Incontro europeo dei PO / Bruxelles, 2010
Ci siamo incontrati nella periferia di Bruxelles, nella casa dei Salesiani, un posto accogliente e in mezzo al verde. Ma tutta la periferia è immersa nel verde della campagna: finiti i palazzi, trovi le mucche a pascolare. Cosa impensabile da noi, come impensabile percorrere l’autostrada che da Charleroi porta a Bruxelles, circondata da alberi e boschi: 80 chilometri ! Pensavo alla Milano – Bergamo. Cose dell’altro mondo! Siamo in due , con me c’è Graziano, un operaio che da due anni ha perso il lavoro e da alcuni anni amico dei preti operai italiani.
Come sempre l’incontro con gli amici europei è desiderato. Stiamo bene insieme e sono ormai 25 anni che ci si ritrova: ci sono i pilastri, sempre presenti, attorno a cui ruotano ogni anno altre facce., Fritz, che è come il patriarca, Philippe francese, Phill inglese, Maurice belga, quest’anno solo di sfuggita pur giocando in casa, ha problemi di salute, Margaret, la battagliera donna prete anglicana, ora più tranquilla da quando è diventata nonna, Jaak, belga, sempre molto disponibile. Lo zoccolo duro tiene, battagliero prima , ora più pacato ma più incisivo. La saggezza non ha bisogno di tanti documenti e di tante parole. Persone con un’esperienza di chiesa e comunità che è il futuro realizzato ora. Mancava Josè dalla Spagna, bloccato dalla nuvola del vulcano che non permetteva i voli in quei giorni. Albert, il più giovane del gruppo, ma che anche lui ormai ha raggiunto i 50 anni, fresco di un lavoro nuovo dopo un anno di occupazione e chiusura della fabbrica tessile in cui lavorava da diversi anni, impegnato a fianco degli immigrati e per questa sua lotta ha subito anche una condanna. Giovane anche il piccolo fratello Regis: parliamo anche qui dei cinquantenni. Li nomino perché essi aiutano ad abbassare la media dell’età dei preti operai. Per la prima volta un ultra pensionato francese, George, che da quando è andato in pensione, per alcuni anni ha fatto, udite, l’esorcista, ma senza aver mai incontrato il demonio. Antoine, il segretario dei francesi, con il piede rimesso a nuovo dopo la sua rottura lo scorso anno a Bergamo.Presenza significativa delle donne, che vivono con alcuni preti e che animano le loro comunità: Lieve, Hélène, Jeanne,Susan la lettrice anglicana che quando canta ha una voce stupenda insieme a Margaret, da far tremare tutto il salone degli incontri. Donne che hanno una grande capacità di coordinare e di dare un tono agli incontri. Mi vengono in mente le donne che seguivano Gesù insieme ai suoi amici.
Non sto a nominare tutti, la lista sarebbe un po’ lunga. L’accoglienza è stata calorosa con Jef che distribuiva birra. A tale proposito è stata appositamente installata per noi nel salone una piccola birreria. Non ci si è ubriacati, ma essa ha tenuto allegri soprattutto la sera durante i canti popolari di lotta delle diverse tradizioni, suonate dal bravo chitarrista prete operaio belga che si chiama , pensate un po’. Jean Jaques Rousseau. Non è mancata una visita a Bruxelles, sul battello, che ci ha fatto vedere questa città da una prospettiva diversa, direi dal basso. Città piena di contraddizioni, anche se curata nei minimi dettagli. I Belgi da tre anni sono senza governo e le regioni , chiamiamole più ricche del nord si vorrebbero separare da quella più povere di lingua francese. Alle ultime elezioni infatti ha vinto il partito che richiama un po’ la Lega. Segni questi di un’Europa in crisi e in difficoltà.
La tematica dell’incontro verteva su queste domande:
Nelle imprese licenziamenti in massa, ricatti, la precarietà e scioperi in crescendo, declassamento del sociale, repressione e perdita di libertà: chi è che tiene le fila? Quali prospettive di cambiamento e liberazione vediamo noi? Vediamo dei segni di speranza? Come noi siamo presenti in questi segni? Quale luce e quale forza ci dà il Vangelo?
