rivista n° 72-73 – 2007

Don Borghi nella germinazione fiorentina

Quando Bruno è morto ho subito pensato alle parole scritte alla fine de “L’umano educatore”, un testo della Coop. Culturale “Don Lorenzo Milani”, dei nostri compagni di Milano:

Noi non saremo mai una istituzione, perché ogni istituzione chiede i suoi servi. Noi non costruiremo un’organizzazione. Noi siamo e saremo soltanto un investimento di desideri, di liberazione dalla paura… Di noi non deve rimanere nulla, al di fuori del ricordo di avere un tempo e per un tempo camminato insieme ricercando libertà e liberazione”.

È questo ricordo che abbiamo provato a raccogliere, un dono per chi ha fame e sete…!

COME DIRE BRUNO?

Mettendo insieme i nomi che definiscono il suo stato nei vari momenti della sua vita: prete, operaio, contadino, marito, babbo, volontario del Carcere di Sollicciano?
Oppure i mondi in cui si è impegnato senza risparmio: quello dei portatori di handicap, la fabbrica e il sindacato, il Nicaragua?
Ed ancora, come “dire” la sua allegria, la sua delicatezza, la dura coerenza delle sue scelte, il pianto di dolore per l’amico infermo, o quello di gioia quando ci parlava del figlio? Come dire l’ampiezza della sua serena libertà?
Tutto questo, però, non coglie il punto, il nocciolo duro, la “parola creatrice” che l’ha chiamato all’esistenza.
La risposta migliore alla domanda “chi era Bruno” è il “Toro” di Picasso. I passaggi per arrivare alla linea dolce e pulita dell’ultimo disegno esprimono la progressiva liberazione da ogni schema, la fatica e la “via” che Bruno ha percorso per diventare ed essere “semplicemente” un uomo!

Bruno rifuggiva da ogni schema, da ogni definizione, compresa quella di preteoperaio. Non faceva molti discorsi ed ha lasciato pochissimi scritti. Ascoltava molto e poneva domande e spesso quelle domande permettevano di centrare il problema o di fare emergere quello nascosto.
Un suo caro amico, Beniamino Deidda, in un incontro promosso dall’Associazione Italia Nicaragua il 24/11/2006, ha messo in evidenza alcune caratteristiche dell’agire di Bruno, che condivido pienamente:

“…Vorrei sottolineare una caratteristica costante di tutto l’impegno di Bruno: non ha mai fatto battaglie di retroguardia, non si è mai battuto per affermare astratti principi morali, ha sempre scelto terreni di lotta in cui fondamentali questioni etiche erano intimamente intrecciate con le questioni civili e sociali. Soprattutto la rivendicazione dei diritti civili e sociali per chi ne era privo è stata la costante preoccupazione delle sue azioni. Come negli anni ’60, quando Quintole si riempì di disabili gravi e di carrozzine…

Abstract editoriale

Editoriale

Il contesto

Nella crisi della Galileo

Davanti ai giudici

Don Borghi e Don Milani

L’Isolotto

Con i carcerati

Per una memoria viva

Letture

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