“Carico leggero e pesanti fardelli: l’Evangelo in Italia”
Incontro nazionale PO 2008 (12)


 
“Se otto ore vi sembran poche” diceva un vecchio canto operaio, trentacinque anni di lavoro sono bastati e mi hanno portato alla pensione. A sessantacinque anni la pensione mi ha posto in una condizione che non immaginavo.
Il non dover ripartire ogni mattina, percorrere otto chilometri di strada, arrivare in fabbrica, bollare la cartolina, salutare gli amici, andare al posto di lavoro condividendo la fatica e anche lo stress accumulato… pensavo fossero una realtà facile da smaltire, un tempo facilmente colmabile da altre cose. Non è stato così.
Alcune cose mi sono mancate: la quotidianità, la manualità, le concretezze noiose e faticose del lavoro, ma anche gli aspetti creativi e la fantasia per trovare forme diverse di lavoro per faticare di meno. Mi sono mancati soprattutto e più di quanto immaginassi i compagni di lavoro.
Ragionare con alcuni sui fatti quotidiani era il sale della giornata lavorativa. All’interno degli avvenimenti e nelle piccole vicende del lavoro ho cercato di scoprire che cosa sta cambiando nel mondo del lavoro e nel mondo globalizzato.
Abbiamo trovato frequenti e stringenti legami tra le trasformazioni e le crisi del lavoro con le scelte politiche a più ampio raggio. Mi è mancato il semplice racconto delle vicende familiari, dei figli, della scuola, delle malattie e delle scappatelle, delle feste e delle partite, talvolta le domande impegnative di senso della vita e della fede in Gesù.
Sembrava a me un atto dovuto, un semplice cambiamento.
Di fatto mi sono trovato impreparato e sprovveduto. È continuata in me la percezione della situazione drammatica e violenta del mondo, delle leggi “illiberali” del mercato, la politica che non prende a cuore la sorte dei più deboli, mi è mancata la possibilità del confronto e del ragionare quotidiani con compagni e compagne di lavoro.
Così è parsa a me più gigantesca la forbice tra ricchi e poveri, tra garantiti e precari, tra chi ha diritti e chi straniero è senza terra, senza una pietra su cui posare il capo…
Come il lavoro mi ha offerto preziose opportunità per comprendere, la pensione mi ha costretto a mettermi in ricerca di nuovi spazi, possibilmente in continuità con le sensibilità acquisite nei lunghi anni di lavoro.
Un’ottima opportunità ho avuto dalle conoscenze di amici in missione in Brasile. Un amico di questi amici ci ha fatto visita nella città di Alba. Abbiamo lavorato insieme alla ricerca di soluzioni economiche e organizzative per iniziative di educazione-scuola e di lavoro cooperativo, il cui budget economico è in crisi perenne e le risorse dall’Italia in costante calo.
È emerso che la cooperazione è più basata sul volontariato e su forme, pur intelligenti e impegnative, di autotassazione, ma troppo poco sulla percezione delle ingiustizie. In altre parole prevale più la sensibilità per i volti dei bambini e dei poveri che la percezione che molti popoli del mondo sono in via di impoverimento e di progressiva esclusione.
La presenza di Daniel nella città di Alba è stata occasione per una visita nel centro della città, ai negozi più “in” con i loro prezzi folli, ma anche ad un negozio “gira e rigira” che recupera e rivende abiti usati. Lì ha scelto regalini per la moglie, la figlia, gli amici. Sono piccoli segni di una scelta di campo e di un modo possibile di decrescere e di consumare meno.
Lo scambio con alcuni amici che lavorano nei vari sud del mondo mi permette di recepire che i paesi in via di sfruttamento sono molto vicini a quelle fasce di disperati che incontro sempre più frequentemente nella mia città benestante.
Un piccolo particolare: mentre il numeri degli abitanti della città decresce continua la costruzione di centinaia di alloggi.
Che cosa c’entra il Vangelo con la mia pensione e con tutte queste cose? Provo un certo disagio quando sento parlare di valori che volano alto.
Il lavoro ci ha abituato a camminare con i piedi per terra… non so se sia una conseguenza di questo, ma mi ritrovo a leggere il Vangelo come se fosse la prima volta, con la freschezza e le esigenze che ne derivano, con le scoperte e le letture liberanti dall’idolatria e dal religioso.
Una conseguenza positiva per le scelte e il tempo che mi rimane da pensionato, ma non da panchina.
Vivo così il disagio della pensione con la serenità del percepire un carico leggero e pesanti fardelli insieme, come suggerisce un poster della Bolivia che rappresenta una giovane ragazza con il fratellino nell’awajo. Una scritta commenta: È PESANTE? NO, È MIO FRATELLO.

Gino Chiesa


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