“DAI DIAMANTI NON NASCE NIENTE…”
NELLA CONDIZIONE OPERAIA:
VANGELO O EVANGELIZZAZIONE?
Convegno nazionale 1992
terza relazione
A) PREMESSA METODOLOGICA
A 500 anni dall’invasione il tema “nuova evangelizzazione in America Latina” è oggetto di molte riflessioni ed anche oggetto della IV conferenza del CELAM a S. Domingo. Per me, che ho in qualche modo dovuto pormi il problema assieme ad Andrea e poi assieme a Bruno, il cammino per capirci qualcosa è stato non facile.
Si trattava di riflettere non solo su ciò che vedevamo o tentavamo di fare, ma anche di capire le differenze fra noi, e le differenze fra il mondo in cui avevamo vissuto ed il mondo in cui – con occhi stupiti ed addolorati – stavamo entrando. Si trattava di vedere / sentire a cosa assomigliava ed a cosa non assomigliava il nuovo mondo. Ciascuno di noi era preso da questo: volevamo prima osservare, capire, riflettere…
Pierino ed Ubaldo furono i pionieri. Poi Andrea. Poi Bruno ed Elena. Poi il rientro mio dopo l’offensiva del novembre ‘89, per riaprire S. Roque, chiusa dall’esercito.
Le prime spiegazioni… Poi le prime prolungate riflessioni, molto sofferenti, con Andrea. Poi le riflessioni con Bruno ed Elena. Poi il tentativo di riflettere assieme ai preti che ci avevano invitati…
Alla fine dei miei dieci mesi, ci siamo riuniti con Bruno ed Elena. Si trattava ora, non solo di dirci cosa avevamo visto, sentito, fatto, ma soprattutto si trattava di fare unità fra pratica e teoria.
Si trattava di trovare quegli elementi decisivi della pratica che ci permettessero non solo il racconto di sensazioni e di azioni ma anche di passare dai racconti a qualcosa di più: si trattava di costruire uno schema di riferimento comune, per permettere alle singole esperienze di confrontarsi e chiarirsi, annotando le diversità, che non sono elemento di conflitto ma di arricchimento.
Ricordavamo cosa diceva Gramsci nei Quaderni dal carcere:
«Se il problema di identificare teoria e pratica si pone, si pone in questo senso: di costruire, su una determinata pratica, una teoria che, coincidendo e identificandosi con gli elementi decisivi della pratica stessa, acceleri il processo storico in atto, rendendo la pratica più omogenea, coerente ed efficiente in tutti i suoi elementi».
In questo senso avevamo costruito tre fax: come umano, come cristiano, come sacerdote.
Questi tre elementi ci sembravano i decisivi, perché partivano dalle nostre condizioni e perché richiamavano elementi molto semplici.
Essi in qualche modo mi sembra richiamino tre elementi già detti da Bonhoeffer:
1. il primo elemento è come tu ti poni in rapporto con i “sotterranei della storia”
2. il secondo elemento è come tu ti poni in rapporto con la “modernità”, cioè il rapporto che tu costruisci fra “autonomia” e “teonomia”
3. il terzo elemento è che valore tu dai alla “religione”.
Questi sono per me i tre elementi decisivi con cui vorrei leggere anche quello che emergerà da questo convegno; perché sono tre elementi presenti nella nostra storia di PO e che in El Salvador mi hanno aiutato a discernere ed a dialogare.
Il tutto, posto nel terzo dei tre scenari che Leonardo Boff propone come gli elementi dello scenario internazionale e che ritengo utile porre in questa premessa.
Quali tendenze si presentano attualmente nel mondo?
Sono tre i principali scenari.
