ricordiamo

Renzo Fanfani

DON RENZO FANFANI (1935-2017): UN UOMO
Ricordiamo Sandro e Renzo

Nella chiesa grande di Empoli da cui traboccava in piazza la folla convenuta, il funerale di don Renzo Fanfani, prete operaio, seguiva la traccia consueta e anonima del rito. “Don Renzo è nostro” aveva affermato il giorno prima un prete della città tagliando corto di fronte ai tentativi di Nicoletta Montagnani che aveva accompagnato Renzo e Carla Franceschini (la Carlina) lungo gli anni del progressivo invecchiamento, di prendere in considerazione le sue ultime volontà. Così di Renzo, nelle parole del celebrante, era rimasto il freddo curriculum vitae di un uomo ridotto alle sue funzioni. Prima di uscire dalla chiesa è andato al microfono un amico venuto da Trento che ha concluso il suo breve intervento con le parole cadenzate di un popolo che porta ancora un sogno nel cuore: “fischia il vento, urla la bufera, scarpe rotte eppur bisogna andar…”. A quel punto è venuto giù il loggione! “Bravo, bene così, finalmente!”, applausi a scroscio di un desiderio finalmente liberato di riprendersi Renzo dalle mani di quella istituzione sentita sempre lontana e ritrovarlo come l’hanno da sempre conosciuto. Come al corteo dei 1° maggio a Empoli, quell’uomo alto, sorridente, pronto alla battuta, la camicia a quadri e l’immancabile granata (la scopa toscana di saggina) per spazzar via lo sfruttamento, le lacrime e il sangue di un lavoro strappato come un diritto da rivendicare sempre: Renzo è nostro!
Il 30 settembre scorso, la piazzetta prospiciente la chiesa parrocchiale di Avane, periferia di Empoli, era colma di persone giovani e meno giovani a ricordarlo Renzo a pochi mesi dalla morte. Intorno a un titolo che era un vero e proprio invito a sentirlo ancora presente e coinvolto in una amicizia contagiosa: “Raccontiamoci Renzo!”

Paola Sani, vicina a Renzo fin dai tempi della Tinaia, così ha introdotto le oltre due ore di interventi che si sono succeduti con brevi tratti intrecciati di memoria, testimonianza, fedeltà al cammino comune, impegno a continuare sulle tracce da lui indicate:

Benvenuti a tutti, siamo qui per ascoltarci. Quello che facciamo oggi insieme non è una commemorazione, non è un’iniziativa istituzionale, non è una celebrazione, ma un incontro di persone che hanno sentito il bisogno di condividere, il racconto della figura e dell’esperienza di don Renzo Fanfani, prete operaio; e leggere insieme alcuni scritti significativi che Renzo ci ha lasciato
E’ un momento bello perché ci ritroviamo qui, in questa piazza fortemente voluta da Renzo che vide in quello che era uno slargo di via Motta, davanti la chiesa, adibito a parcheggio, la possibilità di un nuovo centro del paese, per ricostruirne un’identità a partire dagli spazi, togliendo le auto, piantando un albero in modo che la piazza diventasse luogo d’incontro.
Anche per noi… qui … stasera.
Sono i cittadini di Avane attraverso il comitato di quartiere che hanno chiesto all’amministrazione comunale l’intitolazione di questa piazza a don Renzo Fanfani, prete operaio.
Tutti sono stati d’accordo.
Vi leggo la motivazione:

Don Renzo Fanfani, prete operaio, cappellano del carcere, parroco, prima nella parrocchia della Madonnina del Grappa, poi in quelle di Tinaia e di Avane, ha svolto la sua attività a Empoli fin dal 1967, partecipando attivamente alla vita civile, sindacale e politica della città, oltre a quella religiosa.
Nel 1990 è stato nominato parroco di Avane, quartiere difficile, segnato da fenomeni di disagio sociale. Dal momento in cui don Renzo è entrato a far parte di quella comunità, ha prima di tutto stretto rapporti con i bambini e i giovani, chiedendo loro di prendere consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri, per poter esercitare una cittadinanza attiva. Poi, ha sostenuto le fasce più deboli dei suoi parrocchiani e le persone fragili che gli hanno chiesto aiuto.

Nel corso degli anni, don Renzo è diventato il perno attorno al quale si sono realizzate sinergie importanti – tra la Parrocchia, la Casa del popolo, il Centro giovani, la Scuola – e si sono attuati processi di cambiamento, che hanno trasformato il quartiere di Avane.
La piazzetta davanti alla chiesa, con la sua sistemazione, è diventata il simbolo di questo cambiamento, il risultato tangibile del percorso di riappropriazione da parte dei cittadini avanesi della qualità della vita nel proprio quartiere.

E’ stato don Renzo Fanfani a chiedere che il parcheggio di fronte alla chiesa fosse trasformato in piazza, luogo di aggregazione, di socializzazione, di sosta. Questa richiesta fu accolta dall’Amministrazione comunale, nel corso del processo di urbanistica partecipata, portato avanti negli anni 2000-2005, che prevedeva la riqualificazione di tutto il quartiere.

