“Carico leggero e pesanti fardelli: l’Evangelo in Italia”
Incontro nazionale PO 2008 (2)



“Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
“Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito” (Mt 23,1-4).

“Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”. (Mt 11,25-30)

 
Non esiste una fede allo stato puro. Ogni credente la vive secondo un proprio stile, guardando al mondo e a Dio dal proprio campo visivo.
Pur nella singolarità dei nostri diversi percorsi esistenziali, ci accomuna un medesimo sentire la fede come esperienza di liberazione. La religione autentica parla il linguaggio della vita sciolta dall’oppressione: Dio si rivela come colui che ascolta il grido di disperazione e si impegna per far uscire dalla casa di schiavitù.
Ogni tipo di peso, tutto ciò che rende pesante la vita non può che avere un’accezione negativa agli occhi di Dio.
Eppure, la Scrittura stessa, dalla quale abbiamo appreso la lingua materna della fede, mette in scena altri pesi, con diverso valore.
Parla di un Dio la cui presenza ha peso nella storia umana: un peso che dice la differenza, che esprime la gloria.
Parla di esseri umani che si assumono il peso di rispondere alle sfide della vita, alle interpellanze degli altri, dell’Altro: “portate i pesi gli uni degli altri” (Gal 6,2).
La Scrittura e le diverse tradizioni interpretative presentano scenari opposti nei quali i pesi sono protagonisti negativi e positivi della vicenda umana.
Il presente storico, poi, illustra questa ambiguità evidenziando pesantezze insopportabili, situazioni ingiuste da cui occorre fuoriuscire, insieme a ciniche leggerezze, espressioni di una post-modernità liquida, che ha liquidato la passione per la giustizia, che irride ogni assunzione di responsabilità.
Non basta, dunque, la contrapposizione tra pesantezza e leggerezza: è necessario operare un discernimento su quali pesi assumere e quali togliere.
La Scrittura è particolarmente attenta a cogliere l’ambiguità. Nulla si sottrae ad essa. Neppure Dio (che può essere nominato invano; che viene confuso con l’idolo…); neppure la sua parola (sulla cui autorevolezza si appellano sia il vero che il falso profeta). Tanto meno le vicende umane possono sottrarsi all’ambiguità.
Tuttavia, la condizione ambigua non ha come esito il “niente tiene; tutto si equivale”. Piuttosto la Scrittura opera come parola sapienziale che sa assumere la complessità senza rinunciare al tentativo di dis-ambiguare, di ristabilire la giustizia secondo il progetto originario di Dio.
I due testi, a cui si riferisce il titolo del nostro incontro (Mt 23,4: “pesanti fardelli”; Mt 11,29-30: “carico leggero”), offrono preziose indicazioni per operare il discernimento necessario. Rimane, comunque, difficile un’intelligenza del presente che ci è dato da vivere. L’esperienza dei profeti lo attesta continuamente (Ger 28).
I vertici della chiesa cattolica, sulle ceneri di una modernità giudicata negativa in quanto irreligiosa, si propongono di ricostruire una società fondata sui valori cristiani, presentati come legge naturale intangibile: una bio-ideologia di cui pretendono avere il monopolio, ed in nome della quale cercano di imporre “pesanti fardelli” senza muoverli nemmeno con un dito.
È facile leggere dietro questa deriva moralistica una questione di potere, nonché un’inversione di tendenza nel rapporto chiesa-mondo rispetto al Concilio Vaticano II.
Ad un protagonismo forte (tendenzialmente unico!) e aggressivo, Gesù contrappone una presenza “mite e umile di cuore”, propone il carico riposante al discepolo che segue le orme del Maestro, il Figlio che conosce la misericordia del Padre ed è in grado di comunicarla ai piccoli.
Gli evangeli propongono Gesù come criterio di discernimento del “giusto peso” da dare alle cose, dell’assunzione del carico della storia. È il riferimento a Lui, più che un antagonismo nei confronti dell’istituzione, a farci riflettere sulla sorte dell’evangelo nell’oggi.
Una riflessione che assume il tono della franchezza insieme alla necessaria autoironia di chi riconosce la tentazione di mollare il colpo (proprio come Mosè: “io non posso portare da solo il peso di tutto questo popolo; è un peso troppo grave per me” – Nm 11,14).
Il nostro ritrovarci, il mettere in comune le nostre vite, con il loro carico di fatica, fallimento e testarda ripresa, il provare di nuovo a fare i conti con una Parola esigente e liberante, vuole essere un inizio di risposta a quell’invito: “venite a me…”.

Angelo Reginato


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