“IL VANGELO NEL TEMPO:
SENSO DI UNA VITA”
Incontro nazionale PO / Viareggio, 28-30 aprile 2000

Interventi


 

In questi ultimi tempi ogni spiritualità è segnata nel profondo delle coscienze da tutte le sofferenze inflitte all’umanità.
Una spiritualità che nasce dall’irruzione sulla scena della storia dei popoli e di quei sapienti che, in situazioni di morte, cercano la fede e la speranza nel Dio della vita, bevendo allo stesso pozzo della povera gente e gettando con loro semi di speranza.
Oggi emerge un desiderio di crescita ma, dietro alla grandiosità mostruosa di certe realizzazioni, c’è anche tanta stupidità. Bonhoeffer ha sognato un mondo finalmente maggiorenne nella fede; eppure, di fronte alla stupidità, il suo sogno sembra svanire.
Occorrono spiritualità nuove e vitali per scuotere, almeno un po’, chi vive
ancora in stato di minor età. Occorrono luci sulla montagna, voci che indicano cammini, condivisioni incoraggianti.
Sirio Politi nel suo libro “Antico sogno nuovo” , al capitolo “Vocazione”, intesse un dialogo tra fratel Sapienza ed un giovane venuto dalla città, in
una zolla di terra diversa. Il giovane appena laureato cerca la comunità dei fratelli e lì incontra fratel Sapienza che l’accoglie. Cercava qualcuno che lo ascoltasse perché voleva capire qualcosa della sua vita. Chi più di fratel Sapienza poteva sapere che il ’68 non era stato uno scherzo! Entrambi avevano bevuto allo stesso pozzo di tutta quella gente piena di speranze. In quel momento storico avrebbe potuto maturare l’integrazione dei due mondi: quello studentesco e quello del popolo che lavora. Ma, dice fratel Sapienza, tutto fu ingoiato dal solito mostro che sempre ha risucchiato ogni movimento rivoluzionario di liberazione scaturito dal popolo.
Oggi tutti noi, insieme ai pretioperai, dobbiamo andare avanti sostenuti da fratel Sapienza che dice: “il cammino della storia è un cammino peregrinante e non può essere concesso riposo e tanto meno compiacenza.”
Io non amo sentirmi dire che i pretioperai sono tramontati con la classe operaia.
La dialettica della storia si è allargata e la situazione mondiale costituisce la sfida profonda delle coscienze. Come sostiene Gustavo Gutierrez, il soggetto che apre le porte ad una nuova spiritualità sono i popoli che confidano nel Dio della vita.
Ogni spiritualità è pane fresco, uscito dal forno. Beppe Socci amava tanto
parlare del pane: pane fresco, pane che deve durare. Il pellegrino russo portava nella sua bisaccia il pane, la Bibbia e la Filocalia. Quest’ultima raccoglie gli scritti dei 35 Padri antichi, i quali si sottrassero al nuovo faraone, l’impero di Costantino, che risucchiava l’entusiasta collettività cristiana, nata dal sangue di Cristo e dei primi martiri.
Le spiritualità autentiche fanno risorgere il senso delle antiche scritture, come diceva Gandhi.
Giuseppe Dossetti, nella sua zolla di terra nei pressi di Marzabotto, ha curato una nuova edizione della Filocalia per farci riflettere.
Una tenda vi basti a riparo dalle bufere, dice David Maria Turoldo nella sua poesia “O frate nessuno”, una zolla di terra, un appartamento in queste città lagher, e Dio ritorni vagabondo a cantare con voi i salmi del deserto!
Oggi continuano a giungere voci dal deserto.
Da Pozzo di Gotto, in Sicilia, dove un gruppo di carmelitani riflette sul carisma originario, quando, durante le mostruosità delle crociate, alcuni fratelli decisero di salire sul monte Carmelo.
Da Taizé, antico campo di battaglia. Dall’associazione Macondo.
Da Torre dei Nolfi con l’enciclopedia della nonviolenza promossa da Pasquale Iannamorelli.
Vorrei concludere accennando all’immenso sacrificio del popolo albanese, che solo negli ultimi 50 anni è riuscito ad aprire l’università ed a unificare la sua lingua, antica quanto i pirati illiri, come li chiamavano gli antichi romani. Prima, divisi in clan e soggiogati dai dominatori, erano costretti ad esprimere la loro fede in latino o in greco. Ma ora, grazie anche all’apporto di giovani professori, preparati al Gorki di Mosca, si è giunti all’unificazione della lingua e alla traduzione della Bibbia e della liturgia.
Di tutto ciò ne hanno beneficato anche gli albanesi del Kosovo. Ma è ancora troppo poco per poter parlare di una spiritualità profonda.
Dobbiamo amare le spiritualità che attingono al proprio pozzo, radicate nei popoli che soffrono. E questi ultimi sono presenti anche in Europa, e le loro sofferenze sono causate proprio da noi!
L’amore nel Dio della vita che germoglia tra la gente che lotta e soffre ci insegna anche ad essere nonviolenti, come Cristo, che portò tutto su di sé: e ciò non può succedere senza una profonda vita nello Spirito. Una vita vissuta nella preghiera, nella prassi, nella testimonianza: in una parola, nell’amore.

Maria Delfina Rossano


 

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