VIVERE L’INTERNAZIONALE, L’INTERCULTURALE, L’INTERRELIGIOSO
Incontro internazionale dei PO europei / Barcellona, 7-9 giugno 2003
1.
Alcuni dati
L’immigrazione in Francia
Secondo l’INSEE, la Francia conta 4.300.000 emigrati. Un terzo è di nazionalità francese.
La Francia ha accolto ufficialmente 119.000 nuovi emigranti nel 2000; 108.000 nel 1999; 100.000 nel 1998. Si stima che la soglia d’immigrati per far fronte alle richieste del mondo del lavoro sia di 200.000 persone.
Quando sono state chiuse le frontiere nel 1974 era stato promesso il ricongiungimento familiare.
Dopo il 1980 c’è stata un’emigrazione di ripopolamento. La seconda generazione è francese.
Smettiamola di creare fantasmi!
L’internazionale fa parte della nostra vita quotidiana
L’incontro con l’internazionale si fa, di giorno in giorno, sempre più all’interno delle nostre organizzazioni: sindacati, partiti politici, movimenti pacifisti.
“ Tutti lavoratori ” dicono i sindacati. Ma presto appaiono gli affronti e le diseguaglianze sul piano politico ed economico. La testimonianza sulla vita dei marinai che segue ne è un bell’esempio.
L’internazionale lo viviamo anche nella vita quotidiana, nei rapporti giornalieri nei nostri quartieri.
Noi siamo attenti ai Fori Sociali di Porto Alegre, di Firenze e, nel novembre del 2003, al forum sociale europeo di Saint Denis, vicino Parigi.
Nella nostra preghiera, noi accogliamo questa via del “vivere insieme”, come dice la JOC, con uno sguardo che sia il più possibIle quello di Cristo.
2.
Una testimonianza:
SU UNA NAVE
Guy PASQUIER è prete navigatore da molti anni; ci rende partecipi della sua esperienza e delle sue riflessioni dopo tanti imbarchi con equipaggi composti da marinai di diverse nazionalità.
Vivere l’internazionale
Oggi il trasporto marittimo è caratterizzato da un’attività internazionale, fortemente concorrenziale, nel quadro del liberismo economico. Le compagnie cercano di risparmiare sulla manodopera. Le compagnie europee reclutano principalmente polacchi, rumeni, bulgari, ecc. Sul piano mondiale, i marinai sono soprattutto filippini, indiani, pakistani, russi, … Vediamo arrivare in massa anche i cinesi, che sono i meno cari di tutti. Io ho vissuto tre imbarchi in condizioni nazionali, con un equipaggio molto variegato composto da indiani, pakistani, cileni ed ivoriani, con in più un birmano ed un russo come ufficiali.
Che cosa produce una tale mescolanza di culture, di lingue e di religioni differenti? Per me sono state esperienze fondamentali di vita comunitaria, attraverso una grande diversità umana.
Vivere l’inter-culturale
Vivere costantemente al centro di questa mescolanza di culture e di lingue non è sempre facile:
• La lingua: La vita del marinaio è particolarmente frustrante: lontano dalla famiglia, dalla patria, egli vive in uno spazio chiuso con possibilità limitate di andare a terra durante gli scali. È costretto ad usare un’altra lingua per comunicare: l’inglese.
• Il cibo: La cucina è uno degli elementi che ci entra nella pelle. Ognuno di noi deve potere ritrovare i sapori ed i gusti della sua terra. Altrimenti questo può divenire fonte di conflitti. Il problema si regola con due tipi di cucina.
• I video, dischi, giornali, riviste, libri, ecc: specifici per ogni nazionalità: sono elementi altrettanto vitali che continuano a far sentire il marinaio legato al proprio paese. Potersi ritrovare in un luogo di relax appropriato e chiacchierare nella propria lingua sono normali richieste. Servono, dunque, dei luoghi dove ognuno ritrovi la propria identità.
Vivere l’inter-religioso
Di fronte alla legge del mercato, imposta dal liberismo economico, il solo avvenire possibile passa attraverso il cammino della solidarietà. Io mi sono impegnato in questo cammino della solidarietà vivendo la vita da marinaio imbarcato, in mezzo ai miei compagni, cercando con loro di restare uomini, restando uniti nei momenti buoni ed in quelli cattivi. Più percorro questo cammino, più mi rendo conto che ciò che conta realmente – al di là del mestiere e delle competenze professionali – è la capacità di vivere con gli altri, di promuovere la qualità della relazione affinché l’altro si senta a proprio agio e riconosciuto nella sua dimensione di uomo.
