Pensare Dio nel nuovo disordine mondiale
E’ un compito molto arduo rispondere a questa domanda. “Quale Dio per il nostro tempo?”
Si può tentare di balbettare qualcosa, partendo da alcune letture che mi sono particolarmente care e che esprimono quello che sento.
Dio mi rimane sempre un mistero, inteso non come qualcosa di incomprensibile ,, ma come un qualcosa che mi si rivela di volta in volta. E’ una continua rivelazione, un mistero che ha più volti: un Dio al plurale, che apre scenari diversi. Nella Bibbia si dice che l’uomo è stato fatto a immagine e somiglianza divina, ma possiamo anche dire che spesse volte l’uomo crea un dio a propria immagine e somiglianza, a seconda dei suoi interessi e bisogni. È un Dio simile all’uomo: un Dio che ascolta e che ode il mio grido; un Dio che mi dà la terra togliendola ad altri, un Dio che mi difende dai nemici mentre loro soccombono. Un Dio che protegge l’orfano , la vedova e lo straniero; un Dio che non vuole il sopruso e l’oppressione , che scende in guerra con me. Un Dio che punisce, terribile, che incute paura, ma nello stesso tempo è misericordioso. Un Dio geloso, che non tollera altri attorno a lui, un Dio che comanda e che vuole la mia obbedienza.
In queste definizioni possiamo trovare di tutto e il contrario di tutto e ognuno si può rispecchiare come vuole per dare forza ai propri punti di vista, trovando nella scrittura dei fondamenti.
“ Dio è con noi” lo possono dire i crociati, Hitler e Bush ed anche i poveri cristi di questa terra, i dittatori, i persecutori e i perseguitati (forse quest’ultimi un po’ meno dopo Auschwitz) In nome di Dio si può fare di tutto a seconda della concezione che se ne ha di lui.
Credo che molte affermazioni trovate nei testi sacri di ogni fede e religione siano il frutto di contesti e mentalità ben precise, che rispondono a esigenze, a un modo di sentire e concepire la vita e la storia, altrimenti non si spiegano le contraddizioni
I modi diversi di concepire Dio probabilmente, al di là delle affermazioni, riflettono la complessità di Dio e vogliono affermare una grande verità: Dio è un Dio plurale, che non si può rinchiudere in una definizione unica, un Dio dai mille volti.
Voglio iniziare da questi pensieri di Gandhi:
“Nella prima gioventù mi insegnarono a ripetere quelli che nelle scritture indù sono come i mille nomi di Dio. Ma questi mille nomi di Dio non sono affatto esaurienti. Crediamo e io penso sia la verità, che Dio ha tanti nomi quante sono le creature. Perciò diciamo che Dio è senza nome, e dacché Dio ha molte forme lo consideriamo senza forma, e dacché parla in molte lingue lo consideriamo senza parola e così via…Con coloro che dicono “Dio è amore” dicevo “ Dio è amore”.Ma nel profondo del mio intimo solevo dire che benché Dio possa essere amore, Dio è soprattutto verità…Due anni fa feci un passo avanti e dissi che la VERITÀ è Dio…
Che cos’è la verità? Una domanda difficile, ma per conto mio l’ho risolta dicendo che è quello che la voce interiore ci dice. Proprio perché oggigiorno ciascuno rivendica il diritto della coscienza senza affrontare nessuna disciplina di nessun genere, tanta menzogna viene dispensata ad un mondo confuso. Tutto quello che in vera umiltà posso rivelarvi è che nessuno trova la verità se non possiede un grande senso di umiltà. Se volete nuotare nel grembo dell’oceano della verità dovete ridurvi a zero”
“Non sono che un cercatore della verità. Affermo di aver scoperto una via che vi conduce. Affermo di fare sforzi continui per trovarla. Ma ammetto di non averla ancora trovata. Trovarla significa realizzare se stessi e il proprio destino, vale a dire diventare perfetti. Sono dolorosamente consapevole delle mie imperfezioni e qui sta tutta la forza che posseggo, perché è raro che un uomo possegga i propri limiti“ (da “Antiche come le montagne” – Mondadori).