“La crisi fa ormai parte del nostro quotidiano, nelle imprese si hanno di cambiamenti immediati e drammatici per la situazione economica, ma occorre anche domandarsi se le imprese hanno approfittato della recessione per giustificare la riduzione del numero degli operai. Per i giovani occorrono delle nuove opportunità: “noi abbiamo bisogno di artigiani, di quelli che hanno la possibilità di lavorare con le loro mani in un lavoro pratico. Per questo è necessario dare al lavoro manuale lo stesso valore, uguale a tutte le altre forme di lavoro, senza discriminazione o declassamento”(Inghilterra). In Germania licenziamenti in massa alla Toyota per l’industria automobilistica, nel commercio con la Nekermann ,mentre l’industria tessile sta morendo. Solo il 20 % lavora nell’industria e gli altri nei settori servizi con una estrema precarietà. Anche lì come da noi, non basta il denaro, nonostante il lavoro a tempo pieno. Un altro problema: malgrado un salario minimo si vive nella flessibilità totale: cambiare gli orari di lavoro ogni settimana o nella stessa settimana, lavorare il sabato e la domenica. In queste condizioni non si può cercare un altro impiego e quello che più preoccupa è impossibile, in queste situazioni partecipare alla vita politica e sociale.
In Francia : pressione sui salari per aumentare il guadagno e abbassare i costi, dequalificazione del lavoro,. In molte amministrazioni non si rimpiazzano più quelli che vanno in pensione e negli ospedali sono costretti a lavorare di più per mancanza di personale. Nel momento del licenziamento collettivo si fa appello a dei volontari: ci sono più volontari che lasciano il lavoro con il prepensionamento a discapito della lotta per il mantenimento del posto. Messi in discussione gli alloggi sociali, i servizi pubblici e per di più duramente attaccati.
In Spagna: il 19% della popolazione è sotto la soglia di povertà. Quattro milioni senza lavoro e il 31 % dei contratti di lavoro è temporaneo. La disoccupazione giovanile è sul 50%. Aumenta il numero di famiglie che chiede aiuto alle Caritas per il cibo, per pagare la bolletta della luce e per far fronte ai mutui. Un aumento tra il 60 % e il 90% .Per l’assunzione e difesa del lavoro è una lotta tra poveri e gli immigrati sono i primi a subirne le conseguenze con un aumento della xenofobia.
In Belgio: in certi quartieri di Bruxelles la disoccupazione giovanile supera il 50%. La siderurgia aumenta la produttività e diminuisce il tempo di lavoro. La banca Doxa aumenta il suo capitale, ma mette in pericolo le amministrazioni comunali che essa deve finanziare. Alla stazione , Nord di Bruxelles, sfrattati, sans-papiers, illegali, passano la notte con l’autorizzazione della direzione. Per aiutare queste persone? No, è per salvare l’immagine delle banche presso l’opinione pubblica.
Non parlo della crisi italiana perché la conosciamo e non è dissimile da quella dell’Europa con l’aggravante dell’incapacità della classe politica ad affrontare la situazione.
In tutto questo si notano dei segni di speranza? Dei segni che ci dicono che c’è qualcosa che si muove?
In Germania: il movimento contro i Nazisti lavora a livello locale con successo, e l’impegno per i diritti dei rifugiati.
In Francia i contadini non accettano più di produrre in perdita per arricchire i grossi gruppi di distribuzione. Una presa di coscienza ecologica per salvare il pianeta. Movimenti per salvare il servizio pubblico diventano sempre più numerosi. L’unità tra immigrati e operai francesi per la difesa del posto di lavoro . E questa unità è stata vincente in molte situazioni.
Dappertutto difficoltà a riorganizzarsi, ci sono movimenti di protesta che lentamente si stanno collegando tra loro, è come un piccolo fiume che si sta ingrandendo ma che non ha ancora la forza travolgente. Si registrano quindi dei segnali, significativi, che possono essere il seme per il tempo che verrà.
In questa situazione la fede ci è di luce? I belgi si chiedono: e se noi sostituissimo la parola “amore” con la parola “solidarietà”?
“Se qualcuno vuole essere solidale con me, osservi la mia parola… mio Padre lo riconoscerà… Chi non è solidale , non osserva le mie parole…(Gv14,23-24).
“Il capitolo 5° di Matteo ci interpella e pone delle domande: Siamo noi il sale della terra o la luce sulla montagna lottando nella società per costruire delle reti alternative nelle piccole comunità dove noi viviamo dentro o fuori della chiesa?