Nei miei primi tre imbarchi, in mezzo agli ivoriani, c’erano cristiani, musulmani ed animisti. Ogni tanto la religione interferiva con la vita di bordo:
• personalmente io sono preoccupato quando, dopo aver detto che io sono prete, vengo condotto a celebrare l’eucarestia con altri. Questo ha ripercussioni su tutta la nave. Per esempio, presso i marinai filippini e rumeni, poco abituati ad incontrare un prete che è un marinaio come loro e conduce la loro stessa vita di spiazzato e sradicato; questo modo di essere sacerdote rompe con l’idea di sacerdote che gli viene insegnata nei paesi d’origine. Questo provoca discussioni anche tra i marinai francesi, alcuni dei quali restano ancorati alla loro tranquilla indifferenza o alla loro ideologia che esclude Dio. La mia attitudine costringe a prendere posizione, disturba un po’ ed interprella. Non mi accontento più di essere un testimone muto, prendo il rischio della parola per aprire un dialogo, nel rispetto e nella tolleranza dell’altro.
• Il Ramadan ha un’incidenza sulla vita della nave perché il ritmo dei pasti viene modificato. Coloro che lo praticano vengono quindi interrogati, e si stabilisce una divisione tra le convinzioni di ognuno.
Noi siamo capaci di vivere tradizioni differenti in uno spirito di tolleranza e di rispetto reciproco. Nel Vangelo il regno indica l’apertura verso tutti gli uomini di buona volontà e la destinazione universale della salvezza di Dio. È anche Dono ed avanza, come Dio vuole, nelle coscienze degli uomini e nella diversità dei loro cammini; questo non ci appartiene. Qui troviamo, mi sembra, un cammino possibile per avanzare in una società laica che riconosca il diritto alle convinzione ed alle credenze di ciascuno.
La Chiesa non dovrebbe prendere atto, al giorno d’oggi, che essa non è che una voce, un cammino possibile tra tanti altri? Né preponderante né dominante, ma solo al servizio dell’avvenire e del divenire dell’uomo.
3.
Proposta del collettivo francese:
CARTA PER UN COORDINAMENTO
INTERNAZIONALE DEI PO
Esistono in Europa collettivi di PO, ognuno ha una sua organizzazione e una propria sensibilità. Nella loro diversità, i PO hanno in comune, nello spirito del Vaticano II, la condivisione del lavoro salariato, la vita degli sfruttati ed esclusi, così pure la lotta per la giustizia. Partecipano attivamente a organizzazioni e movimenti operai e a diverse associazioni. Questo essere dentro diventa “segno che la buona notizia è annunciata ai poveri” (Lc. 4,18, Mt. 11,5). Inviati per annunciare il vangelo di Gesù Cristo, essi vivono “una vera avventura spirituale” (messaggio dei vescovi francesi all’incontro di Strasburgo). Come san Paolo fanno propria questa parola. “Cristo non mi ha inviato a battezzare, ma ad annunciare il vangelo senza ricorrere a discorsi elaborati, per non rendere inutile la croce di Cristo”. (1 Cor. 1, 17).
Da diversi anni gli incontri internazionali hanno permesso di vivere uno scambio e una fraternità. È sorto il desiderio di sviluppare e strutturare questi scambi sotto forma di coordinamento internazionale senza intaccare per niente l’autonomia e il funzionamento di ogni collettivo.
Obiettivi
1. Favorire e promuovere gli scambi e la convivialità tra PO di diversi paesi, l’ascolto e la consultazione reciproca. Condividere le esperienze attraverso il dialogo e la comunicazione degli scritti e pubblicazioni.
2. Riflettere insieme su problematiche e situazioni degli uomini di oggi (es. immigrazione, dislocazione…) ed eventualmente elaborare una espressione comune, attraverso Internet. Costituire un’istanza comune di rappresentanza.
3. Esaminare il futuro del ministero PO. Agire all’interno della chiesa perché prenda coscienza dell’importanza di questo tipo di ministero per la testimonianza del Vangelo. Aprire delle prospettive nuove a partire dall’intuizione originaria. Promuovere questo ministero tra i giovani. Offrire un sostegno ai PO isolati.
4. Decidere ed organizzare gli incontri internazionali.
Organizzazione
1. Il coordinamento non si sovrappone ai collettivi nazionali ed alle loro organizzazioni che conservano la loro libertà d’iniziativa e di decisione per quanto loro concerne.
2. Il coordinamento è l’emanazione dei diversi collettivi nazionali. Ogni collettivo designa e dà il mandato ad 1 o 2 rappresentanti per la durata da precisare. Sarebbe auspicabile che l’incarico non sia troppo corto per permettere una continuità nel lavoro.
3. La frequenza delle riunioni sarà di due per anno, di cui una a Pentecoste. Riunioni eccezionali potranno aver luogo in caso di bisogno.
4. Un gruppo di lavoro potrà essere eletto dai delegati del coordinamento: sarà composto da un segretario, da un segretario aggiunto e da un tesoriere.
5. La tesoreria sarà sostenuta con la partecipazione di ogni collettivo nazionale in proporzione al numero dei partecipanti. Essa è destinata a finanziare il funzionamento della struttura e gli spostamenti dei partecipanti. Dovrà essere fatta una valutazione del costo di ogni incontro.