Penso sia importante tener presente in questa ricerca di Dio il pensiero occidentale cresciuto nella divisione tra spirito e materia, anima e corpo, debitore della filosofia greca e della concezione biblica del mondo. Da Socrate in avanti il pensiero non è più prevalentemente intuitivo, sintetico, bensì logico ed analitico, dove i giudizi si formano in base a distinzioni e divisioni e non invece mediante unificazioni e sintesi. La formula dualistica “aut–aut” prende il sopravvento su quella olistica “et–et”.La filosofia greca classica si concentra sull’uomo e questo comporta una scissione dualistica tra uomo e mondo. L’uomo assume una posizione centrale e non appare più inserito nell’universo, ma contrapposto ad esso. Tracce di questo modo di vedere le troviamo anche nel secondo Testamento.
“Lo spirito è forte, la carne è debole”. “ Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace, ma la spada, sono venuto a dividere il figlio dal padre, la figlia dalla madre…(Mt.10,34-35) “ Chi non nasce dall’acqua e dallo spirito non può entrare nel regno di Dio. Quel che è generato dalla carne è carne, quel che è nato dallo spirito è spirito” (Gv.3,5-6)
“Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me,disperde”(Mt.12,30)
La ricerca biblica contemporanea sostiene che molte di queste parole di Gesù, che rivendicano questo principio di esclusione, non sono da attribuirsi direttamente a lui, ma agli evangelisti e alla prima comunità cristiana. Infatti la prassi di Gesù le contraddice, ma resta il fatto che proprio queste parole hanno influenzato il pensiero occidentale. Ho accennato a questo problema perché oggi più che mai abbiamo bisogno di linguaggi più inclusivi ,non di linguaggi esclusivi: unificare e non dividere, altrimenti corriamo il rischio di continuare una lotta senza quartiere perché uno dei due contendenti soccomba. Un modo di vedere la realtà in modo bipolare: io ho ragione e tu hai torto. Ragionare con la mentalità del bianco o nero non porta da nessuna parte.
Date queste premesse vorrei partire da una frase del salmo 137:
“Come cantare i nostri canti in terra straniera?”
Ricorda o Dio, i figli di Edom
Come nel giorno di Gerusalemme urlavano:
“Abbattetela,distruggete le sue fondamenta”
Si potrebbe tradurre:”Come cantare Dio in questo nostro tempo?”
Sedere in pianto in ricordo di Sion, della propria terra. Là era un numero ridotto di esuli, ora si tratta di centinaia di milioni,per non dire miliardi di esseri umani che si trovano in esilio, in una terra che non è più la loro o peggio ancora quasi tutta l’umanità si sente straniera sulla terra, perché essa non gli appartiene più. Noi stessi ci troviamo in questa situazione. Un pianeta devastato. La mano invisibile del mercato globalizzato non distrugge solo la società umana, ma anche la natura dove l’uomo vive e cresce e di cui si alimenta..Sarebbe molto se questi esseri umani potessero raggiungere Babilonia e i suoi fiumi! (Non la Bagdad di oggi, ma la Babilonia simbolo dell’Occidente col suo impero ), Molti affogano nel mare e vengono respinti alle frontiere.
Quale Dio per questo mondo che muore?
Le scritture parlano di un Dio creatore che agisce sulle sue creature, ma è sempre separato. E qui già si vede la religione del tempio che relega Dio in un luogo ben preciso. Non è questa l’unica concezione biblica,ma essa ha influito molto sul cristianesimo e giudaismo.
“Il monoteismo patriarcale della religione di Javhè, con la sua concezione maschile della creazione, spezzò il panteismo patriarcale della terra “ (Moltmann)
La terra è un organismo vivente e Dio si rivela nella creazione che oggi geme, non solo essa, ma Dio stesso geme con lei. Riscoprire un Dio che soffre, un Dio debole che soffre nel povero è per noi assodato. Ma da dove viene questa sofferenza se non dallo sfruttamento e dalla violenza sulla natura che costringe miliardi di esseri umani alla fame? La fede in un Dio sovrano e onnipotente che vive in cielo ci ha condotti alla secolarizzazione del mondo e a togliere alla natura il mistero divino.
Uno dei volti di Dio per l’oggi è quello della natura: l’immanenza del creatore nella sua creazione. La terra è la nostra madre, perché in essa c’è la vita e attraverso essa veniamo a contatto con il creatore.
“Io sono la luce che sta sopra ogni cosa,
io sono il tutto.
Il tutto è uscito da me,
e il tutto è ritornato a me.
Spacca un tronco: io sono lì.