Come lo stesso don Renzo ha ricordato pochi mesi prima di morire: “quello fu il periodo in cui Avane era il quartiere più vivace di Empoli, dal punto di vista della quantità e anche della qualità degli interventi: il risultato tangibile di quella storia è la piazzetta davanti alla chiesa”.

“Ecco perché abbiamo scelto di fare qui l’incontro di stasera e i ragazzi del comitato di quartiere hanno attaccato simbolicamente questo manifesto per esprimere questo desiderio. La richiesta è stata fatta propria dall’amministrazione comunale che si sta adoperando per il buon esito
Il 30 maggio Renzo ci ha lasciato.
Non è stato facile vivere quei giorni… i momenti della sofferenza… il distacco. In occasione della morte di Renzo la città tutta si è stretta attorno a lui e agli amici che lo hanno accompagnato fin dal suo ritorno da Trento, ritorno avvenuto nel 2011. Ricordo che partì fiero per Trento, era il 2007. Anche allora avvenne un distacco, si sa che chi parte lascia sempre qualcosa e qualcuno. Vari i motivi della partenza: andava per accompagnare Carla nella sua terra; avrebbe sostituito un prete operaio venuto a mancare in Val di Non; vivere un anno sabbatico. E così come è sempre stato per lui, ogni partenza portava con se grandi novità, nuovi inizi, la possibilità di vivere un tempo altro, e lui l’affrontava con grande entusiasmo: con il “cuore pulito”, sorridendo, alzando il cappello e allargando le braccia. Purtroppo a Trento sopraggiunse la malattia del cuore e questo determinò una grande difficoltà del vivere quotidiano. Quel cuore che determinerà anche i tempi degli anni a venire. Poi è giunto maggio, il ricovero in ospedale, la staffetta degli amici che a turno si alternavano per non lasciarlo solo. Negli ultimi giorni Renzo chiedeva insistentemente “acqua, acqua”, questa sua richiesta era sempre preceduta da un “per favore” e seguita da un “grazie”, mi sembra un modo, uno stile, di entrare nella vita, di starci e anche di uscirne. Renzo è stato di tutti e di nessuno.
Il giorno del suo funerale in molti hanno sentito il bisogno di parlare, le istituzioni, il suo popolo e le tante persone che hanno partecipato alla messa e che solitamente non frequentano la chiesa.
Nei giorni successivi emergeva, dall’incontro con gli amici di Empoli, con i preti operai e gli amici di Firenze, il bisogno di “Raccontarci Renzo”, di trovare un modo per invitare chiunque volesse, a venire insieme a noi e a dire il “suo” Renzo.
Così è iniziata la costruzione di questo momento.
Grazie per la vostra partecipazione a nome di tutti coloro che hanno lavorato per la realizzazione di questa serata;
grazie perché volontariamente e gratuitamente siamo riusciti ad essere qui, grazie per tutti quelli che daranno il proprio contributo e all’amministrazione comunale per il patrocinio dato.
Vi siamo grati e molto contenti
Ed ora come si svolgerà?
Per dar modo a tutti di parlare è necessario che tutti ci autoregoliamo nel tempo.
Abbiamo pensato ai 3/4 minuti a disposizione per ciascun intervento passati i quali suonerà una campana tibetana per invitare la persona alla conclusione dell’intervento.
Ci saranno alcune letture: sono brevi lettere di Renzo che affrontano varie tematiche. Le letture si alterneranno a gruppi di interventi di persone che vogliono parlare.
Concluderemo con un video su Renzo realizzato nel 2006 in occasione del centenario della Camera del Lavoro. A seguire un video con le interviste a persone realizzato a Tinaia, Avane e Limite.
I temi delle letture che ascolteremo sono: il senso della vita, le morti sul lavoro, la parrocchia, il dovere della testimonianza del vangelo, come fare il prete, il rapporto con la Casa del Popolo di Avane, il carcere come cappellano volontario, la scuola serale nel quartiere, il tema internazionale con una lettera a Martino Kim prete in missione coreana ad Avane insieme alle suore, una lettera sulla crisi interiore in occasione della partecipazione al convoglio umanitario diretto a Sarajevo al tempo della guerra in Bosnia, infine l’eredità, il futuro.
Renzo è stato un prete.
Risponde così alla domanda “ ti senti tranquillo con Dio ?” “Io non ho mai visto Dio. Ma i volti, la vita, il colore degli occhi, degli uomini e delle donne che sono intorno a me li conosco.”
Renzo è stato un uomo libero.
La libertà di stare dentro le cose, a modo suo; senza grandi angosce rovesciava sempre le situazioni.
Non sempre lo abbiamo condiviso ma ci stupiva la sua determinazione nel rompere gli schemi e la sua attenzione al cuore delle persone, il suo saper guardare oltre ogni forma, il vedere “qualcuno” in ognuno, e ci piaceva stargli vicino..

