1.
Don Annibale Carletti
amico intimo di don Primo Mazzolari,
ma più radicale nel chiedere la riforma della Chiesa

 

(Raffaele Carletti, Lettere di una grande amicizia. Il cappellano militare Annibale Carletti a don Primo Mazzolari. La sua vicenda umana e sacerdotale, Rivolta d’Adda 2001, ed. Confronti, Cremona.

 

Doveva essere la mia tesi di licenza in teologia ecumenica; poi le cose sono andate diversamente e ho pubblicato un libro. All’istituto di Studi Ecumenici San Bernardino di Venezia, il professore di storia mi ha insegnato che, accanto all’ecumenismo nel senso stretto della parola, ce n’è uno in senso largo, che consiste nell’aprirsi a tutti gli uomini della stessa confessione cristiana: ai praticanti, ai non credenti, alle coppie di sposi riuscite e ai divorziati risposati, alle famiglie unite e a quelle sfasciate. L’ecumenismo “nel senso largo della parola” praticamente si identifica con l’evangelizzazione e con la pastorale ordinaria nelle nostre parrocchie.
Ciò mi indusse a riprendere in mano alcune lettere che il sacerdote cremonese don Annibale Carletti, amico intimo e compagno di classe di don Primo Mazzolari, scrisse nel 1919 al Vescovo di Cremona Giovanni Cazzani. Le rilessi in un’ottica completamente nuova. Un prete, considerato troppo in fretta senza fede e apostata, in realtà manifestava al suo Vescovo la necessità di una pastorale “innovativa”, sganciata soprattutto da tante norme disciplinari che le impedivano di arrivare fino «ai lontani». In quelle lettere, e in quelle che trovai in seguito, Carletti esprimeva parte di quel riformismo religioso che partiva dall’abate Antonio Rosmini, passava attraverso la Lega Democratica Nazionale di Eligio Cacciaguerra e arrivava fino ai preti e laici più illuminati del primo dopoguerra.
Feci l’esame di storia sulle quattro lettere del 1919 e il professore mi disse che in esse c’era materia per una tesi di dottorato.
Mano a mano che decifravo e trascrivevo l’epistolario di don Annibale a don Primo (quello degli ultimi anni di seminario, dei primi anni di ministero e soprattutto quello dal fronte) provavo in me repulsione e attrazione, fascino e paura; mi metteva di fronte ad un prete dalla personalità forte, che gridava le sue idee innovative con una grande carica di fede: una fede sempre in discussione, vissuta sempre in situazione critica, mai accettata supinamente.
Più di una volta fui tentato di abbandonare il mio lavoro, se non fosse stato ogni volta don Lorenzo Bedeschi ad incoraggiarmi a continuare, soprattutto per amore di quei preti che l’Autorità ecclesiastica e i confratelli avevano fatto tanto soffrire con le loro ostilità. Praticamente il loro torto era di sentire profeticamente che la Chiesa doveva rinnovarsi, se voleva che il messaggio di Cristo arrivasse anche ai più lontani. Carletti era un prete innamorato di Cristo, della Chiesa e del sacerdozio. È questa la conclusione alla quale sono arrivato, nonostante i suoi tormenti interiori, le idee nuove contro un certo cristianesimo di facciata, le parole crude contro un conservatorismo ecclesiale che aveva fatto il suo tempo.
Carletti lottava per la libertà dell’uomo e del cristiano su tutti i fronti: libertà politica, sociale, religiosa, di coscienza. Più radicale dell’amico Primo, egli contestava il modo di esercitare l’infallibilità pontificia; richiedeva per i preti la possibilità di esercitare una libera professione per non essere condizionati da nulla nell’esercizio del proprio ministero; sosteneva che le offerte per la messa e i “diritti di stola” trasformavano la celebrazione dei sacramenti in un vero mercato; aveva un concetto così alto del celibato da proporre che fosse opzionale, scelto da quelle anime nobili di sacerdoti che l’avessero vissuto nella sua totalità e integrità.
Il “riformismo” della Chiesa invocato da Carletti è sintetizzato in cinque punti nella lettera del 4ottobre 1919 al vescovo Cazzani:

