campo: lo testimoniano i diversi “status”, anche tra i PO:
disoccupazione
prepensionamento
lavoro precario
lavoro a part-time
prolungamento delle ferie
riduzione dei tempi di lavoro.
3. Tra lavoro e non lavoro sta aumentando sempre di più la fascia degli esclusi e dei poveri.
* il movimento operaio ha fatto dei lavoratori soggetti di diritto;
* i “poveri”: eterni oggetti dei discorsi politico-religiosi o nuovi soggetti di diritto?
* le generazioni che verranno diranno di noi: nel 1990 c’erano sempre più esclusi. I cristiani impegnati nel sociale, l’A.C.O., i PO non hanno potuto frenare la tendenza..
C. AGIRE.
1. Noi condividiamo le condizioni di vita (operai, impiegati, disoccupati, invalidi, prepensionati, pensionati) iniziando dal basso (la classe operaia resta al punto più basso della società) di un mondo operaio (e non mondo popolare o quarto mondo) secolarizzato (il mondo operaio ha la sua autonomia e organizzazione).
.2. Per unirci alla Chiesa nella sua missione di evangelizzazione:
a) mettiamo fine al vecchio contenzioso che oppone da sempre il mondo operaio alla Chiesa (diffidenza dei compagni non verso di noi, ma verso la Chiesa);
b) mettiamoci al “terzo gradino” non solamente spogliandoci del personaggio ecclesiastico, ma entrando nel vero mondo operaio industriale, condividendo la vita di una classe operaia secolarizzata (ci interroghiamo veramente sulla nuova immagine di Dio che questo compito sottintende?).
.3. a) Immettiamoci anche nella lunga storia che precede il nostro agire; mettiamoci positivamente nel vecchio contenzioso Chiesa-mondo;
b) situiamoci in modo originale di fronte alla terza via così cara alla Chiesa belga;
c) animazione cristiana del movimento operaio e non movimento operaio cristiano.
Maurice
Contributo dei Pretioperai francesi all’incontro di Basilea ‘90
1. Noi constatiamo
Il grande mercato europeo (l’Europa dei mercanti) è già in funzione con conseguenze sempre più gravi per la classe operaia.
* Continuano le ristrutturazioni dell’industria, come pure quelle di grandi servizi come le banche e le assicurazioni.
* La delocalizzazione delle industrie e quindi dei posti di lavoro, impoverisce intere regioni.
* La diminuzione del lavoro salariato in favore di occupazioni in proprio, e come conseguenza il moltiplicarsi del subappalto: in particolar modo nei lavori pubblici, nell’edilizia e nei trasporti; si promuove il lavoro “indipendente” per indebolire le organizzazioni sindacali e rompere le solidarietà operaie.
* La dequalificazione e il livellamento verso il basso: aumento degli impieghi temporanei, a termine, dei contratti a tempo determinato e degli impieghi precari in genere.
* Non constatiamo un progetto sociale nell’Europa che si costruisce economicamente: al
contrario, la concorrenza arriva a livelli assurdi e contano solo i profitti (l’esempio dei cementi francesi: a 50 Km. di distanza una cementeria spagnola e una cementeria francese si fanno
concorrenza in seno a uno stesso gruppo).
* Le libertà sindacali sono disprezzate e i padroni sognano un nuovo XIX secolo nel quale la mano d’opera diventi docile e sfruttabile senza fine.
2. Cosa pensare di queste situazioni concrete?
* In queste condizioni le nuove solidarietà appaiono difficili. Nuove divisioni emergono nella classe operaia. Vengono alla luce nuovi corporativismi e reazioni settoriali per salvaguardare i posti di lavoro o i mezzi di produzione (esempio: tra pescatori francesi e spagnoli).
* Pericolo di xenofobia e di razzismo: occorre trovare dei capri espiatori alla crisi del lavoro!
* Ma ci sono pure delle reazioni positive di fronte all’indefinibile realtà di questa Europa che si costruisce. Le organizzazioni riflettono sul piano sociale; esse sanno che l’Europa dei lavoratori è esistita già prima del 1993 (l’esempio dei lavoratori portuali e del sostegno portato ai portuali italiani e spagnoli).
