“Cammini di speranza in terra operaia”


 

A Pentecoste 1991, i pretioperai francesi hanno tenuto il loro Convegno nazionale.
La delegazione italiana era composta da Gianni Chiesa, Renzo Fanfani, Roberto Fiorini, Tony Melloni, Mario Pasquale, Luigi Sonnenfeld.
Prima del Convegno dei PO francesi c’è stato l’incontro delle delegazioni europee. Il settimo.
Riportiamo:
*
Il documento finale del Convegno dei pretioperai francesi
* L’intervento dei POF che nel 1954 non accettarono il diktat di Roma, e rimasero al lavoro (qui)
* L’intervento di Maurice Cadet, belga, a nome dell’équipe europea
e il tema del prossimo incontro internazionale a Barcellona a Pentecoste del 1992 (qui)


 

CAMMINI DI SPERANZA IN TERRA OPERAIA

 

1. La Pommeraye 1991

Siamo Stati bene tutti insieme questi tre giorni alla Pommeraye! Ancora una volta, abbiamo sperimentato, in questo posto dell’Anjou, nuovo ed accogliente, la dolcezza di un incontro fraterno per rinnovare le nostre forze e le nostre convinzioni.
Avevamo tutti molto bisogno di questa ripresa e di questo incontro per rinnovarci nella nostra missione di pretioperai, testimoni del Vangelo di giustizia, di liberazione e di pace fra i lavoratori.
Avevamo voluto questo incontro nazionale come «un momento della nostra storia, in cui si ricordano le nostre origini, le nostre intuizioni, in cui si riconferma lo slancio che ci guida, in cui ci si ritrova per festeggiare e celebrare la vita, da cui si riparte con slancio, con energia».

Ma è già ora di ripartire, di riprendere la strada, di separarci come il giorno dopo la prima Pentecoste, spinti dallo spirito del Risorto che sta con noi e che ci manda, perché quel che Dio vuole è «…che tutti gli uomini siano salvati e possano raggiungere la conoscenza della Verità».
La nostra è una strana avventura! Educati e formati per lo più come dei leviti per il servizio dei tempio, ci ritroviamo “testimoni con le mani disarmate”, portatori di una speranza che ci viene da lontano, in una solidarietà quotidiana con un popolo sottomesso a delle prove dure, tentato oggi di essere disperato per il suo avvenire, perché, adesso, non vede più alternativa credibile alla sua sorte, e dubita delle sue capacità ad unirsi per cambiare il corso delle cose.

2. La situazione operaia

Precarietà, disoccupazione crescente, cassa della grande industria, sindacati in difficoltà, individualismo, esclusione, manipolazione dei massmedia, delusione politica, negazione, la vita è dura e senza pietà per i piccoli in una società di profitto e di vincitori, che lascia da parte e butta via anche sempre più gente, famiglie, popoli interi.
Il mondo è veramente cambiato: non siamo più nella situazione di 25 anni fa, quando fu deciso, alla fine del Concilio Vaticano Il, il rilancio dei pretioperai, escludendo d’altronde di chiamarli così! Rilancio inaspettato, bisogna dirlo!, dopo le scelte impossibili e disumane imposte ai nostri predecessori nel 1954 – 59. Siamo ancor meno nella situazione di 45 anni fa, all’inizio dei primi PO, alla fine della guerra 1939-45, quando tutte le speranze sembravano permesse, quando il movimento operaio pareva sicuro di poter imporre una società giusta e fraterna.
Oggi è “la galera”, il “pensa per te” e, per tanti, il tempo della disperazione, la perdita dei punti di riferimento tradizionali, il fallimento delle ideologie, il dubbio delle certezze, l’assenza di prospettive, il disorientamento, lo smarrimento, ma anche l’indifferenza enorme di un mondo laicizzato. Ci sono stati dei grossi spostamenti, ma l’orizzonte è chiuso per il mondo operaio, i giovani in particolare, gli immigrati, la popolazione delle grandi periferie.
Nello stesso tempo, invecchiamo e perdiamo i nostri capelli! Diversi tra noi stanno cessando l’attività lavorativa, mentre i giovani che si stanno orientando verso il sacerdozio non ci sembrano portati verso questa partecipazione alla vita quotidiana con il popolo.