1. Il conflitto Nord-Sud, che sarà il fattore determinante degli anni ‘90 e definirà il destino dei poveri. In questo scenario troviamo i “duri” del nord (USA, Giappone contro il Mercato Comune Europeo) in una concorrenza molto rigida e basata sulla violenza. La disputa per l’egemonia logora gli USA, che hanno il debito più alto del mondo, con un’inflazione dell’8% di fronte ad un’Europa la cui inflazione è dell’l,2% e che per l’instabilità del dollaro non l’accetta più. La lotta per i mercati è estremamente competitiva. La Comunità Europea conterà su 400 milioni di consumatori; nel Pacifico il Giappone controlla l’80%, di fronte a degli Stati Uniti sempre più assenti. Tutti contro il Sud attuano una politica di scontro e di sfruttamento selvaggio e guai a chi osa sfidarli, perché mettono in atto contro di lui severe rappresaglie, affinché servano di lezione agli altri, come è avvenuto nel caso dell’Irak, contro il quale si scatenò una grande crociata del ricco.
2. Il secondo scenario è costituito dai paesi che mantengono un’idea ecologista che sta avanzando a grandi passi. Cercano di rendere omogenee le differenze sociali; stanno facendo grandi investimenti. Sono quelli che promuovono progetti alternativi ed il dialogo con il Sud (Europa con l’Africa; USA con America Latina); hanno raggiunto un certo equilibrio anti-nucleare e cercano di contenere il bellicismo degli USA.
A Rio de Janeiro il due di giugno centotrenta paesi si confronteranno su due problemi cruciali del XXI secolo:
* La prospettiva di vita di 3,5 miliardi di uomini dei paesi poveri che in cinquant’anni diventeranno 7-8 miliardi
* e le prospettive di sopravvivenza della specie su questo pianeta.
Si tratta di due problemi strettamente intrecciati. Infatti le due curve dell’aumento della popolazione e della crescita economica si sono impennate negli ultimi quarant’anni: la popolazione mondiale è raddoppiata (per oltre quattro quinti nei paesi poveri); il prodotto lordo si è triplicato (per più di quattro quinti nei paesi ricchi). Il «combinato disposto» di questa esplosione genera una pressione ambientale alla lunga insostenibile per l’ecosfera in termini di esaurimento e di inquinamento: di depletion e di pollution. E d’altra parte non è possibile arrestare questa pressione senza affrontare il tremendo problema dell’ineguaglianza economica mondiale.
3. Il terzo scenario è quello ideale, coincidente con la soluzione, che si deve porre a livello mondiale: né l’Europa né gli USA pensano alla povertà mondiale; o si pensa ad un governo mondiale o il mondo sarà un grande museo di ex-poveri ed ex-ricchi. La “mondializzazione” deve essere la nuova categoria per ricreare non solo regioni o alcune problematiche; non deve significare omogeneizzazione, senza rispetto delle culture, ma promuovere il dialogo e l’incontro con un’etica mondiale, con un’intuizione originale, la scoperta dell’intima connessione tra Dio e la vita, tra il povero e la liberazione; con il riscatto dell’analisi marxista arricchito dall’attuale analisi culturale; con i contributi pratici nel dimostrare che è possibile rompere con la schiavitù capitalista. La creazione di una Nuova Etica Internazionale che si fonda non solo sulla soggettività della modernità, ma sulle responsabilità mondiali, sulla sopravvivenza collettiva.
In questo terzo scenario sono collocabili i tre elementi bonhoefferiani:
a. “Non è l’atto religioso a fare il cristiano , ma il prendere parte alla sofferenza di Dio nella vita del mondo” (lettera a Bethge, 18 luglio 1944).
”Qui risiede il nucleo non trascorso del cristianesimo; qui si scorge il varco attraverso il quale si può tentare di pensare a un cristianesimo futuro non religioso.
”Si tratta di scendere nei sotterranei della storia, dove sono i deboli, gli emarginati, i senza potere: di lì, come dal miglior punto di veduta, scorgere nitidamente il limite che divide l’alto dal basso; quindi, rinunciando alla condizione gratificante di “eterni insoddisfatti”, risalire da quella via, nello sforzo di traguardare nuovamente il limite, cancellandolo”.