30 settembre 2017: Avane abbraccia don Renzo, il suo Priore

30 settembre 2017: Avane abbraccia don Renzo, il suo Priore

Ora raccontiamoci Renzo.
Un Renzo Fanfani giovanissimo era entrato nel mondo del lavoro come impiegato contabile alla grande fabbrica “Galileo” a Firenze negli anni ’50. Sedotto dalla pubblicità, poco dopo, entrò alla Scuola Ufficiali e intraprese la carriera militare conservando fino all’ultimo rapporti con i suoi colleghi nel frattempo giunti ai vertici del percorso. E, oltre l’amicizia dei suoi commilitoni, da quella esperienza Renzo portò un attaccamento alla Costituzione Italiana che lo ha contraddistinto fino all’ultimo. Attivamente partecipe di tutte le battaglie per difenderla, ma anche interessato che si sono succeduti sempre a divulgarla specie con i giovani.
Una conversione intorno alla quale ha sempre mantenuto un discreto riserbo, lo portò in seminario dopo alcuni anni di vita militare. La diocesi fiorentina conosceva ancora bagliori di ricerca viva e Renzo si schierò – lui ex militare – in difesa di don Lorenzo Milani nel processo da questi sostenuto in difesa dell’obiezione di coscienza.
Carattere socievole e aperto, non si chiuse in sacrestia. Frequentò sempre le Case del Popolo, aggregazioni rosse tipiche delle periferie fiorentine, dove cercava il contatto diretto specie con i giovani, fino a respirare direttamente lui come operaio le polveri sabbiose della fonderia e della vetreria. Anni dopo lo ritroviamo alla Tinaia, piccolo grumo di case sparse, con una piccola officina dove lavora il ferro forgiato. L’officina raccoglie e ricicla non solo ferro di risulta, ma giovani in ricerca, inariditi da percorsi arresi alla droga e altre dipendenze, in sempre difficili esperienze di condivisione di un tetto, di un piatto di minestra, di un lavoro. Alla Tinaia lo raggiunge Carla Franceschini che in un camper cerca per l’Italia ragioni di vita. Si fermerà una sera, lascerà il camper e condividerà con Renzo una vita votata alla accoglienza. Insieme sono in grado di completarsi a vicenda e la loro casa conosce un pellegrinaggio continuo di persone spiaggiate da difficoltà della vita cui non hanno saputo o voluto porre rimedio.
Ancora di più nel passaggio dalla Tinaia alla parrocchia di Avane, periferia popolare di Empoli. Renzo allarga il suo giro, trova il tempo di seguire come cappellano il carcere femminile, diventa punto di riferimento dei tentativi di dare dignità a diverse forme di scuola popolare. Carla custodisce la casa, abitata da persone spesso problematiche che richiedono costanza e disciplina educativa. Renzo continua ad andare all’officina della Tinaia, ma si prospettano per lui nuovi incontri, all’altra estremità del mondo.
Richiesto dai compagni preti operai di far parte della segreteria nazionale del gruppo, propone a due di essi di partecipare all’incontro mondiale del CEC a Seul, giustizia e salvaguardia del creato. Due anni prima aveva incontrato un giovane sacerdote coreano, studente nelle facoltà romane, che passava ormai il tempo libero dalle lezioni ad Avane con Renzo. Così i due prepararono un incontro con il cardinale di Seul che propose una convenzione approvata anche dal cardinale di Firenze, per la permanenza di preti coreani, studenti a Roma e impegnanti a conoscere da vicino ad Avane quella forma caratteristica dell’occidente europeo che è stata l’esperienza dei preti operai. Contemporaneamente un gruppo di Piccole Sorelle coreane si stabilì ad Avane con lo stesso scopo. Renzo, scherzando ma non troppo, diceva che in parte si era avverata la profezia di don Milani secondo la quale sarebbe venuto il giorno in cui missionari provenienti dalla Cina avrebbero evangelizzato Firenze. “Beh, concludeva Renzo, cinesi no, ma sempre con gli occhi a mandorla…!”.
E venne il tempo della vecchiaia e della malattia. Carla, per prima e la coppia divenne un terzetto. Si aggiunse nel ruolo di badante Nicoletta Montagnani, conoscenza di Limite sull’Arno, proprio di fronte alla Tinaia oltre l’Arno. Dopo una parentesi a Trento il terzetto sbarcò a Limite dove prima Carla e poi, poco tempo fa, anche Renzo morì a 82 anni con il cuore che ha retto fin quando ha potuto, entrambi assistiti fino all’ultimo con affetto e capacità da Nicoletta. La casa di Limite espresse il meglio di sé in un quotidiano nascosto, ma sempre attento e disponibile all’amicizia, alla testimonianza, alla condivisione della vita anche nei suoi aspetti fragili della decadenza, in cui l’unica cosa che veramente conta è che ognuno abbia accanto persone che ti aiutano a lasciarsi andare.

LUIGI SONNENFELD E PAOLA SANI

Gli amici ricordano…

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