INCONTRO NAZIONALE 2006 PO E AMICI

 

“A quarant’anni dal Concilio: dov’è la chiesa dei poveri?”

Per rispondere ho tenuto presente il contesto economico del mondo in cui viviamo ed il tempo storico in cui operiamo.

Contesto economico: è ancora la coppa di champagne: pochi che consumano troppo, i predatori che consumano troppo di tutto: molti che consumano poco o niente.
Se mettiamo insieme alcuni titoli di articoli che appaiono sui giornali abbiamo una visione abbastanza precisa di problemi che dobbiamo affrontare, ad esempio il debito che schiaccia, il debito che arricchisce. Il mito del libero scambio. Guerra contro la povertà o guerra contro i poveri. Un’insicurezza sociale generalizzata. Disoccupazione nascosta, lavoro forzato, precarietà. Quando l’acqua diventa una rarità. Le lotte contro la fame, fallimento programmato. Le armi di chi è ricco, le armi di chi è povero. Le guerre “umanitarie“. Polvere di Imperi. Il mondo visto da Pechino. Il mondo visto da Nuova Delhi.

Contesto del tempo: questo è un tempo di inizio e non di fine. Tempo in cui si prende coscienza che apparteniamo all’unica specie umana, che ha un’unica casa, la nostra terra, e che abbiamo un destino comune. È un tempo di transizione in cui non si può essere distratti, ma bisogna essere presenti nel quotidiano, essere attenti ai corpi, preparare il futuro.

Il mio tempo personale, un tempo del “vecchio”: un tempo che porta i doni dell’età, il vivere è più lento, più essenziale, più consapevole: lentius, profundius, suavius.

I poveri che vedo nel mio quartiere:

  • I rottami: gli scarti dell’immigrazione, quelli che non ce l’hanno fatta, gli ex carcerati, i vecchi tossici, quelli fuori di testa. Questi vivono come possono di “elemosine“.
  • Gli immigrati senza permesso di soggiorno : paghe basse, sfruttamento, ricatti, problemi di salute, di cura di alloggio. Le donne immigrate e le loro difficoltà di rapporto, di relazione.
  • I vecchi soli e malati, in alloggi popolari o nelle case di riposo.
  • Gli immigrati isolati, i bambini delle famiglie immigrate.
  • I portatori di handicap mentali.

Come la chiesa di “Avane“ entra in rapporto con questi “poveri”?

Cercando di essere una “Chiesa col grembiule“. Una chiesa che serve, che accoglie, che non divide, che fa casa, che cerca di costruire relazioni dolci, che non mette paura. È dentro il quartiere, ne fa parte. Non mette timbri, né etichette, che si sforza di non dare false immagini di Dio. Una chiesa che ha come riferimento nell’agire la legge dell’incarnazione: la lavanda dei piedi e lo spezzare il pane.
Una chiesa che si apre ad altre comunità: i gemellaggi con la comunità delle Piagge, alla periferia di Firenze; a Caserta con la comunità Ruth delle suore Orsoline e con i Sacramentini, con la parrocchia di Mollaro in Val di Non, con la diocesi di Seul in Corea e con quella di Atakpamè in Togo. È il lungo lavoro necessario per elevare le qualità umane del quartiere, per preparare la Risurrezione. Rendere più bello il quartiere. Rendere più belle le relazioni con i bambini, i vecchi, le persone che incontriamo, rendere più belli i muri, le strade, i giardini… diventare figli e figlie di Dio compiendo opere degne della Risurrezione.
La chiesa di Avane non è la chiesa dei poveri, ma spero che sia pronta per essere accolta da loro.

Renzo Fanfani


 

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