Ci scrivono
Caro Roberto,
credo di essere fuori tempo massimo per quell’articolo di cui ti avevo parlato per telefono tempo fa. Però ti mando degli appunti che ho fin qui scritti.
Gesù stava con i pescatori, con i pubblicani e le prostitute, è stato artigiano per lunghi anni, per pregare si appartava e parlava di una possibilità nuova di vivere fraternamente tra gli uomini.
Anche noi pretioperai, all’interno di una Chiesa che fa fatica ad accettarci, lavoriamo come gli altri, ci vestiamo come gli altri, preghiamo di nascosto e rubiamo tempo a noi e agli altri per parlare del vangelo di Gesù.
Perché la scelta di preteoperaio? Non si sceglie solo un lavoro, ma una nuova vita.
Noi pretioperai non soltanto parliamo di vangelo, ma lo vogliamo anche vivere.
Cosa si rappresenta all’interno della Chiesa?
La nostra vita vorrebbe essere di stimolo per un cambiamento di mentalità: viviamo nella nostra carne i sacrifici e le umiliazioni di tanti lavoratori per far capire a tutti che nessuno a nome di Gesù Cristo può arrogarsi il diritto di essere mantenuto o onorato; piuttosto a partire dal basso della nostra fatica possiamo far capire qualcosa dell’amore di Dio.
Poter dire di non ricevere un centesimo né dall’8 per mille né dalle offerte ci colloca in un rapporto di gratuità e di libertà per poter trasmettere il vangelo in maniera più genuina e fraterna.
In Italia siamo soltanto alcune decine, ma ciò che viviamo è un seme che in un futuro non certamente lontano porterà i suoi frutti.