Alzate una pietra e mi troverete”
( Vangelo apocrifo di Tommaso, loghion 77)
È lo stesso concetto che si ritrova in questo proverbio asiatico:
“Dio dorme nella pietra
Sogna nel fiore,
si desta nell’animale,
sa di essere desto nell’uomo “
Così pure Capriolo zoppo nel 1854:
“Voi dovete insegnare ai vostri figli
che il terreno sotto i loro piedi
è la cenere dei nostri antenati.
Affinché rispettino la terra
Dite ai vostri figli che la terra
È ricca della vita del vostro popolo.
Insegnate ai vostri figli
Quello che noi abbiamo insegnato ai nostri.
Che la terra è nostra madre.
Qualunque cosa capiti alla terra
Capita anche ai figli della terra.
Se gli uomini sputano sulla terra
Sputano su noi stessi.”
Rumy, mistico musulmano , fondatore del sufismo:
“ Allah senza pari ha fatto delle sei direzioni
dello spazio un teatro per la manifestazione
dei suoi segni a quanti sono dotati di visione,
affinché, quali che siano l’animale o
la pianta che essi guardano,
possano voltarsi ad ammirare nei prati
la bellezza divina.
Ecco perché egli ha detto alla comunità:
“ovunque vi voltiate, i suoi volti sono lì.
Se avete sete e bevete l’acqua da una coppa
È Allah che contemplate nell’acqua.
Colui che non ama Allah vede nell’acqua
la propria immagine, o uomo dotato
di intuito! “.
E finalmente il salmo 104.
Benedici il Signore,anima mia!
Di maestà e di gloria ti rivesti,
ti avvolgi di luce come in un manto.
Hai disteso il cielo come un drappo…
Delle nuvole hai fatto il tuo cocchio
E incedi sopra le ali del vento;
tu fai dei venti i tuoi messaggeri
e hai posto la terra su pilastri
perché mai più non vacilli…
I racconti biblici della creazione rispecchiano due tendenze. Nell’una l’uomo è il padrone della natura e degli esseri viventi, nell’altra appare come il custode del giardino.Nell’una l’uomo viene creato prima della donna che da lui viene tratta,mentre nell’altra c’è la contemporaneità:” Maschio e femmina li creò, li pose ad oriente nel giardino, perché lo custodissero”.
Non a caso una è di tradizione sacerdotale che ha sempre sostenuto la separazione di Dio, che sta nel tempio.C’è pure questa interpretazione che mi sembra affascinante, apparsa nella rivista ebraica SEFER n.81:
“Prima di creare l’essere umano, Dio aveva già creato tutto il resto, soprattutto aveva attorno a sé gli uccelli del cielo, gli animali terrestri e i pesci del mare. E’ a loro che si rivolge dicendo: ora facciamo l’uomo a nostra immagine. A nostra: di Dio e di tutti gli esseri già creati. Perché nell’uomo vi sia una scintilla della bellezza e della bontà di tutto, di dio anzitutto, ma anche dell’intero mondo”
Il salmo 137, citato sopra esprime la nostalgia di non poter cantare i canti del tempio,ma ciò ha fatto maturare l’idea che la distruzione del tempio è dovuta alla presenza di Dio che non poteva essere contenuta in un luogo ristretto, essa si è riversata sul mondo. La Shekinah del Signore segue il suo popolo prigioniero e patisce le medesime sofferenze, ma nello stesso tempo egli esprime un giudizio severo contro di esso: “ Poiché voi non avete rispettato i sabati,sfruttando la terra, io vi condurrò prigionieri per settant’anni, perché la terra possa riposare”
Se il 1948 è stato l’anno della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, credo sia giunto il tempo della Dichiarazione universale dei diritti della natura
Inizio questa seconda parte con un brano di Bonhoeffer in “Resistenza e resa” che ci permette di rispondere agli interrogativi iniziali.
“Per me è nuovamente evidente che non dobbiamo attribuire a Dio il ruolo di tappabuchi nei confronti dell’incompletezza delle nostra conoscenza; se infatti i limiti della conoscenza continueranno ad allargarsi, il che è oggettivamente inevitabile, con essi Dio viene sempre più spinto da parte e di conseguenza batte continuamente in ritirata.