1. Dare ai sacerdoti una assoluta indipendenza economica permettendo che entrino nelle scuole come professori, nelle industrie come organizzatori del lavoro, nei tribunali come difensori della giustizia, negli ospedali come medici; e così soltanto la maggioranza acquisterà una vera indipendenza spirituale.
2. Emanciparli da tutte quelle leggi disciplinari ed ecclesiastiche che vincolano la loro libertà di bene, la sincerità delle loro idee.
3. Togliere a loro gli innumerevoli privilegi inerenti al titolo e alla veste; proibire assolutamente che nella chiesa si preghi e si amministrino sacramenti a prezzo di tariffa.
4. Rendere normale la vita di coloro che hanno già infranta la legge del celibato perpetuo e che non hanno la forzo di mantenervisi fedeli senza peccare contro natura.
5. Abbattere l’imperialismo e l’egoismo religioso che vorrebbero tutti modellare secondo un tipo unico
e che vorrebbero livellare tutte le coscienze e le intelligenze.

A quella lunga lettera ne seguirono altre dall’una e dall’altra parte e testimoniano che il cappellano Carletti e il vescovo Cazzani erano su due sponde assolutamente opposte e inconciliabili.
Sul n. 7 di Vita Pastorale di quest’anno Lorenzo Bedeschi ha scritto: «il vescovo Giovanni Cazzani […] risentiva pure lui di un’ecclesiologia di possesso e di difesa, anziché di ricerca e di apertura: più di rigore disciplinare che di comprensione evangelica».
Carletti fu accusato dal Vescovo di modernismo e di apostasia; fu espulso con scomunica latae sententiae dalla Chiesa istituzionale. Quasi confessandosi, a conclusione di una vita rimasta avvinta al Vangelo, Carletti dirà: «Nessuno ha mai cercato di leggere in questo libro chiuso la mia avventura di guerra e dopoguerra, tutto il bene e tutto il male che posso aver fatto, ma con l’innocenza dello spirito. Ho avuto il bando da Cremona regnante Farinacci e il bando dalla Chiesa regnante mons. Cazzani».

Una suora di clausura, letto il libro, mi ha scritto: «La ringrazio tanto per questo magnifico servizio che lei ha reso, in primo luogo, alla Verità e ancora alla bella amicizia che ha tenuto saldamente legate due grandi Anime Sacerdotali, unite sempre dall’amore per Cristo e per la Chiesa, nella fedeltà agli ideali cristiani e in genuina onestà e rettitudine di coscienza… Ho letto con tanto piacere l’epistolario di don Annibale e devo dire di sentirmi soddisfatta, perché da quelle espressioni così calde e così vere è scaturita per me la convinzione che non mi sono sbagliata nel mio giudizio, per cui mi sono trovata di fronte al don Annibale che mi ero figurata, ben contenta di non essermi sbagliata. Ora ci conforta la certezza che Lassù egli avrà trovato quella Giustizia e Comprensione che gli sono mancate quaggiù! Che il Signore ricolmi di luce la sua anima così grande e così bella».

RAFFAELE CARLETTI



2.
Herbert Haag
Da Gesù al sacerdozio

Claudiana Editrice 2000

 

Emerito professore dell’università di Tubinga e biblista di fama internazionale, Haag è dedito al dibattito e alla prassi sulla riforma della Chiesa Cattolica nelle diocesi di Lucerna e Coira.
Di lui abbiamo a disposizione in lingua italiana le seguenti opere:

Dottrina biblica della creazione, ed. Queriniana, Brescia 1970
Pasqua, ed. Queriniana, Brescia 1976
Dizionario biblico, Roma ed. Cittadella, Assisi 1997

Il presente saggio raccoglie le riflessioni sul tema del ministero ordinato a partire dalla crisi attuale dei ministeri e dalle provocazioni del laicato “supplente” nel confronto con la teologia e la prassi di altre Chiese.

“La crisi della Chiesa Cattolica durerà fino a quando non si deciderà a darsi una nuova costituzione. In questa non ci potrà essere più posto per due classi: Sacerdoti e Laici, consacrati e non consacrati ed essa dovrà stabilire che un incarico affidato dalla Chiesa è sufficiente per condurre una comunità e celebrare l’Eucarestia. Questo incarico potrà essere affidato ad uomini o donne, sposati o non sposati tornando a scoprire l’essenziale del discepolato nella fraternità e la signoria di Dio in Gesù Cristo”.

Dopo l’analisi del presente e di un recente passato sul tema del laicato, Haag ripercorre l’esperienza di Gesù rispetto alla figura sacerdotale del suo tempo, per metterlo in relazione con l’evoluzione del ministero nella Chiesa fino al suo consolidamento avvenuto con la pax romana.

LUIGI FORIGO


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