Frammenti di vita


 

La telecamera buca lo tzunami e produce emozioni infeconde che riempiono desolatamente i cestini delle immondizie; la telecamera non riesce ad attraversare il muro di nebbia che avvolge un piccolo paese della pianura padana dove vive Regina, una bambina africana di 11 anni. Nella scuola che frequenta ci sono anche altri alunni stranieri, ma lei è l’unica ad avere la pelle scura. E questa non costituisce solo una differenza, ma un marchio indelebile per cui maledire il paese di origine, il Sudan, che da più di cinquant’anni uccide e allontana i suoi figli.
Regina ha la necessità di raccontare della sua fuga, della morte, delle devastazioni e delle violenze che l’hanno avuta come testimone oculare, ma tutto si perde nella nebbia ovattata della pianura padana che tutto allontana e attutisce e dove nessuno si chiede un perché che non sia figlio di un’altra nebbia, raccolta in una scatola quadrata, che esala mortiferi fumi per chi ne viene in contatto.
Regina ha una disperata necessità di dare un senso al suo viaggio rendendo visibile l’attraversamento del deserto per raggiungere l’Egitto, in questo caso, la Terra Promessa. Vorrebbe trovare la catarsi per seppellire la madre, persa in una odissea resa invisibile dal controllore supremo.
Regina cerca la relazione, perché questo è l’unico modo per ritrovare se stessa. Ma, di fronte, solo porte chiuse e ipocrite strade aperte. Dietro finestre, accuratamente sigillate, si agitano mani che si rifiutano di venire in contatto con altri colori, si rispecchiano sguardi gelati dall’inverno dell’indifferenza e che non si accorgono di piccole rose e primule, messaggere visive e olfattive di una primavera che non sarà in grado di illuminare i loro occhi.
Regina ha bisogno degli altri e lo dice, lo grida, qualche volta in modo scoordinato; gli altri stoltamente non si accorgono di quanto abbiano bisogno di lei. Regina che è disposta ad andare a scuola anche quando non è obbligatorio per sentirsi attraversare dolorosamente il corpo da chi si sente fratello solo attraverso un vaglia, una fotografia e una lettera di un’adozione a distanza.
Regina, pian piano, ha capito che deve nascondersi, che non ha diritto di materializzarsi fianco a fianco, nella stessa scuola, nella stessa aula, nello stesso banco di chi è terrorizzato di poter scoprire che la piccola fiammiferaia è seduta al suo fianco e che Biancaneve aspetterà invano il bacio della vita se dovranno essere le sue labbra a contaminarsi.
Regina ha capito che solo quando non ci sarà più, quando sarà finalmente scomparsa potrà esistere, essere accettata, amata, rimpianta.
Regina ha tragicamente compreso che l’unica maniera per esserci è quella di scomparire.
Per questo motivo Regina dice: “Profe, ma io che cosa ci sto a fare al mondo, non sarebbe meglio per tutti se morissi?”
 

Isa Benatti


 

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