Dobbiamo trovare Dio in ciò che conosciamo, Dio vuol essere compreso da noi non nelle questioni irrisolte, ma in quelle risolte. Questo vale per la relazione tra Dio e la conoscenza scientifica. Ma vale anche per le questioni umane universali, quelle della morte, della sofferenza, della colpa…Anche qui Dio non è un tappabuchi, Dio non deve essere riconosciuto solamente ai limiti delle nostre possibilità, ma al centro della vita: Dio vuole essere riconosciuto nella vita e non innanzitutto nel morire; nella salute e nella forza e non anzitutto nella sofferenza; nell’agire e non anzitutto nel peccato. La ragione di tutto questo sta nella rivelazione di Dio in Gesù Cristo”.
Se Dio viene considerato un tappabuchi significa che sta al di fuori di noi, un qualcosa che cala dall’esterno, un Dio lontano. Ma la concezione di Dio deve essere liberata da pregiudizi ridicoli e immagini antropomorfiche.ECKHART giunge a dire che sarebbe meglio non usare la parola Dio.
“Se è vero che Dio è nulla, bisogna essere disposti ad annullarsi, se si vuole essere tutt’uno con lui.
L’esistenza di Dio deve essere la mia esistenza e la sua essenza è il mio essere. Dio è il fondamento dell’essere e allora non c’è bisogno di cercarlo fuori di noi”
E Gandhi:
“Se non sentissi in me la presenza di Dio tutta la miseria che vedo intorno a me e tutte le delusioni che provo ogni giorno mi renderebbero folle, tanto da farmi gettare in un fiume. Solo la coscienza di questa presenza mi ha permesso di conservare, per l’essenziale, la tranquillità dello spirito La voce di Dio e la voce della verità, la voce interiore o la voce della coscienza. Una sola e medesima voce. Se non si può cogliere la forma di Dio, poiché egli è senza forma, io hopotuto tuttavia sentire la voce, lontana e insieme vicina”
“Mi sforzo di vedere Dio attraverso il servizio dell’umanità, poiché so che Dio non è in cielo,né quaggiù,ma in ciascuno di noi”
“È meglio lasciare che parli per noi la nostra vita piuttosto che le nostre parole Dio non portò la croce millenovecento anni fa, ma la porta oggi, muore e risorge giorno per giorno. Sarebbe una magra consolazione per il mondo se dovesse contare su un Dio storico che morì duemila anni fa. Non predicate allora il Dio della storia, ma mostratelo come vive oggi in voi”
“Non credo alla gente che parla agli altri della propria fede, soprattutto con lo scopo di convertire. La fede non ammette di essere raccontata. Deve essere vissuta, e allora si diffonde da sé”
“Lo scopo ultimo dell’uomo è la realizzazione di Dio. E tutte le sue attività, politiche, sociali e religiose devono essere dirette allo scopo ultimo della visione di Dio. Il servizio immediato di tutti gli esseri umani diventa parte necessaria di questo sforzo, semplicemente perché l’unico modo di trovare Dio è vederlo nella sua creazione ed essere una sola cosa con essa. Ciò si può fare servendo tutti. Io sono una parte e porzione del tutto e non posso trovare Dio lontano dal resto dell’umanità. I miei compatrioti sono il mio prossimo più vicino. Sono diventati così poveri, indifesi, inermi che io devo concentrarmi nel servirli. Se mi persuadessi di poter trovare Dio in una caverna dell’Himalaya ci andrei immediatamente. Ma so di non poterlo trovare lontano dall’umanità.
“Credo che possiamo diventare tutti messaggeri di Dio se cessiamo di temere l’uomo e cerchiamo solo la verità di Dio e di aver perso qualsiasi timore dell’uomo”
“Per me la politica,spogliata dalla religione è sudiciume assoluto, sempre da evitare. La politica riguarda le nazioni e quello che riguarda il benessere delle nazioni deve essere una delle preoccupazioni di un uomo che sia inclinato alla religione, in altre parole di un cercatore di Dio e della verità. Per me Dio e verità sono termini convertibili e se qualcuno mi dicesse che Dio è un Dio di menzogna o di tortura, mi rifiuterei di adorarlo. Perciò anche nella politica dobbiamo stabilire il regno dei cieli.
