Ci scrivono
Diceva Brecht che il patriottismo è l’ultimo rifugio degli imbecilli (o dei delinquenti; ma lasciamo perdere…).
Scrivo alla vostra redazione perché, abitando a Bergamo, mi trovo nel bel mezzo dell’adunata nazionale degli alpini, con una città letteralmente tappezzata di tricolori, coi negozi che espongono bandiere nazionali e gadget di tutti i tipi, e poi scritte, adesivi, transenne, accampamenti, cori, alcool… Insomma siamo all’evento (che porterà in città circa 400.000 persone e frutterà un giro d’affari di 60 milioni di euro). Ci saranno sfilate su sfilate, rassegne militari, deposizione di corone, onoranze ai caduti per la “patria”, labari di altre associazioni combattentistiche e, dulcis in fundo, l’esibizione delle Frecce Tricolori alla presenza del mai dimenticato fascista Ignazio La Russa, attuale ministro della Difesa. Tra inaugurazioni, incontri con le autorità pubbliche ecc., non poteva mancare l’impronta della chiesa cattolica: sabato 8 maggio, alle ore 17.00 S. Messa in suffragio di tutti i caduti celebrata dal vescovo di Bergamo e concelebrata dai cappellani militari alpini presenti nel Lazzaretto.
Partendo dalla chiesa del quartiere in cui abito, un edificio enorme dal cui campanile si srotola fino a terra un lenzuolo tricolore, e via via per tutta la città, i luoghi di culto sono quasi tutti addobbati di tricolori, tanto per non “stonare” coi caseggiati che li circondano.
Non pensate che questa sia idolatria, quella su cui vi state soffermando da anni nei vostri incontri e sulla vostra rivista? E, mi chiedo, è mai possibile che parroci di così varia estrazione, anche culturale, parte dei quali con alle spalle esperienze importanti a favore della pace, della collaborazione tra i popoli, della solidarietà, della nonviolenza, dell’incontro con gli ultimi, non si sentano in dovere di dire qualcosa di diverso che esca da questo conformismo stupido, soffocante e supino al Potere? Sono sicuro che i pretioperai non ci stanno, ma… tutti gli altri? Quelli che magari ti fanno delle splendide pastorali sull’amore, sul dono, sulla famiglia, sulla difesa della Vita… e poi non si riesce a vedere al di là della punta del proprio naso! O, peggio ancora, ci si accoda ai tricolori perché così fan tutti e, in fondo, questi alpini sono gente di popolo e che male fanno? Certo che sono gente di popolo, basta osservarli, parlarci, sentire i loro dialetti… ma questo giustifica la menzogna, gli ammiccamenti, il non dire loro che non c’è bisogno di una divisa per essere più uomini? E che per compiere tutti i gesti meritori di soccorso non c’è assolutamente bisogno di far parte di nessun esercito in armi?
Converrebbe ricordare che tutte le guerre nascono ideologicamente dai “buoni sentimenti patriottici” e dalla difesa delle proprie “identità” o, se vogliamo, delle proprie “radici”. Tutte. E che oggi reparti di alpini siano parte attiva di un esercito, quello italiano, impegnato in cinque “missioni di pace” (per non chiamarle col loro nome = GUERRE) nessuno in queste giornate di festa lo ricorda apertamente. Come nessuno ricorda apertamente che anche i reparti alpini, come tutti gli altri, sono stati impiegati in TUTTE le guerre imperialiste e colonialiste dell’Italia: parlo dell’Albania, della Grecia, della Russia, del primo macello mondiale del ‘14-‘18, definito da papa Benedetto XV “l’inutile strage “.
Questi semplici ma essenziali richiami storici e politici bisogna che qualcuno pur li faccia, perché il ricorso alle armi per uscire dalla crisi è sempre lì dietro l’angolo; è la storia del capitalismo mondiale, così com’è la storia anche di ogni impero che sente il sopraggiungere della fine. E chi avrà taciuto, sarà complice…
Nel nostro piccolo, come Rete Operaia, abbiamo partecipato, con altri Gruppi antimilitaristi, ad un convegno al Centro La Porta di Bergamo il 30 aprile, per parlare e denunciare le folli spese riarmistiche che investono anche l’Italia, ad esempio i caccia F-13, il cui costo ammonta a 5 finanziarie pesanti, tipo quelle degli anni ‘90 per ìntenderci. Spesa militare bipartisan, ricordiamolo: iniziata con Prodi e proseguita patriotticamente da Berlusconi. Certo, le industrie di guerra lavorano, ma i disoccupati aumentano e chi sta sotto questi giocattoli “umanitari” salta per aria…
Perché questi temi sembrano non appassionare più?
Per quanto riguarda la chiesa è una domanda che vi giro. Per quanto riguarda la mia sponda, la sinistra, credo che molti di noi in fondo siano malati di militarismo, e quindi non possano rivitalizzare quell’antimilitarismo rivoluzionario che plasmò, sin dai tempi di Adua, generazioni intere di attivisti e dirigenti di classe, politici e sindacali. Ed oggi paghiamo anche questo; paghiamo inoltre il mito della “superpotenza russa” che avrebbe risolto tutti i problemi e quello, più prosaico, di un verticismo interno e di una prassi frustrante di “delega”.
Concludo con una battuta: e meno male che Mons. Gervasoni ha proibito che nelle chiese si cantassero i cori alpini, sennò chissà che eucarestie!
La mia abitazione è l’unica in tutta la via che non ha esposto il tricolore: sono un cittadino del mondo nato casualmente in Italia, per la precisione in Toscana, e nel mio cuore non c’è posto per nazioni, confini e “stranieri”. Un grosso saluto a tutti voi.
Graziano Giusti