Letture
La nascita di un libro
Il libro “Una comunità di frontiera” è nato per una riflessione conseguente a quella sul prete operaio italiano.
È stato ritenuto più importante guardare più a fondo le radici da cui era nata la pianta del prete operaio veneto. In questo senso si è portata l’attenzione alla presenza del cattolicesimo nella società veneta attraverso l’organismo che più la rappresenta: la Parrocchia.
La difficoltà che si presentava e si presenta era quella di entrare in una realtà religiosa che si esprimeva in una pratica sacramentale documentabile, ma non poteva però definirsi nel cammino personale delle coscienze, degli atteggiamenti, del consenso o del rifiuto non tanto del costume religioso, quanto della fede religiosa. Una fede che ha un punto di riferimento nella tradizione, ma ne ha un altro nel cambiamento di una società secolarizzata.
Tutto questo dà una chiave di lettura del metodo seguito dall’autore, che interroga le persone e fa delle loro testimonianze il canale che conduce gradualmente alla percezione del mondo culturale, sociale e spirituale che attualmente cammina nel Veneto.
La conclusione non è tirata da lui: è il lettore che viene attrezzato di alcuni strumenti e che poi è invitato a tirare le conclusioni che gli sembrano più reali.
In fondo è il tentativo di fare una fotografia: la può guardare il sociologo, la può guardare il politico, la può guardare il pastore e la può guardare il teologo che intendono interrogare la storia che stanno vivendo. Ognuno di questi avrà cose differenti da dire.
Il libro è uno strumento utile e opportuno per tutti, ma non occupa il posto di nessuno. Non si può far dire all’autore quello che non ha voluto dire: suo scopo è di fare solo una fotografia; la sua preoccupazione è di essere fedele, così da dare un corretto mezzo di comunicazione tra gli operatori sociali e la realtà in cui operano.
I fatti di Spinea
Spinea è il luogo dove si sono svolti i tatti. Sono fatti vissuti e raccontati da testimoni. Indubbiamente 18 persone non sono rappresentative esaurienti di una popolazione di 25.000 abitanti. Essendo poi state coinvolte nella vicenda, la loro testimonianza riflette la parte che hanno sposata. Il valore delle loro testimonianze ha il suo fondamento nella verità che ognuno ha rispettato e riproposto; ma la verità complessiva non può essere che quella che risulta dal mettere insieme tutte le testimonianze. È l’insieme che dà il metro per capire la situazione e le vicende.
Se per necessità di metodo si è dovuto seguire il criterio del numero ristretto, ci sembra però che il numero di 18 sia sufficientemente significativo per percepire la realtà non tanto di una storia vissuta, quanto di una situazione religiosa che il Veneto sta vivendo.
Spinea ha conosciuto un conflitto tra il vecchio e il nuovo: il conflitto non è tanto nei metodi, quanto nel vivere un mondo nuovo nel contesto d’un mondo vecchio.
In questo conflitto ci può essere chi accusa di partigianeria la scelta degli intervistati: in realtà è stata una scelta obbligatoria per la indisponibilità delle persone che sono state interpellate. Il ventaglio era più ampio, ma solo alcune, appunto quelle che il libro riporta, hanno acconsentito a collaborare.
Ci sembra non corretto accusarle di partigianeria di fronte alla realtà di un problema che è più grande di tutti noi, e che dovremo ritornare a prendere in mano per non tenerci fuori da un cammino culturale, spirituale e sociale che sta avvenendo fuori di noi.
Sarebbe come chiudere gli occhi per poter vivere con tranquillità quel poco di sonno che ci è ancora dato, ma che non ci prepara al risveglio che potrebbe essere amaro, quando ci si trovasse in ritardo incolmabile con la storia.
Siccome però questo conflitto permane ancora e pare che disturbi eccessivamente, riteniamo che il libro debba aspettare ancora per essere vissuto nel luogo, ma abbia tutte le qualità per interrogare un mondo veneto, più vasto di Spinea.
È a questo che si rivolge.
Le questioni in gioco
Messo in chiaro che il libro non è stato scritto per risolvere il conflitto, spesso anche personale e ancora aperto a Spinea, esso rivolge alla gente veneta una proposta per riflettere sui momenti che stiamo vivendo.
Possiamo delineare questi momenti sui titoli che sono messi a commento di ogni capitolo del libro.
Li ripercorriamo:
* Voglio incontrare il Dio vivente nella vita di ogni uomo.
* Ci siamo costruiti la chiesa.
• La fede è scoperta continua.
* Dialogare con tutti.
• Una chiesa per la gente.
* Per una nuova immagine di chiesa.
• Un nuovo metodo pastorale.
* Il prete, un uomo in mezzo agli uomini.
• La religiosità è cambiata.
* La fede non ha recinti.
* Il Vangelo ha risposte per tutti.
* Una parrocchia per tutti.
* La parrocchia, luogo di incontro.
* Calare la chiesa nei problemi della gente.
* Per una parrocchia non confessionale.
* Per una chiesa di adulti responsabilizzati.
* Una esperienza storica per me.
* Chiesa che si interroga.
La novità del libro non è nel fissare i titoli, che vengono spesso discussi da teologi e da pastori, quanto nel dare la parola alla gente. Sono le persone alla base che parlano sulla propria esperienza ed è la loro esperienza vissuta che fa emergere questi temi. Sono temi della gente e nascono dalla storia delle persone.
Alcuni preti che sono passati per Spinea si sono incontrati ed hanno interpretato non il libro, ma la vicenda vissuta, in questi punti:
1. La gente veneta ha avuto un cambiamento culturale, sociale e spirituale molto forte. Non si può dare un pane che nutriva in altri tempi e un’altra cultura (rurale), ma che ora non è più appetibile se non come vestigio storico.
Bisogna dare il pane per una società secolarizzata.
2. Questo lo si può trovare nell’innesto della chiesa nella vita di oggi. Rifare una chiesa fedele al passato, ma fuori della storia reale, non può che fermare o far regredire le attese profonde di chi aspetta Dio e lo cerca perché ne ha bisogno.
Si viene riportati quindi in una religione metastorica.
3. La chiesa non è più letta come chiesa docente e chiesa discente: è un popolo che prende il suo posto e cammina per costruire non l’istituzione, ma la comunione. Segno di questo è ridare la parola e riconoscere i doni che Dio distribuisce a ciascuno per l’utilità comune. Di conseguenza c’è una declericalizzazione che non significa profanazione secolare, ma crescita adulta d’un popolo.
4. Ma tutti questi sono aspetti rivelatori di un cammino che si sta facendo nelle coscienze e che viene sottolineato dall’autore nelle ultime righe.
È il cammino che porta a misurarsi realmente con i grandi problemi della vita.
L’uomo non può coprire con surrogati l’appuntamento che si chiama: senso della vita; senso della storia; senso della chiesa; senso della rivelazione; senso di Dio.
Quanto più diminuiscono gli idoli, tanto più la questione si pone nella sua essenzialità.
È la parrocchia in grado di dare una risposta?
Il libro non è che un tentativo non di dare la sua risposta, ma di far pulizia perché la domanda vera si ponga e ci si metta con coraggio sulla strada di una ricerca seria, adatta per il nostro tempo.
Pietro Crespi, Una comunità di frontiera, Editrice “Il segno”, Verona