“Non potrei vivere una vita religiosa se non mi identificassi con tutta l’umanità e non lo potrei fare se non mi occupassi di politica. Tutta la gamma delle attività dell’uomo costituisce oggi un tutto indivisibile. Non si può dividere l’attività sociale, economica, politica e puramente religiosa in compartimenti stagni. Non conosco nessuna religione separata dall’attività umana. Essa dà una base morale a tutte le altre attività, che altrimenti ne mancherebbero e la vita si ridurrebbe a una confusione di “ un frastuono e violenza priva di qualsiasi significato” (da “Antiche come le montagne” Ed. Mondatori)
In questi testi mi ci ritrovo dentro. Ciascuno di noi ha passato periodi della propria vita con vuoti assoluti,senza fede: la cosiddetta notte oscura dei mistici. Un Dio lontano, ma in questa lontananza egli è tremendamente vicino. Un testo della Cabala afferma:
“Quando la luce potente è celata e rivestita di un abito, essa è rivelata. Sebbene celata, la luce è in effetti rivelata, perché se non fosse celata non potrebbe essere rivelata. Questo è come quando si vuole guardare il sole abbagliante. Il suo abbaglio lo occulta perché non si può mirare il suo irresistibile splendore. Eppure, quando lo nascondi, guardando attraverso uno schermo, puoi vedere senza danno. Così è con l’emanazione. Occultandosi e rivestendosi essa è rivelata. All’apparizione della luce, l’universo si espanse. Con l’occultamento della luce, furono create le cose esistenti in tutta la loro varietà. Questo è il segreto dell’atto della creazione: chi comprende comprenderà”
Un altro testo di Holderlin afferma:
“Il poeta, angosciato dalla notte senza dei che incombe da ogni parte, sa volgere l’esperienza del vuoto degli dei fuggiti nel pensiero più elevato della necessaria assenza del Dio – del divino come assenza – per leggere nella prossimità inafferrabile il massimo della approvazione accordata all’essere dell’uomo. Ciò che protegge l’esistenza non è l’assillante presenza del divino, che incalza l’uomo da ogni parte, per premiarne o punire le azioni. Ciò che la promuove è la libertà totale che le è offerta, la responsabilità che essa si deve assumere di fronte alla solidità della terra che la sostiene e alla luminosità del cielo che l’assiste”
Concludo con questi due testi:
“Un giorno alcuni giovani videro Rabi’a correre in gran fretta, portando del fuoco in una mano e nell’altra dell’acqua. Le chiesero allora: “Dove stai andando? Cosa vuoi fare? Ella disse:”Sto andando in cielo, per gettare il fuoco nel paradiso e versare l’acqua nell’inferno:non resterà così né l’uno né l’altro e apparirà colui che si cerca. Allora coloro che gli rendono culto volgeranno lo sguardo verso Dio, senza speranza e senza timore, e così lo serviranno. Se non ci fosse più speranza del paradiso e timore dell’inferno, non lo adorerebbero forse come colui che è Verità, e non gli ubbidirebbero?” (da Rabi’a, la mistica di C. Greppi ed. Jaca Book).
“ L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati da altri cuori. Non basta predicarti, mio Dio, non basta disseppellirti dai cuori altrui. Bisogna aprirti la via, mio Dio, e per questo bisogna essere un gran conoscitore dell’animo umano,un esperto psicologo…ti prometto, ti prometto che cercherò sempre di trovarti una casa e un ricovero. In fondo è una bella immagine. Io mi metto in cammino e cerco un tetto per te. Ci sono così tante case vuote, te le offro come all’ospite più importante. Perdonami questa metafora non troppo sottile”. (Hetty Hillesum, Diario, pag.202. Ed. Adelphi)
Abbiamo il diario di Hetty nel periodo prima del suo internamento, ma cosa avrebbe scritto dopo la tragedia ? Sarebbe stato lo stesso?
Mi piace l’idea di un Dio che cerca casa. Egli si fa prossimo : “Venne ad abitare in mezzo a noi”
E’ un Dio debole, il Dio di cui parla Wiesel: “dov’è Dio adesso”, mentre guardavano il bambino che non voleva morire. “Dov’è? E’ qui: è appeso qui, a questa forca”.
L’orrore di Auschwitz è una sfida severa per molte idee tradizionali su Dio,così pure tutte le grandi tragedie del nostro tempo.
Forse questo non è il tempo di cantare, ma è il tempo del silenzio, nell’attesa di una Percezione, che dia un senso alla nostra esistenza.