* Gli sconvolgimenti dei paesi dell’Est faranno forse cambiare l’idea di un’Europa troppo ristretta ed obbligheranno a nuove solidarietà.
Noi pensiamo che nulla è possibile senza la lotta di ogni giorno, una lotta che si appoggi su una struttura collettiva organizzata.
Esempio: in una fabbrica di Strasburgo in cui tutti avevano preso l’abitudine di lasciarsi imporre le ore straordinarie ed il lavoro del sabato mattino, dei giovani reagiscono ed il sindacato organizza uno sciopero con assemblea contro questa situazione. I giovani reagiscono per dignità: «Non si vive solo per lavorare! Basta, siamo stufi!».
Un altro esempio: per reagire contro la paura che il potere vuol far regnare in fabbrica, un caposquadra scende dal camion e grida verso il delegato: «Dammi la tessera del sindacato, eccoti i soldi»: e lo fa apposta davanti a tutti.
È importante ricostruire una coscienza collettiva nei lavoratori: questo bisogna farlo prima di tutto attraverso l’azione quotidiana sui luoghi di lavoro e di vita. Perché “bisogna vedere la realtà, la verità, partendo dai luoghi più vicini ai poveri”.
I poveri e i precari ci sono a fianco: dobbiamo inventare mezzi nuovi per essere con loro. Questa prossimità ci apre l’orizzonte sulle altre povertà nel mondo; il terzo mondo è con noi, al nostro fianco.
3. Che fare?
* Forse prima di tutto reagire contro un sentimento di fatalità: perché esprimerci unicamente come se l’avvenire dell’Europa dovesse oXedire a una legge naturale contro la quale non si potrebbe nulla e che bisogna subire? Dobbiamo reagfre personalmente e collettivamente e non dobbiamo solo chiederci: “come limitare i danni?”.
* Bisognerebbe contare di più sul “popolo” che spesso ha una capacità di reazione che non ci aspettiamo (esempio: i paesi dell’Est e certi paesi del terzo mondo).
In realtà alcune cose si muovono e cambiano e dei cristiani sono impegnati nelle strutture europee quali la Confederazione Europea dei Sindacati o i comitati operai tra Francia e Spagna, nei quali la CGT è attiva. O ancora gli incontri collettivi tra operai frontalieri (Germania, Svizzera, Lussemburgo, Belgio, ecc.)
La Chiesa è presente con uno spirito missionario e non conquistatore attraverso movimenti come l’Azione Cattolica, ecc. e si esprime ogni tanto pubblicamente su problemi scottanti che riguardano l’Europa di domani (dichiarazione della commissione “Giustizia e pace” nel maggio ‘89; dichiarazione della commissione episcopale nel mondo operaio del 14/9/87 sulla società a due velocità; lettera della C.E.M.O. ai partecipanti alla missione operaia del 15/4/90).
I preti operai francesi: alcuni sono personalmente impegnati nelle nuove situazioni di precarietà e di marginalità (quartiere, droga, carcere, delinquenza, disoccupazione, lavoro temporaneo); senza parlare degli impegni sindacali, politici e associativi.
Collettivamente dei PO si sono espressi e impegnati con altri lavoratori in diverse regioni di Francia per denunciare e proporre soluzioni possibili ai problemi sollevati.
I PO pensionati combattono con i loro compagni per salvaguardare la pensione e la sicurezza sociale.
La Missione di Francia organizza in questo momento un convegno importante, con partecipanti del mondo intero.
La Missione Operaia è uno dei luoghi privilegiati per i PO per la riflessione e azione sul “come cambiare le cose”.
Conclusione
Noi siamo testimoni di qualche cosa nella Chiesa quando il nostro comportamento, le nostre scelte, le nostre lotte, i nostri rapporti con il danaro, il nostro inserimento vero tra i “più poveri” sono segni del Regno: «Il Vangelo è annunciato ai poveri!».