3. La convinzione della speranza

Vogliamo fare insieme “il punto”. Avevamo bisogno di raccontarci a vicenda tutte queste cose pesanti portate in questi ultimi anni.
Eppure, se abbiamo preso “la parte della speranza” e osare anche scrivere qui lo “sperare contro ogni speranza”, non è certo inconsapevolezza e ancora meno fanatismo. Siamo senz’altro destinati a “vivere con le nostre incertezze” ormai.
Ma crediamo che, quando tutto sembra perso e che, a parere umano, non c’è più speranza, ci raggiunge qualcuno che non possiamo riconoscere subito. Egli porta ancora le cicatrici della sua passione dolorosa ed ingiusta. Ci chiede: «Di cosa parlavate per strada? Avete un’aria così cupa!».
Per noi, le strade della speranza vanno dalla città santa che crocifigge il Signore verso il borgo dove si mangia alla bettola del posto. E la speranza, e anche la gioia possono rinascere nei nostri cuori, citando “Mosè e tutti i profeti” per interpretare il senso misterioso di tutti questi avvenimenti che abbiamo appena vissuto e che ci hanno colpito così fortemente.
Non possiamo dimenticare che i primi apostoli hanno dovuto fare questa terribile esperienza, prima di ricevere nel loro cuore lo spirito che animava Gesù «per annunciare la buona notizia ai poveri, ai quali il regno di Dio è aperto in priorità».
La nostra fedeltà agli indirizzi iniziali dei PO, nella scelta del lavoro salariato nelle fabbriche, nell’impegno sindacale e politico nel movimento operaio, della vita “d’équipe”, luogo indispensabile di partecipazione e di verifica, non ci dispensa, in nessun caso, dal cercare, di inventare, di trovare delle strade nuove per oggi e per domani.
La nostra fedeltà di pretioperai si vuole “inventiva”: rimanere fedele non vuol dire fossilizzarsi! La nostra determinazione di rimanere più vicini agli ultimi, di prendere la difesa degli sfruttati, di unirci con gli esclusi di ogni sorta, di ogni razza, ci porta oggi ad una maggior attenzione e ad impegni nuovi, al di là delle nostre imprese, ma sempre fedeli alle organizzazioni del movimento operaio, che rimane il nostro punto di riferimento e il supporto della nostra speranza.
A La Pommeraye ci siamo ritrovati più come credenti che come militanti, ma comunque sempre più decisi a non smettere di essere militanti. Lo siamo con tanti altri che non si scoraggiano nonostante tutto. Perché credono nell’uomo, si ostinano malgrado le difficoltà a volere la sua liberazione, la sua promozione solidale, la sua dignità responsabile. Per di più, siamo stati preceduti in queste cose da tutti i nostri amici giovani e adulti, laici, religiosi e preti della missione operaia. Tengono sempre più conto del nostro ruolo specifico di PO e ci riconoscono come compagni alla pari perché possano nascere e moltiplicarsi delle comunità di “ricercatori di Dio” nella classe popolare.

4. I mezzi da adoperare

Dobbiamo comunque preoccuparci dei mezzi da mettere in opera per reggere tutti insieme, non scoraggiarci, ritrovare speranza e dinamismo, «rendere meglio conto della speranza che portiamo dentro» a tutti quelli e quelle che ce lo chiedono, ed osare dire, già tra di noi, quel che viviamo nel profondo, e quel che facciamo per il Vangelo.

Vita comunitaria e regionale
Realizzati dalle nostre organizzazioni;
colpiti dalle loro analisi e strategie diverse,
provati dalle loro divisioni,

teniamo sempre di più
alla nostra vita comunitaria e regionale

coscienti del fatto che “quel che ci unisce è molto più importante di quel che ci divide”.

Il nostro gruppo di PO è per noi la prima comunità di Chiesa e per tutti quelli che ci conoscono e ci vedono vivere, un segno che provoca un interrogativo.


Missione operaia
Attenti alla diversità delle vocazioni e dei ministeri al servizio della Chiesa unica, attenti ad un aspetto della Chiesa dove appaiono in piena luce la testimonianza e la responsabilità dei laici,

prenderemo il nostro posto nella missione operaia

ovunque sarà possibile, partendo dalle sue più piccole realizzazioni locali.


Formazione permanente
Sensibili all’evoluzione rapida delle situazioni e delle mentalità, attenti a non rimanere presi da concetti e formule superate, convinti della necessità di approfondire continuamente le nostre convinzioni e di rinnovare l’espressione della nostra fede affinché essa sia “eloquente” per quelli che ci vivono accanto,

ci appelliamo ai nostri esperti per una formazione permanente

oggi indispensabile senz’altro tanto nell’ordine della fede, quanto nelle nostre responsabilità sindacali o per la nostra competenza professionale. Avremo anche cura di arricchire e migliorare ancora, ma anzitutto di trarre maggior profitto per noi e le nostre comunità dalla

nostra corrispondenza PO.

Sono le nostre “Scritture”, i nostri “Atti degli apostoli”, le epistole di oggi per la classe operaia.


Passaggio alla pensione
Credendo al valore fondamentale ed insostituibile “della partecipazione quotidiana alla vita degli ultimi”, fiduciosi di poter rendere “a tutti i costi” possibile l’incontro di Gesù Cristo tramite la gente delle classi popolari, conoscendo tutto ciò che può capitare là dove un PO vive da un certo tempo,

rifiutiamo che la cessazione d’attività,
la disoccupazione, 11 pensionamento,

pongano fine al nostro impegno di PO, anche a costo di inventare nuove forme di presenza e partecipazione.
Non è un caso se “il Padre di tutti i credenti”, Abramo, era un uomo anziano, senza speranza di discendenza: «Ebbe fede, e così diventò padre di una moltitudine!».


Appello al “ministero” PO
Preoccupati del futuro del ministero dei PO, preoccupati dagli itinerari e sensibilità diverse dei più giovani, ben disposti ad un rinnovamento indispensabile, moltiplicheremo le iniziative con i giovani che conosciamo, specialmente nella JOC e con altri responsabili di Chiesa, anche ai livelli più alti,

per chiamare al ministero PO.

È essenziale che continui ad essere elargito il segno dell’amore di Dio, che «vede la miseria del suo popolo… e ascolta il grido provocato dagli oppressori».
Occorre che oggi dei testimoni facciano propria la preoccupazione che straziava Gesù “fin nelle viscere”, davanti alla folla umana affamata ed esausta, priva di pastori e di guide.


Dimensione internazionale
Allarmati dalle trappole della prossima apertura delle nostre frontiere, eredi della tradizione internazionalista del movimento operaio, beneficiari dell’esperienza di PO in tanti altri paesi oltre al nostro,

svilupperemo la dimensione internazionale

dei nostri scambi, dei nostri incontri, sperando, per un giorno non lontano, in un incontro internazionale di tutti i PO.
Aveva ragione il grande apostolo Paolo che, per primo, operò la scelta di “andare tra i pagani”: «Vedere ciò che si spera, non è più sperare; ciò che si vede, come sperarlo ancora? Ma sperare ciò che non vediamo, vuol dire attenderlo con perseveranza!» (Rom. 8, 24-25).


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