b. Il percorso che ha condotto il mondo alla piena mondanizzazione coincide con la parabola stessa della modernità. Ha inizio all’incirca col XIII secolo e si sviluppa entro lo spettro, il più vasto, delle forme di vita e di attività umane: è l’emancipazione dell’Impero cristiano e dello stato moderno dalla tutela clericale, è la progressiva scoperta delle leggi proprie, “secondo le quali il mondo vive e basta a se stesso”, nella scienza, nell’arte, nella filosofia e nella religione; sino a che, nell’età contemporanea, “l’uomo ha imparato a bastare a se stesso in tutte le questioni importanti senza l’ausilio dell’ipotesi di lavoro – Dio” (lettera a Bethge dell’8 giugno 1944). Certamente egli non condivide le preoccupazioni degli “animi pavidi” che, non riuscendo a trovare più spazio per Dio, “condannano tutt’intera questa evoluzione che li ha condotti in una siffatta situazione di difficoltà e non sanno che vagheggiare un salto mortale all’indietro nel Medioevo”.
c. Ciò che qui è in gioco è la questione se la religione possa ancora costituire una adeguata “forma espressiva dell’effettivo rapporto di Dio con l’uomo contemporaneo e del possibile ‘sincero’ rapporto dell’uomo contemporaneo con Dio”.
B) PER UN APPROFONDIMENTO
Cercando di addentrarmi a dire qualcosa sul tema “vangelo od evangelizzazione in America Latina, a 500 anni dalla invasione”, io penso che – oltre a quello scritto nei tre fax – si possano sottolineare alcune cose nei tre elementi decisivi:
1. Nel primo elemento: sia là che qui sembra sia decisivo lo scegliere a chi ti rivolgi, il con chi vivi, condividi, ed in che modo.
Nella nostra storia di PO lo scendere nei sotterranei della storia è stato ed è l’elemento “umano” prioritario. Le differenze stanno poi nel “come” ti rapporti con “il popolo”, o con i “poveri” o… Il linguaggio conta relativamente.
Le critiche infatti che vengono rivolte al documento di S. Domingo sulla nuova evangelizzazione in America Latina sono tante: ma una delle principali è proprio questa: che si rinuncia a pensare al popolo come protagonista e che l’interlocutore della nuova evangelizzazione non è il popolo oppresso ma le élites moderne e postmoderne.
Dobbiamo chiederci se crediamo che il popolo è protagonista della sua storia e in che modo concepiamo questo ruolo.
C’è una dislocazione dell’opzione per i poveri: il suo interlocutore non è il popolo oppresso e credente, ma le élites moderne o postmoderne.
Questo elemento dell’essere “in”, “con”, “verso”, sembra uno degli elementi base.
La mia posizione particolare è espressa nel fax 38.
2. Nel secondo elemento la cosa che vorrei sottolineare è il dubbio ed il dialogo. Mentre qui da noi mi appare decisivo tutto il discorso sulla modernità, quella cioè che viene chiamata laicità, (quella che io chiamo rapporto fra “autonomia e teonomia”,) là mi sono venuti dei dubbi. Riporto il brano, perchè mi sembra tuttora utile:
La secolarizzazione vissuta da noi nell’occidente europeo può non essere un fatto universale.
Ciò che noi abbiamo passato non è detto che debba essere la strada anche per qui.
Qui Dio fa parte delle cose quotidiane. Sembra impastato nel quotidiano e in ogni cosa. È come se fosse un pane o una tortilla sulla tavola. Dio è davvero una presenza forte… lo pongono dappertutto… A volte sembra una forma di panteismo… La storia originale india della creazione riporta infatti che Dio rimaneva impastato nella creazione stessa…
Io non penso che qui passeranno la medesima storia che abbiamo passato noi in Europa Occidentale. Penso però che il capitalismo distruggerà questa forma di pensare, come lo ha distrutto dappertutto. Se questo dovesse capitare, non chiameremo questo un processo di secolarizzazione, un processo di liberazione. Lo chiameremo con un altro nome: processo di espropriazione, di distruzione della cultura propria, o altro.
Su questo abbiamo discusso tanto, prima con Andrea e poi con Bruno. Tante discussioni con Adolfo (il “parroco” di S. Roque) sono sfociate in una decisione che semmai poi potrò spiegare. Egli alla fine mi diede uno dei tanti libretti di L. Boff che per me fu illuminante. Sulla nuova evangelizzazione Leonardo Boff scrisse un mucchio di libretti che poi sono stati anche tradotti. Però quel brano che mi aiutò non l’ho trovato in nessuna traduzione: è il brano dove egli parla del dialogo interculturale fra modernità europea e liberazione sudamericana.
