Per una memoria viva (2)
Ho conosciuto don Bruno Borghi nel lontano 1958, il 2 giugno (il giorno stesso che morì don Facibeni) e non l’ho più abbandonato.
Abbiamo fatto insieme tante camminate sulle Apuane e un paio di volte siamo andati insieme a trovare degli amici all’estero.
Ci trovavamo molto bene insieme. Io gli raccontavo spesso le vicende quotidiane portando ogni giorno la posta nella mia zona di Bellariva. Bruno stava molto volentieri a sentirmi raccontare queste storie e si divertiva molto.
Per me Bruno è stata una grazia del cielo averlo conosciuto ed essergli amico per tutti questi anni. Bruno è stato un punto di riferimento sicuro per tanti che lo conoscevano, specialmente per gli ultimi che patiscono ingiustizie e oppressioni. Io a Bruno gli ho voluto molto bene anche perché sentivo da parte sua di essere ricambiato.
Negli ultimi anni della sua vita era molto occupato da diversi impegni (con Sollicciano ecc.) quindi ci vedevamo molto meno, ma quando ci rincontravamo o ci risentivamo per telefono non cambiava nulla, era come se ci si fosse visti il giorno prima. Per me Bruno è stato un amico sincero, un fratello carissimo che non potrò mai dimenticare.
Mi ricordo benissimo l’ultima volta che andai a trovarlo all’ospedale di Ponte a Niccheri. Bruno non c’era nella sua stanza, allora mi misi ad aspettarlo che tornasse (era, andato a fare una rettoscopia). Quando un infermiere lo riportò al suo letto su una carrozzina era molto provato dal dolore. Io rimasi colpito ed addolorato nel vederlo soffrire, cercai di salutarlo e abbracciandolo venni via. Bruno a quel punto sapeva già cosa lo aspettava. Tuttavia la sera andai a rispondere al telefono. Era Bruno che col suo cellulare mi chiamava perché voleva sapere come stavo, avendomi visto la mattina sofferente. Mi confortò dicendomi che stava molto meglio e ci salutammo. Io sinceramente non mi sarei mai aspettato una telefonata preoccupandosi di me, sapendo che il vero malato era lui. Quando riattaccai il telefono scoppiai in un pianto dirotto liberatorio pensando a questa sua grande sensibilità ed altruismo.
Per me è stata una grande perdita la sua morte ed è stata dura, soprattutto i primi mesi; speriamo in seguito mi faccia un’idea. Una cosa è certa, cioè Bruno sarà sempre nel mio cuore e mi sorriderà sempre con quel suo sorriso unico da persona che stava vicino a Dio.
Mi viene in mente quello che disse Renzo Manetti a Giovanni, figlio di Bruno: “Tu sei rimasto orfano, ma anche noi lo siamo”.
Delle volte la sera quando sento suonare il telefono penso: “sarà Bruno?”. Poi mi viene da piangere pensando che non lo sentirò più.
Felice Ciompi
postino di San Frediano