Parlare del Vangelo è parlare anche un po’ della chiesa. Essa, dicono i tedeschi, sta per sparire nei quartieri, nei movimenti e nella lotta politica e rischia di diventare sempre più un ghetto cattolico. Il vescovo di Aix-la-chapelle scriveva in questi mesi: “La crisi attuale è una delle più grandi sfide per la chiesa di Germania. E’ una questione fondamentale di credibilità e di fiducia. La chiesa deve cambiare profondamente”. Ma il Vangelo è più grande della chiesa.
C’è stata una lettura di Mt 10, in versione libera, durante una celebrazione:
“Quando tu prendi una strada, presta attenzione in primo luogo a quelli che sono sfavoriti, dimenticati o spezzati. Cammina al ritmo di chi è più lento, sostieni chi è stanco, consola gli afflitti, saluta quelli che sono isolati, condividi gratuitamente. Quando tu prendi la strada, non caricarti di molti soldi o del lusso o di qualcosa che serve a impressionare gli altri o a dominarli. Quando tu prendi una strada augura la pace a chi incontri e custodisci la pace soprattutto nel tuo cuore per poterla condividere con i tuoi compagni di viaggio. Quando tu prendi una strada ci saranno sempre dei pericoli. Quando tu metterai in pratica quello che io vi ho detto rideranno di voi, vi tratteranno da ingenui, vi metteranno da parte, vi accuseranno. Hanno fatto così anche con me. Quando prendi una strada non essere mai inquieto. Ogni capello della tua testa è contato e sarò con te lungo il cammino. Come mio Padre mi ha sostenuto per tutta la vita, anche nella morte, anch’io ti sosterrò”.
Nei lavori di gruppo ci si è confrontati ponendo interrogativi: le strutture attuali sono in grado di capire quello che sta avvenendo e traghettare verso un altro modo di fare economia? Ma è possibile un’altra società? Con chi?
Un’immagine che ci ha accompagnato durante l’incontro è stata quella del colibrì, tolta da una piccola favola che io ho raccontato:
Sta bruciando la foresta, tutti gli animali scappano e il leone è l’ultimo a lasciare dietro a tutti gli altri. Dal lato opposto un piccolo colibrì segue il cammino inverso, verso il fuoco. “Scappa”, dice il leone,”sta bruciando la foresta”. “Vado a spegnere il fuoco” risponde il colibrì.
“Ma che cosa ci fai con una goccia d’acqua che tieni nel becco? E’ inutile”.
E il colibrì risponde: “Ma io faccio la mia parte”.
Dopo che tutti noi siamo diventati un colibrì abbiamo esposto i nostri impegni, le nostre lotte, i nostri percorsi in questo periodi di crisi. E’ stato bello ascoltarci, e soprattutto Graziano ha fatto impressione, essendo l’unico disoccupato in quell’incontro, che ha raccontato delle lotte spesso vinte e qualche volta perse.
Non è questo il tempo dei piccoli rattoppi, esso richiede di “volare alto” come esprimeva bene il logo dell’incontro coniato dai belgi e che si riferisce alla favola dell’aquila e della gallina.
“Un uovo è stato trovato in una fattoria ed il contadino lo mette insieme alle altre uova covate da una chioccia. Quando nasce si vede che il piccolo è diverso dagli altri, ma è educato come gli altri, a beccare nel cortile . Un giorno passa un naturalista che vede quest’aquila, che non vola e si comporta come una gallina. Il contadino dice che non volerà perché è come una gallina. Ma il naturalista non si perde di coraggio e, spinge l’aquila a volare, ma essa cade sempre per terra. Dopo vari tentativi viene portata sulla montagna e messa di fronte al sole nel momento in cui lui sorge. L’aquila guarda il sole, guarda la cascina in lontananza, guarda il naturalista, esita ma poi finalmente cade nel vuoto ma rimonta e corre come una freccia in direzione del sole”.
Questo non è il tempo delle mezze misure : lo richiede la terra che soffre, il clima, le risorse che si stanno esaurendo, miliardi di esseri umani che soffrono la fame, milioni di operai vittime di questo sviluppo, i giovani che non hanno futuro. Volare alto, per uscire dalla visuale delle questioni e beghe di cortile. Questo non solo per la società ma anche per la chiesa ormai giunta al capolinea, che può essere blocco totale o un ripartire verso il sole dello Spirito, aprendosi a scenari finora insperati.
Per il prossimo anno ci si è dato appuntamento in Svizzera, dove Urs cercherà di preparare l’accoglienza. Il tema sarà questo:
“La depoliticizzazione nella società, una delle conseguenze della crisi attuale. Nuove forme e modi di impegno politico”.
Mario Signorelli