La seconda articolazione è dunque il dialogo interculturale.
Sintetizzando quanto scrivevo sul fax inviato da là,
* in Europa, “grazie” al furto dell’invasione colonizzatrice, si è potuto sviluppare il concetto di autonomia umana, il concetto di libertà, con tutto quello che la cosiddetta Epoca Moderna europea ha sviluppato in questi secoli: rivoluzione antropocentrica, storiocentrica, scientifico / tecnica, religiosa, politica, socialista… La libertà sta al centro della pratica e del pensiero europeo, a partire dal secolo XVI.
* In America Latina, per il furto e la dipendenza, hanno sviluppato la pratica ed il pensiero di liberazione.
* Da noi non ci sarà più libertà se non sviluppiamo il concetto di liberazione (una liberazione mondiale, ormai, da un sistema capitalistico / imperialistico che cresce senza creare sviluppo, anzi… E la situazione degli operai ora lo fa ben vedere).
* Là non ci sarà liberazione vera se non riprendono il concetto di autonomia / libertà che l’epoca moderna in Europa ha sviluppato.
È necessario approfondire la conoscenza della questione della libertà europea e della liberazione latinoamericana, e le relazioni di dipendenza di un polo con l’altro. Superare i parallelismi della conoscenza e saper articolare la comprensione latinoamericana ed europea dentro un comune orizzonte ed un comune processo storico sociale che coinvolge tutti.
Questo non dà molti elementi in più nella ricerca del rapporto fra autonomia e teonomia, però introduce un interessante elemento di ricerca. La conclusione a cui siamo arrivati a S. Roque è che per ora là non è possibile una distinzione così chiara, ma è possibile una sana mezcla.
Questo a S. Roque. Se fosse in un’altra parte del mondo vedrei quali altri elementi prendere in considerazione. Interessanti sono tutti gli studi sulla teologia “india”. Adolfo, che per più anni aveva agito pastoralmente fra gli indios in Messico, mi ha detto tante cose. Però io non saprei che dire.
Tante cose sono state scritte al riguardo. Amanecer ne ha pubblicate molte. Al di là di dubbi e poche certezze, ritengo che il rapporto tra autonomia e teonomia sia un elemento decisivo, sia là che qui, circa il tema in questione.
3. Nel terzo elemento è importante la descrizione di cosa si fa in pratica.
In America Latina ho visto modelli differenti. Diverso è quello che si legge sui libri da quello che si vede nella realtà.
Quali “modelli” di preghiera, quali “modelli” di chiesa, emergono nella realtà?
Nel fax 40 io ponevo alcune cose ed alcune scelte.
Interessante è il piano pastorale emerso poi nel ‘92 a S. Roque e cosa sta emergendo, giorno dopo giorno.
Come scriveva Bonhoeffer, qui è in gioco se la religione possa ancora costituire una adeguata «forma espressiva dell’effettivo rapporto di Dio con l’uomo contemporaneo e del possibile rapporto sincero dell’uomo contemporaneo con Dio».
È questo, mi sembra, il criterio con cui osservare questo terzo elemento decisivo. E sarebbe interessante raccogliere cosa stanno facendo in pratica i pretioperai qui in Italia: se prendono parrocchie e cosa fanno in esse, se invece fanno altro e cosa… Al di là delle idee, occorre analizzare questo terzo elemento.
C) CONCLUSIONE
Ho esposto una premessa metodologica e quelli che io ritengo gli elementi decisivi sia in America Latina che qui in Italia circa il tema: “Vangelo o Evangelizzazione”.
Sono tre elementi distinti ma non scindibili. Perché ciascuno condiziona gli altri due. E questo mi pare sia vero sia per l’America Latina che per qui.
Mi piacerebbe che questi tre elementi diventassero anche o sezioni della rivista dei PO o titoli dei numeri monografici, così che si possa aprire un dialogo interculturale anche fra noi.
Mi pare importante individuare gli elementi decisivi. Che siano i tre detti o altri, poco importa. Purché li si riconosca… identificandoli bene.