REINVENTARE LA VITA: TRA CONTINUITA’ E DISCONTINUITA’
Incontro nazionale PO / Bergamo / 28-30 aprile 2005
Le riflessioni che vi propongo partono dalla meditazione del salmo 89: ultimamente mi aiuta molto nell’impegno di coniugare la mia vita con la “sapiente” parola di Dio.
Eccone alcuni versetti, nella traduzione che ne ha fatto Sergio Carrarini:
“Prima ancora che esistesse la terra,
prima ancora che l’universo prendesse vita,
da sempre tu sei Dio, e lo sarai per sempre.
Non sei legato al limite del tempo.
Noi invece sì!
La nostra vita è breve.
È come un sogno che al risveglio svanisce.
Questa è la nostra condizione, Signore,
una condizione di estrema fragilità.
Ci affanniamo a rincorrere illusioni.
E a soddisfare bisogni superflui,
sempre tesi, nervosi e nevrotici per l’ansia…
e la fine ci trova impreparati!
Di fronte a questa constatazione chi pensa a Dio,
chi sa rivolgersi a lui con umile fiducia?
Signore, dacci il senso della fragilità della vita,
diventeremo molto più saggi!
Donacelo subito, Signore,
perché la nostra vita non dura molto a lungo”.
Il salmo parla della fragilità della vita umana, legata al limite del tempo. Una fragilità da accogliere e vivere non nella paura o angoscia, ma come la reale condizione della nostra esistenza.
La storia, che mi sta alle spalle, in specie i 30 anni passati in fabbrica, mi ha sufficientemente alienato ad abitare la vita quotidiana con la consapevolezza della sua precarietà e debolezza: dimenticare questo rende disumani.
Una consapevolezza che ridà importanza ad ogni giorno, ad ogni ora, al lavoro che fai, alle persone che incontri, alla cura della casa che abiti, alla salute del corpo come dono da custodire e di cui rendere sempre grazie a Dio.
Quanto è salutare la sapienza del “saper contare i giorni”!
Abitare la vita nel ‘tempo’
Il tempo è di Dio, e quindi non lo possiedi: ti è dato solo di viverlo.
In questa mia nuova stagione esistenziale, la continuità con il tempo di fabbrica, che mi sta ormai alle spalle, è data dalla “passione” con la quale cerco di accogliere, discernere, custodire, ascoltare, attendere, amare gli eventi e le persone che intersecano il mio cammino.
In questo mio quotidiano incontro con la gente ho la possibilità di confrontarmi con loro, in modo appassionato, sui problemi che la fatica del vivere e del credere richiede di affrontare: la malattia, la solitudine, la precarietà o assenza di lavoro, i conflitti dello “stare insieme” e dell’educare e far crescere i figli in una società corrosa dallo spasmodico ricorso al consumismo/spreco e dalla, sfiducia nel futuro.
Non è senz’altro l’unico modo di “stare nella vita”: comunque il perdurare in me di questa passione mi aiuta nello sforzo di attuare la parola di Filippesi 2,5-11 e di vivere in serenità questa mia nuova stagione che mi vede impegnato nell’accompagnare “pastoralmente” le tre piccole comunità di Canicossa-Cesole e Scorzarolo, anche perché mi ricorda ogni giorno il passo di Luca 11,46: “Guai a voi, maestri della legge, perché mettete sulle spalle della gente dei pesi troppo faticosi da portare, ma voi neppure con un dito aiutate a portarli”.
Abitare la vita nello ‘spazio’
Lo spazio è nelle mani dell’uomo: che lo sceglie, lo delimita, lo organizza, lo arreda. Oggi, quando mi chiedono: “Gianni, dove abiti?”, rispondo: a Canicossa”.
Sì: da due anni ho lasciato il paese di Ostiano, dove ho passato metà della mia vita, dove ho trascorso i quasi 30 anni di fabbrica; e in questo mio dislocarmi, è venuto a mancare anche lo ‘spazio di fabbrica’ del calzaturificio Castello, sommerso dall’onda forte del decentramento della produzione di calzature nei paesi dell’est- asiatico. Questo nuovo spazio, nuovo ambiente vitale, è senz’altro contrassegnato da una evidente discontinuità con la situazione precedente:
• da Ostiano a Canicossa;
• dal lavoro, alla mobilità, alla pensione;
• dalla fabbrica al territorio.
Una dislocazione che ha richiesto, e che richiede tuttora, un quotidiano impegno per conoscere, capire, accogliere spazio e persone, per comprendere cultura e tradizioni, con l’obiettivo di raggiungere una rasserenante riconciliazione con questo nuovo spazio di vita. Nel vivere questa nuova incarnazione, mi sostiene una convinzione: mentre cambiano le situazioni, permangono i criteri di stare nella vita.