DON BORGHI NELLA GERMINAZIONE FIORENTINA



Articolo apparso su “Unione”, mensile degli uomini di Azione Cattolica di Firenze del gennaio-febbraio 1962.
È un numero dedicato alla memoria del Card. Elia Dalla Costa.

A.
Una sera andai a chiedere al Cardinale di ricevere un gruppo di contadini, a conclusione di un convegno.
«Volentieri ma un quarto alle sei devo uscire per un altro impegno».
Si fissò che si sarebbe stati lì alle 5,30 precise, tanto per permettere a quella rappresentanza di contadini di esporre brevemente al Cardinale le conclusioni a cui erano giunti e le richieste che avrebbero fatte alle autorità competenti.
Si fu puntuali e il Cardinale ci fece accomodare vicinissimi a lui, intorno ad una tavola, come se si fosse in famiglia, e invece di ascoltare cominciò Lui a parlare e mi ricordo che disse queste precise parole:
«Quando venni a Firenze, da Padova, credevo che la mezzadria fosse il contratto di lavoro ideale. In questi anni mi sono convinto che la mezzadria è un contratto “ingiusto” e che deve essere abolito».
Rivedo ancora un contadino di Luco di Mugello esplodere a queste parole per lui inaspettate e che forse avrebbe voluto dire lui al Cardinale, e battere la mano sul marmo della tavola e ripetere parole di meraviglia e di entusiasmo; e il Cardinale ascoltare mentre sorrideva con la bocca e con gli occhi e fare cenni di approvazione con le mani.
Mi ricordo che quando il Cardinale si alzò per rientrare nel suo studio erano le 6,45. Fu un incontro bellissimo. Non ho mai saputo però come abbia fatto con l’impegno che aveva in precedenza.

B.
Ultima occupazione del Pignone. Durante tutta la vertenza cercavo di informare il Cardinale circa le posizioni dei lavoratori e l’andamento della vertenza. Quando fu decisa l’occupazione della fabbrica andai a chiedergli il permesso di celebrare la Messa dentro l’officina per gli occupanti.
Era un sabato sera. «Tu pensi che sia bene?». Quasi sempre da chi gli domandava qualcosa, voleva sapere il parere su quella stessa cosa.
«Io sì, Eminenza!».
«Vai pure».
Così potei celebrare la Messa nel piazzale del Pignone.
Sono grato al Cardinale di avermi ordinato, ma anche di avermi dato la possibilità di celebrare la più bella Messa.
Ma gli sono infinitamente più grato di aver Lui, per mezzo di un suo prete, aver reso presente alla classe operaia, in un momento così decisivo, e così carico, Cristo e la Chiesa.
 
C.
Nel 1951 il Cardinale non mi aveva più permesso di andare a lavorare in fonderia al Pignone. Però dopo diversi anni, cioè dopo la vertenza del Pignone che culminò con l’occupazione di fabbrica e la nuova gestione da parte dell’ENI, accennai al Cardinale alla possibilità di ritornare a lavorare in fonderia. Tutte le volte infatti in cui si era parlato di questo problema e perfino al momento in cui mi proibì di andare in fonderia non solo non l’avevo trovato contrario a questa esperienza ma avevo la netta impressione che fosse favorevole. Posso anche sbagliarmi su questo.
Quando gli proposi un piano preciso che prevedeva un ritorno in officina restando agganciato ad una comunità parrocchiale dove c’erano altri sacerdoti lo trovai ben disposto. E una sera nel suo studio mi disse queste parole: «Senz’altro bisogna tentare. È l’unica esperienza valida».
Conservo il libretto di lavoro che andai a fare il giorno dopo in piazza Beccaria, come una prova della grande apertura e del grande coraggio di questo mio Vescovo.

Bruno Borghi

 


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